Referendum 8 e 9 giugno: la posizione di Italia Viva e Azione del Terzo Polo
La scelta di Italia Viva e Azione in vista del referendum dell'8 e 9 giugno che pone cinque quesiti su lavoro e cittadinanza. Le parole dei leader Matteo Renzi e Carlo Calenda

Il referendum dell’8 e 9 giugno propone cinque quesiti che toccano temi centrali come il lavoro e la cittadinanza. In questo contesto, i partiti Italia Viva e Azione, detti anche Terzo Polo, si sono espressi in modo sostanzialmente compatto. La linea di entrambi i partiti è quella di non astenersi e di andare a votare, ma non propugnano tutti “Sì” come era facile dedurre dalle riforme sul lavoro a cui hanno partecipato i leader Renzi e Calenda.
Il quesito referedario specifico a cui andrà sicuramente un “sì” riguarda il taglio dei tempi per la cittadinanza italiana agli stranieri. Su tutti gli altri quesiti, le due formazioni politiche si mostrano contrarie, con motivazioni che affondano le radici nelle riforme approvate durante i governi precedenti.
Cosa vota Italia Viva al referendum
La posizione ufficiale di Italia Viva è stata illustrata da Donatella Conzatti, coordinatrice regionale ed ex senatrice. Il partito è favorevole solo al quinto quesito, quello che propone di ridurre da dieci a cinque gli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza italiana.
“Siamo convinti che sia un diritto necessario per le persone che vivono in Italia e che vivono da veri cittadini italiani”, ha dichiarato Conzatti. Secondo lei, questa modifica sarebbe anche utile al paese per rafforzare il proprio capitale umano: “Credo sia una necessità per l’Italia avere più forza lavoro e veri talenti”.
Sui restanti quesiti, Italia Viva si esprime con un no netto, in particolare su quelli legati ai contratti a termine e ai licenziamenti. Secondo Conzatti, si tratta di quesiti che puntano a indebolire il Jobs Act, una riforma del lavoro varata proprio durante il governo Renzi, che Italia Viva considera ancora oggi un punto fermo delle proprie politiche.
La posizione di Matteo Renzi sul referendum
Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha ribadito pubblicamente il proprio orientamento, specificando che voterà “sì” solo sul quesito relativo alla cittadinanza. Sul resto, ha confermato la contrarietà. “Voto no sui due referendum legati al Jobs Act. Peraltro, se passa il referendum della Cgil, paradossalmente, i lavoratori avranno solo 24 mesi di indennizzo, anziché 36 come oggi. Se passa il sì, non torna l’articolo 18, ma si abbassano le tutele”.
Renzi ha sottolineato a La Stampa che l’obiettivo dei promotori è abrogare norme approvate dai governi Renzi, Gentiloni e Conte, e non ritiene sensato che si attacchino riforme passate mentre l’attuale governo incontra le prime difficoltà: “La Cgil sembra più interessata a litigare a sinistra, che non a mandare a casa la destra”.
Pur criticando l’invito all’astensione, Renzi ha riconosciuto che non votare è una scelta legittima: “Astenersi è del tutto legittimo, come lo è impegnarsi per non far raggiungere il quorum. In passato lo hanno fatto tutti i partiti”. Ha però definito “inopportune” le dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, accusandolo di comportarsi come un giocatore di parte e non come un arbitro super partes.
Cosa vota Calenda al referendum
Anche Carlo Calenda, leader di Azione, ha dichiarato che voterà solo “sì” al quesito sulla cittadinanza, mentre si opporrà agli altri quattro quesiti. Ha confermato al Corriere della Sera che prenderà tutte e cinque le schede, ma indicherà un solo voto favorevole.
Sulle polemiche relative all’astensione promossa da La Russa, Calenda ha affermato: “La Russa un giorno dice una cosa e un giorno un’altra, questo è un gioco perverso”. Ha criticato il clima di scontro ideologico, che a suo dire distrae dai problemi reali del paese, come l’industria e il costo dell’energia.
Calenda ha espresso scetticismo sull’efficacia dello strumento referendario: “I referendum sono un’arma spuntatissima. Raggiungere il quorum è diventato impossibile e così si dà il la alla destra per dire: ‘Vedete, abbiamo ragione noi'”. Ha inoltre definito i quesiti sul lavoro come parte della campagna elettorale del segretario della Cgil, Maurizio Landini.