Israele lancia la nuova “operazione Gedeone” su Gaza e uccide 115 palestinesi in un giorno

Gli attacchi israeliani sono continuati per tutta la notte, in quella che l’esercito israeliano ha ribattezzata l’operazione “carri di Gedeone”, di fatto una nuova fase della guerra il cui obiettivo è occupare e prendere il controllo di una vasta zona di Gaza, giustificando il tutto come una necessità per «completare il lavoro e sconfiggere Hamas». […] The post Israele lancia la nuova “operazione Gedeone” su Gaza e uccide 115 palestinesi in un giorno appeared first on L'INDIPENDENTE.

Mag 17, 2025 - 16:20
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Israele lancia la nuova “operazione Gedeone” su Gaza e uccide 115 palestinesi in un giorno

Gli attacchi israeliani sono continuati per tutta la notte, in quella che l’esercito israeliano ha ribattezzata l’operazione “carri di Gedeone”, di fatto una nuova fase della guerra il cui obiettivo è occupare e prendere il controllo di una vasta zona di Gaza, giustificando il tutto come una necessità per «completare il lavoro e sconfiggere Hamas». Dall’alba di venerdì sono almeno 115 i palestinesi uccisi dagli attacchi israeliani, tra essi intere famiglie e decine di bambini, mentre nella Striscia gli aiuti umanitari non vengono lasciati entrare da 75 giorni. «L’intensificarsi dei bombardamenti e la negazione degli aiuti umanitari sottolineano che sembra esserci una spinta verso un cambiamento demografico permanente a Gaza, una violazione del diritto internazionale che equivale a una pulizia etnica», ha affermato l’Alto Commissario dell’ONU, Volker Turk. Ma la verità è che ancora una volta nessuna potenza mondiale sembra realmente determinata a fermare Israele, meno che mai gli Stati Uniti, con Donald Trump che ieri dal Qatar è tornato a dire che «sarebbe orgoglioso se gli Stati Uniti prendessero Gaza per trasformarla in una zona di libertà», tornato in pratica a ribadire il folle piano di comprare Gara per trasformarla in una riviera di lusso senza palestinesi.

L’operazione “carri di Galeone” è stata approvata dall’esercito israeliano all’inizio di maggio. Si tratta di un piano che mira, in prospettiva, a mantenere a tempo indeterminato quello che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito il «controllo operativo» su Gaza (ossia la sua occupazione militare), sfollando la popolazione palestinese nella parte meridionale della Striscia di Gaza, l’unica dove Tel Aviv prevede di far ripartire la distribuzione di aiuti umanitari per la popolazione palestinese allo stremo. Naturalmente, a parole, l’obiettivo sbandierato da Israele è sempre e solo quello di «sconfiggere Hamas», anche se negli ultimi giorni è stato addirittura il Washington Institute (ossia il centro studi statunitense fondato dall’American Israel Public Affairs Committee, la più potente lobby sionista presente in America) a criticare Netanyahu affermando che il piano di occupazione prolungata di Gaza potrebbe finire per rafforzare la resistenza armata palestinese «dando luogo a una guerriglia estesa».

Le nuove operazioni militari hanno ucciso sessanta persone solo a Khan Younis, dove intere famiglie sono state massacrate. Nella stessa città un raid aereo ha ammazzato il giornalista Hassan Samour, conduttore radiofonico di Al-Aqsa Voice Radio, morto insieme a undici membri della sua famiglia. Un altro reporter, Ahmed al-Helou, tecnico di Quds News Network, è stato ucciso insieme a suo fratello. Salgono così a 216 i giornalisti uccisi in Palestina, un segno ulteriore di come chi racconta il massacro in corso sia visto dall’esercito israeliano come un obiettivo da eliminare.

In questo scenario non sembra ancora vedersi all’orizzonte una soluzione, mentre molti media internazionali continuano a parlare di un presunto piano di Donald Trump che tuttavia non si vede e forse non c’è. Prima di volare per l’appena terminato viaggio nei Paesi arabi il presidente americano aveva annunciato che avrebbe fatto un «grandioso annuncio», con molti analisti che aveva prefigurato che quest’ultimo sarebbe potuto essere un piano di pace per il Medio Oriente o addirittura il riconoscimento dello Stato di Palestina. Gli unici annunci fatti da Trump sono stati invece quelli relativi all’accordo stretto con l’ex jihadista Ahmad al Sharaa, oggi capo della “nuova” Siria, e gli accordi da duemila miliardi di dollari annunciati con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi. Gli stessi Paesi che teoricamente fungono da mediatori per la fine del conflitto a Gaza, ma che più che a fermare Israele sembrano interessati a concludere affari con il suo principale alleato.

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