Il mercato immobiliare può risolvere i suoi problemi con l’AI, ma solo se fa le domande giuste
Molti attori del real estate sono sommersi da dati, ma non li sanno usare. L'errore più frequente è partire dalla tecnologia, quando invece bisogna chiedersi: cosa vogliamo migliorare? E perché? L'articolo Il mercato immobiliare può risolvere i suoi problemi con l’AI, ma solo se fa le domande giuste proviene da Economyup.

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Il mercato immobiliare può risolvere i suoi problemi con l’AI, ma solo se fa le domande giuste
Molti attori del real estate sono sommersi da dati, ma non li sanno usare. L’errore più frequente è partire dalla tecnologia, quando invece bisogna chiedersi: cosa vogliamo migliorare? E perché?

Il settore immobiliare, tradizionalmente ancorato a logiche conservative, sta vivendo una trasformazione silenziosa ma profonda. L’innesto dell’intelligenza artificiale (AI) nei processi decisionali, predittivi e operativi non è più qualcosa die futuribile, ma una realtà concreta. Eppure, l’adozione dell’AI non produce valore di per sé. Occorre partire dalle domande giuste. E soprattutto, serve una nuova mentalità
In Italia, dove l’innovazione nel mercato immobiliare fatica spesso a superare i confini delle sperimentazioni isolate, c’è ancora da ridefinire il ruolo della tecnologia come leva strategica. È tempo che i protagonisti dell’immobiliare – sviluppatori, investitori, gestori di patrimoni e pubblica amministrazione – smettano di chiedere “che dati abbiamo?” e inizino a chiedersi “quale decisione vogliamo migliorare?”.
È questo il passaggio chiave per trasformare la raccolta dei dati in insight e l’AI in impatto. La tecnologia è già disponibile, ma il valore si sprigiona solo se guidato da obiettivi chiari e domande ben formulate.
Mercato immobiliare e AI: i dati non parlano da soli
“Molte aziende del real estate hanno accumulato quantità impressionanti di dati”, afferma Jules Barker, associate partner di McKinsey in un’intervista che contiene un messaggio disarmante nella sua semplicità: molti attori del real estate sono sommersi di dati, ma non li sanno usare.
Il problema non è (solo) tecnologico, ma culturale. “La vera questione è: stai usando quei dati per migliorare le decisioni critiche?”. L’errore più frequente è quello di partire dalla tecnologia o dalla disponibilità di dataset, invece che dal problema di business da risolvere.
Un approccio che, se replicato nel mercato immobiliare italiano, rischia di generare progetti tecnologici fini a sé stessi, senza impatto misurabile. L’intelligenza artificiale può davvero aiutare a capire come e quando ristrutturare un edificio, come gestire al meglio gli spazi nei complessi commerciali, o come anticipare la domanda per un certo tipo di asset. Ma solo se l’analisi parte da un’intenzione chiara, condivisa tra i team.
Nel nostro Paese, dove le decisioni urbanistiche e di investimento sono spesso rallentate dalla frammentazione delle informazioni, la sfida è costruire una filiera del dato coerente, in cui pubblico e privato collaborino non solo per raccogliere dati, ma per trasformarli in insight utili.
Tre ambiti dove l’AI può sbloccare valore nell’immobiliare
Secondo il partner di McKinsey, ci sono almeno tre aree in cui l’AI può avere un impatto trasformativo sul settore immobiliare:
- Manutenzione predittiva e gestione operativa – Con sensori IoT e algoritmi di machine learning è possibile ottimizzare l’uso degli impianti, anticipare guasti e ridurre i consumi energetici. Questo è particolarmente utile per grandi proprietà come centri commerciali, campus aziendali o ospedali.
- Valutazioni dinamiche – L’AI consente di integrare dati storici, dinamiche di mercato e flussi urbani per fornire stime più accurate del valore di un immobile in tempo reale. Un approccio utile anche per monitorare l’evoluzione dei prezzi in città in rapido cambiamento, come Milano o Roma.
- Pianificazione e design – Simulare in anticipo l’impatto di una nuova costruzione sul traffico, l’ambiente o i flussi pedonali permette ai progettisti di prendere decisioni più informate. Un vantaggio cruciale per progetti di rigenerazione urbana o sviluppo di nuovi quartieri.
Un ecosistema con una filiera del dato coerente
Il messaggio di McKinsey è chiaro: non è sufficiente acquistare software di AI o installare sensori nei palazzi. Serve un cambiamento di approccio. Bisogna chiedersi: cosa vogliamo migliorare, e perché? Chi deve usare queste informazioni, e con quali capacità?
In Italia, il futuro del mercato immobiliare potrebbe passare da nuove forme di collaborazione tra gestori patrimoniali, pubbliche amministrazioni, start-up tecnologiche e università. Solo così sarà possibile costruire un ecosistema “data-driven”, in grado di usare l’AI non per sostituire le competenze umane, ma per rafforzarle.
Come conclude Barker: “La tecnologia è uno strumento. Ma per avere impatto, deve essere parte di un cambiamento più ampio: un cambiamento che parte dalla cultura aziendale, e dalle domande che ci poniamo ogni giorno”.
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