L’Africa si riprende il suo posto nel mondo

Sovranismo popolare, risorse naturali e nuove alleanze: il continente punta a essere protagonista del mondo multipolare. La lezione di Otto Bitjoka, presidente dell’Ucai e promotore del Forum di Brazzaville L'articolo L’Africa si riprende il suo posto nel mondo proviene da Economy Magazine.

Mag 17, 2025 - 07:46
 0
L’Africa si riprende il suo posto nel mondo

“Io credo che il futuro sarà nostro. Di noi africani. Dobbiamo solo prenderne consapevolezza. Una cosciente consapevolezza. Cioè saperlo, crederci e saperci comportare di conseguenza”: è assertivo e sicuro di sé, come sempre, Otto Bitjoka, presidente dell’Unione delle comunità africane in Italia (Ucai) e promotore del Forum di Brazzaville, previsto nella capitale della Repubblica del Congo il 26 e 27 maggio prossimi, insieme con la celebrazione dei sessant’anni della cooperazione internazionale. Bitjoka – economista e banchiere, italiano d’adozione ma orgogliosamente camerunense di nascita – ha fatto dell’impegno per l’Africa la sua missione di vita, unitamente all’impegno quotidiano per il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni africane in Italia. E dunque è la persona giusta per ragionare sul futuro dell’Africa in un mondo che cambia e che, piaccia o meno, sta diventando multipolare.

Dunque, dottor Bitjoka: l’Africa avrà un grande futuro, nel pianeta?
“Non ne ho nessun dubbio. Il futuro è dell’Africa e degli africani che sapranno meglio imparare ad autodeterminarsi, avendo il coraggio di rompere le catene. L’epoca dei piagnistei è durata abbastanza, nessuno in Africa ha ancora voglia di continuare così. A mio parere, ma soprattutto sulla base di quel che constato, in Africa una nuova coscienza collettiva si sta diffondendo. Il neo sovranismo popolare lo dimostra.

Cosa intende con questa formula, neo sovranismo popolare?
Basta vedere ciò che sta succedendo nella Confederazione degli Stati del Sahel tra Mali, Niger e Burkina Faso: evoluzioni cui tutti gli africani guardano con estremo interesse. Se pensiamo che nella terza posizione di produttori di oro c’è il Mali e che il Burkina è al quarto posto, ci rendiamo già conto del potenziale di queste aggregazioni. Se sommassimo le quote di mercato di questi due Paesi nel settore dell’oro, scavalcano il Paese oggi leader, che è il Sudafrica. E questo potenziale diventa sviluppo e crescita: il Burkina Faso ha avviato la realizzazione della sua prima centrale nucleare, ad esempio. Il Mali, con il Niger, alla fine dello scorso anno sono state in grado di nazionalizzare tutte le società estrattive dell’uranio, che veniva vendeva a 80 centesimi al chilo agli operatori francesi che rivendevano il minerale sul mercato a 200 euro al chilo. Da 80 centesimi a 200 euro, avete capito bene. Ecco: le aziende francesi, con le truppe di presidio che avevano al fianco, come finta tutela anti-terroristica, sono state cacciate via, il loro obiettivo era speculare e non gli è stato più permesso.

C’è chi però accusa gli stati africani di starsi aprendo eccessivamente all’influenza, e agli investimenti, della Cina…
Bisogna tener conto che la Cina è una nazione dotata di una visione politica molto chiara, ma direi anche una visione molto nitida sullo sviluppo da perseguire, addirittura sulla civilizzazione specifica. E lo stesso possiamo dirla dell’India. Veda, fino a oggi, l’Occidente ha sempre pensato di essere la sola parte del mondo a potersi considerare titolare di una missione civilizzatrice. Non è così. E sbaglia di grosso chi, in Occidente, ritiene che l’Africa non sia ancora entrata nella storia, dimentica che al contrario proprio l’Africa è stata la culla della storia!

Crede che la demografia espansiva sia una risorsa, per l’Africa?
Assolutamente sì. Quando si ha una demografia attiva, si ha il mercato in mano. Quando l’Occidente inizierà davvero a produrre di più, grazie all’impiego delle grandi capacità dell’intelligenza artificiale, dove potrà vendere la merce in eccedenza? Certo in Cina, che ha però problemi interni non banali.

E dunque?
Dunque stiamo evolvendo in termini di organizzazione e istituzionalizzazione continentale. L’Africa tenderà a bastare a se stessa, e non sarà un gran compratore. Abbiamo ormai una free-zone all’interno del continente africano che abbraccia il 50% dei Paesi. provvederà a se stessa, e non comprerà. Abbiamo free-zone nel 50% degli Stati africani, l’African continental free trade area, dal luglio del 2022 in sperimentazione ormai avanzata. C’è la Ceeac, ossia la Communitè economique des etats d’Afrique centrale, che riunisce e rappresenta Angola, Burundi, Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Repubblica del Congo, Ruanda, Saò Tomè e Principe: insieme, questi Stati rappresentano un unico mercato da 230 milioni di consumatori, in crescita costante e veloce per potere d’acquisto e capacità di consumo. E ancora, abbiamo attivato il Papss, ossia il pan-african payment and settlement system, sistema panafricano di pagamenti e regolamento, un infrastruttura su scala continentale per il regolamento dei pagamenti trasfrontalieri in valute locali distinte, una sorta di sistema monetario integrato. Nella free-zone il sistema funziona ormai benissimo, anche se queste notizie non è facile leggerle sui media occidentali.

