Ecco finalmente svelato chi controlla i controllori
Dalle certificazioni di qualità alla parità di genere, passando per sostenibilità e digitale: il direttore generale di Accredia, Filippo Trifiletti racconta come funziona l’ente nazionale di accreditamento L'articolo Ecco finalmente svelato chi controlla i controllori proviene da Economy Magazine.

Ma insomma, potremo mai avere un Paese con meno controlli “a posteriori” e più affidabili accreditamenti preliminari su tutte le realtà imprenditoriali che operano nei servizi o comunque in attività che impattano la vita collettiva? Ma sì, non siamo pessimisti: le cose stanno lentamente migliorando. Anche e soprattutto grazie ad Accredia.
Sapete cos’è? O, comunque, vi ricordate – forza, sù! – l’antico proverbio di Giovenale, il poeta satirico dell’antica Roma, che si chiedeva: “quis custodiet ipsos custodes? Ossia: “Chi custodirà il custode”, ossia chi vigilerà sull’operato del vigilante? Be’: 2000 anni più tardi la risposta al domandona c’è ed è secca: appunto, Accredia. Sissignori, Accredia è l’associazione senza scopo di lucro, riconosciuta dallo Stato, che conta tra i suoi soci nove ministeri e tutte le rappresentanze del mondo imprenditoriale e di mestire fa quello, estremamente ingrato, di accreditare gli enti certificatori. Appunto: vigilare sui vigilanti.
«Vorrei essere più preciso», interviene, correggendo, il direttore generale di Accredia, Filippo Trifiletti. «La normativa europea sancisce che l’accreditamento è riconosciuto come attività di pubblica autorità che viene svolta nell’interese generale, quindi è stato istituito come unico ente di accreditamento e pur non essendo una pubblica amministrazione in senso stretto, è riconosciuta e controllata dal governo che si assume la responsabilità ultima sulla nostra attività. E la composizione della nostra base sociale lo dimostra. È un po’ riduttivo parlarne come di un club di amici!», chiude sorridendo.
Partiamo dai numeri: quanti siete e cosa fate?
Oggi in Italia operano 2500 soggetti certificatori, accreditati da noi….
E cosa certificano?
Di tutto!
L’intelligenza artificiale ci suggerisce che accreditate certificatori di sistemi di gestione che sanciscono ad esempio i rispetto dei celebri standard internazionali (come Iso 90001 per la qualità, Iso 14001 per l’ambiente eccetera), ma anche prodotti e servizi per la conformità alle specifiche tecniche di riferimento e le competenze professionali delle persone. È giusto?
È una sintesi accettabile. Ma il dato più interessante, secondo me, sul nostro lavoro di verifica, sta nella numerosità delle persone che operano per noi: 130 dipendenti e 500 ispettori, e nell’attività che svolgono. Le attività di accreditamento aumentano. Non tanto i numeri dei soggetti accreditati (anche) ma soprattutto le giornate di verifica che facciamo su di loro. D’altronde è anche così che i certificatori si rafforzano, c’è diversificazione, abbiamo interlocutori più robusti e meglio organizzati, con più competenze. E quindi c’è una tendenza costante di crescita che secondo me esprime bene a cosa servono le certificazioni… servono perché occorrono sempre più garanzie, e le garanzie arrivano dalle certificazioni. Che, tecnicamente parlando, derivano spesso da prove in laboratorio.
Quante ore di verifica erogate ogni anno a carico degli enti certificatori?
Nel 2024 abbiamo erogato oltre 20 mila giornate su 2500 soggetti accreditati, significa che ognuno ha subito circa 9 giornate di verifica. E almeno una volta all’anno noi, dal centro, andiamo a verificare verificatori.
Ma la catena dell’accreditamento dei certificatori e delle loro verifiche… funziona?
