Meloni e lo spread: davvero il debito italiano è più affidabile?
Meloni esulta per lo spread sotto i 100, ma i dati raccontano altro: nel 2025 l’Italia dovrà collocare 350 miliardi, tra rischi e dipendenze esterne L'articolo Meloni e lo spread: davvero il debito italiano è più affidabile? proviene da Valori.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato al Parlamento che lo spread è sceso sotto i 100 punti e quindi «il debito italiano è più affidabile di quello tedesco». Ora, a parte il fatto che 100 punti è quanto il debito italiano paga in più di quello tedesco e quindi è palese che, per “i mercati” citati da Meloni, il debito tedesco è decisamente più affidabile di quello italiano visto che costa meno collocarlo, e a parte il fatto che sono più affidabili, sempre in base agli spread, anche il debito francese, quello spagnolo e persino quello greco, il tema è un altro.
Meloni e lo spread: cosa significa davvero il calo sotto quota 100
Lo spread si riduce in larga misura perché, purtroppo, tutti i debiti pubblici stanno pagando interessi alti perché esiste una concorrenza feroce nel loro collocamento. Il debito pubblico globale sta infatti crescendo vistosamente tanto da arrivare al 95,2% del Pil mondiale. Il debito americano è esploso e non può essere più finanziato con l’emissione di dollari, sottraendo quindi compratori agli altri debiti. Provo a esplicitare meglio la situazione attuale.
Da gennaio ad aprile del 2025, in Europa sono stati emessi titoli di Stato per circa 600 miliardi di euro, un record storico. È evidente che i vari Paesi hanno bisogno di risorse e che i loro debiti trovano compratori anche perché il debito americano appare meno sicuro e meno attrattivo. È altrettanto evidente che un’emissione così massiccia genera una forte concorrenza tra i vari Stati nel trovare compratori e dunque può determinare un aumento dei rendimenti da offrire e degli interessi da pagare.
Debito europeo in crescita: perché lo spread si riduce (ma non è una buona notizia)
A fine anno si stima che il totale delle emissioni dei vari Stati europei arriverà a sfiorare i mille miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i circa 230 miliardi relativi ai titoli che la Bce ha comprato negli anni passati e che ora rimette in vendita. Dunque, siamo di fronte ad una cifra enorme, in cui peserà molto anche il debito tedesco, ritenuto in assoluto il più sicuro e pertanto il più pericoloso in termini di concorrenza agli altri debiti nazionali.
Naturalmente, non bisogna affatto trascurare le emissioni di titoli americani, che saranno pari a circa 9mila miliardi di dollari – nove volte il debito emesso in Europa! – e quello di altri Paesi del mondo. Tutto questo per dire che il collocamento del debito durante i prossimi anni non sarà affatto semplice, al di là del rapporto tra offerta e domanda di titoli, e i costi del suo collocamento rischiano di salire molto.
Lo spread e l’ombra dei fondi esteri: chi comanda davvero sulle scelte italiane
In tale panorama l’Italia dovrebbe collocare, nel 2025, circa 350 miliardi di euro, pari a un terzo del totale europeo, e dovrà farlo senza potersi affidare ai canali usati negli ultimi anni: non saranno più possibili infatti ingenti acquisti della Banca d’Italia, decisivi nel recente passato, e neppure quelli della Bce, che, come detto, anzi venderà anche titoli italiani, contribuendo a deprezzarli. Non saranno possibili neppure acquisti troppo ingenti da parte delle banche e delle assicurazioni italiane, già imbottite di debito italiano.
Accanto agli acquisti delle “famiglie” italiane, sarà molto probabile l’esigenza di un intervento di grandi investitori esteri – i fondi di gestione del risparmio in primis – per una percentuale più ampia rispetto agli anni precedenti che potrebbero arrivare a incidere fino al 40% del totale degli acquisti.
Una simile condizione comporterebbe due conseguenze. La prima è rappresentata da un rialzo dei rendimenti, soprattutto per le brevi e le medie scadenze, ritornando verso il 4%. La seconda è riconducibile alla maggiore dipendenza del nostro debito dai già ricordati grandi fondi, a cominciare da BlackRock, che saranno così ancora più in grado di condizionare le scelte di politica economica italiana: più privatizzazioni, più previdenza e sanità private, più asset strategici ceduti. La superficialità di Meloni, alla luce di ciò, è decisamente allarmante.
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