Però Bitjoka ammetterà che l’Africa non è ancora competitiva sull’high-tech…
Sì, siamo consapevoli che il continente africano non è ancora competitivo sull’high tech, ma possiamo evolvere rapidamente, com’è accaduto per la telefonia. Siamo invece imbattibili sul soft-power, perché siamo stati e siamo la culla della cultura. E’ però necessario che si compia il ricambio generazionale in atto. C’è un’intera generazione nuova che ancora ha avuto accesso al potere teleguidata dall’Occidente, che deve rendersi finalmente autonoma o sparisca. Il nuovo presidente del Burkina Faso ha 37 anni, è un golpista, ma sta lavorando bene all’insegna di un sovranismo popolare che non tollera più forme travestite di sfruttamento para-coloniale da parte delle potenze occidentali. Quindi c’è tanto da fare ma abbiamo il giusto capitale umano per riuscirci, capace di rompere con il passato. E il cuore di questa rottura è la ricerca della piena sovranità, non piacerà ai capi dell’economia europea ma è così che stanno cambiando le cose.

E poi avete tantissime materie prime…
Sì, e dovunque ci siano, c’è guerra. Congo, Mozambico, Angola, Rep Centrafricana, sono tutti paesi destabilizzati per un perdurante, grave sfruttamento da parte dei partner occidentali. E poi c’è un’altra consapevolezza: l’Europa è cresciuta emettendo Co2. Noi oggi abbiamo foreste, petrolio e tutte le altre materie prime. Ma per rispondere alla domanda di alimentazione dobbiamo fare grandi piantagioni. Non ci dicano ora di non deforestare per non emettere CO2”

Che ne pensa del Piano Mattei lanciato dal governo Meloni?
E’ un bel nome ed una bella idea, come visione è da condividere. Ma bisogna capire bene come verrà declinato. Si sa che le risorse finanziarie stanziate sono 5,5 miliardi, di cui 3 arrivano dal fondo per il clima. Ebbene, questi fondi esistevano già prima nei bilanci statali. Quindi ben venga il loro impiego, ma la vera novità sarà tutta lì, nel modo in cui verranno utilizzati. Il problema vero è però quando l’Europa metterà mano ai fondi del Global Gateway, si tratta di ben 150 miliardi  stanziati per l’africa da 4 anni che ancora non si capisce se e come arriveranno, in concreto…

A quali condizioni il Piano Mattei potrebbe funzionare?
Alla condizione di lasciare agli africani la possibilità di implementarlo, allora potrebbe andar bene, ma devono essere gli africani a guidare le danze. Qual è il rischio, visto da uno sguardo italiano? Che come sempre, quando si sa che ci sono in ballo molti soldi, c’è sempre in giro molta agitazione e molta voglia di saltare sulla diligenza. Il capitalismo occidentale è relazionale, quando si intravede qualcosa, chiunque si mobilita e si affollano attorno al business imprenditori ma anche semplici “prenditori”, e questo non va bene. E a volte gli africani ci cascano ancora, ingenuamente. Poter davvero spendere 5 miliardi sarebbe bellissimo, sono una montagna di soldi, ma devono essere spesi davvero bene, e finora in tanti, troppi altri casi non è andata così. Un po’ come accadeva anche in Italia all’epoca della cassa per il Mezzogiorno, il rischio del Piano Mattei è sperperare le risorse, ma non siamo più ingenui come allora. Il Piano Mattei nasce dall’idea di lavorare sull’energia, per trovare forniture alternative, e gli africani devono sapersi organizzare per trarre maggior vantaggio, sviluppare progettualità. L’Italia punta molto sull’Angola, Mozambico e sul Congo Brazzaville, dove l’Eni è presente con quasi il 35% del mercato.

Ecco, concludiamo sul Congo Brazzaville e su questo imminente Forum… Che prospettive possiamo intravedere?
Il Congo Brazza è un Paese relativamente piccolo ma è incastonato nel contesto dell’area Cemac con Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Gabon e Guinea Equatoriale, un’area che diventerà una comunità economica di Stati dell’Africa coinvolgendo anche la Repubblica democratica del Congo e altri Paesi, tutti legati da accordi di libero scambio. E guardando alle filiere produttive ce ne sono di straordinariamente interessanti, come dimostra l’attenzione di un colosso italiano come Bonifiche Ferraresi per l’agricoltura. Per non parlare della filiera del legno, con oltre 500 tipi di essenze diverse, e un forte indotto industriale. Infine i servizi, importantissimi, e il turismo: per esempio il nuovo turismo sul fiume Congo.

L'articolo L’Africa si riprende il suo posto nel mondo proviene da Economy Magazine.