Il regolamento dice che l’accreditamento è ultimo e più autorevole anello della catena delle valutazioni di conformità. Inquadrata in un’organizzazione sovranazionale, europea, che però unisce 53 Stati, e dunque più vasta dell’Unione europea. A noi, lavorare in questo ambito – superando le relative verifiche di conformità – dà il diritto di firmare accordi internazionali di mutuo riconoscimento: una sorta di passaporto, per cui ogni certificazione rilasciata da un ente che ha superato le verifiche viene riconosciuta da tutti. Al vertice assoluto della piramide ci sono poi due reti mondiali che si stanno unificando e raggruppano le varie regioni del mondo…
Meno male, qualcosa di globale che ancora funziona…
Non le nascondo che lo scenario che vediamo attorno a noi, con i nuovi dazi, il dichiarato disimpegno degli Stati Uniti dalle strutture globali come l’Oms o l’accordo di Parigi… qualche inquetudine ce la provocano, il nostro è e dev’essere un sistema globale. E tutte le categorie imprenditoriali sono coinvolte, non c’è alcuna attività economica che possa dirsi estranea alle certificazioni.
Torniamo terra-terra e ci faccia qualche esempio.
Per esempio, la casa. È coinvolta sia da certificazioni volontarie che obbligatorie. Tutti i prodotti da costruzione (dagli infissi alle piastrelle!) devono avere la marcatura CE che deve essere rilasciata da un organismo accreditato. Un abitato può avere invece, facoltativamente, la certificazione a norma 50001 per la gestione dei sistemi di energia. È ovvio che è molto più significativa questa certificazione per un impianto energivoro…Le certificazioni vincolate, o obbligatorie, sono prerogative riservate ad organismi accreditati. E queste certificazioni pagano. Diverse ricerche in collaborazione con Censis a Prometeia ci hanno dato piena conferma, sempre, del fatto che le imprese certificate sono meglio delle altre, in particolare per la prevenzione degli infortuni.
Quando è iniziata in Italia la stagione degli accreditamenti?
I primi nascono a fine Anni ’70, con la taratura degli strumenti. Le filiere industriali vennero presto tutte fortemente interessate, poi vennero aperti i primi laboratori di prova e a cavallo degli Anni Duemila c’è stata un’esplosione delle certifciazioni e delle politiche qualità, prevalentemente sui modelli giapponesi. Ma è interessante notare che in Italia ci sono ben presto state associazioni di settore che hanno promosso organismi specialistici di certificazione. Come nell’acciaio, nell’edilizia, nella chimica e anche nella meccanica. Poi sono arrivate le multinazionali… Questi organismi di matrice associativa sono già nati con un imprinting molto legato alle filiere industriali e tuttora c’è una diffusa convizione, tra gli imprenditori, sull’utilità delle cerificazioni. Giorgio Squinzi, l’ex compianto presidente della Confindustria, è stato anche in questo ambito un imprenditore illuminato: ci credeva moltissimo. E anche grazie a lui, nelle certificazioni e nella normazione, siamo arrivati ai riconoscimenti internazionali, un grosso boost.
Siete soddisfatti dell’efficienza e dell’affidabilità del sistema, nel suo insieme?
Sì, ormai c’è un sistema che ha sua robustezza. Per esempio, siamo obbligati a registrare o gestire ogni tipo di reclamo o segnalazione che ci arriva, anche dai privati cittadini, il che significa poter mettere in luce – quando ci sono – eventuali carenze nei soggetti accreditati e nelle certificazioni che emettono. Anche questo costante monitoraggio contribuisce a rendere vivo il sistema del controllo e mantenerlo efficace. Una garanzia totale è e resta impossibile, ma ci avviciniamo!
Qualche trend oggi in particolare ascesa?
Sono molto richieste le cerficazioni sulla parità di genere.
E state preparando ulteriori criteri di certificazione?
Sì, sono in arrivo due nuovi documenti, approvati di recente dal nostro comitato di indirizzo. Uno riguarda la sostenibilità e l’altro la transizione digitale. Entrambi di grande attualità.
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