Gas Usa all’Italia: un’intesa vaga più insidiosa che utile

L’annuncio congiunto di Donald Trump e Giorgia Meloni sul rafforzamento delle forniture di gas naturale liquefatto Usa all’Italia, avvenuto a Washington il 17 aprile, appare più un atto politico-propagandistico che un passo operativo concreto. È infatti opinabile che l’intenzione dichiarata di “rafforzare la sicurezza energetica incoraggiando ulteriormente la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell’Italia […] The post Gas Usa all’Italia: un’intesa vaga più insidiosa che utile first appeared on QualEnergia.it.

Apr 24, 2025 - 16:08
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Gas Usa all’Italia: un’intesa vaga più insidiosa che utile

L’annuncio congiunto di Donald Trump e Giorgia Meloni sul rafforzamento delle forniture di gas naturale liquefatto Usa all’Italia, avvenuto a Washington il 17 aprile, appare più un atto politico-propagandistico che un passo operativo concreto.

È infatti opinabile che l’intenzione dichiarata di “rafforzare la sicurezza energetica incoraggiando ulteriormente la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell’Italia e aumentando le esportazioni di gas naturale liquefatto statunitense in Italia in modo reciprocamente vantaggioso” possa portare ad un’effettiva diversificazione delle fonti e a un reale vantaggio reciproco.

Il comunicato (pdf) è privo di dettagli su volumi, tempistiche o impegni contrattuali relativi al gas naturale liquefatto (Gnl) americano. A fronte di un mercato regolato da logiche di prezzo e contratti tra imprese che agiscono autonomamente, e in un contesto europeo segnato da eccessi di capacità infrastrutturale, vincoli contrattuali pregressi e incertezze sulla domanda futura, un’intesa simile rischia di sollevare più problemi di quanti ne risolva: alimenta aspettative difficilmente realizzabili e apre interrogativi su possibili costi aggiuntivi per consumatori e imprese.

Crea insomma ulteriore incertezza in un contesto in cui l’ultima cosa di cui si sente il bisogno è l’incertezza.

Non è lo Stato a comprare gas

Un primo aspetto da chiarire per non perpetuare concezioni sbagliate e creare aspettative fuorvianti è il seguente: “I governi non comprano il gas. Nemmeno Meloni lo può fare. Neanche l’amministrazione pubblica compra il gas direttamente dai paesi produttori. Lo fanno le aziende dell’energia con logiche commerciali”, sottolinea Michele Governatori, responsabile relazioni esterne energia di ECCO Climate.

Tale situazione vale anche per l’Europa. Nel contesto europeo, il meccanismo volontario e non obbligatorio AggregateEu facilita il coordinamento degli acquisti di gas, ma anche questo si basa su gare di mercato.

Non ci risulta che finora siano state fatte valutazioni puntuali sugli effetti del meccanismo europeo, ma è possibile che questo abbia agito finora più come una sorta di placebo che come una medicina per aumentare la forza contrattuale di un acquirente unico capace di negoziare prezzi di acquisto più bassi.

“Nel 2023, tramite questa piattaforma sono stati conclusi contratti per circa 50 miliardi di metri cubi, ma si tratta di strumenti precontrattuali: non è l’Unione europea a comprare il gas, né lo sono gli Stati. Fra l’altro, è difficile appurare se questa piattaforma abbia effettivamente abbassato il prezzo di gas. Quello che fa la piattaforma, del resto, lo fanno tanti soggetti di mercato da sempre”, aggiunge Governatori (nella foto).

Il prezzo resta decisivo?

Se l’Italia acquisterà più Gnl dagli Stati Uniti dovrebbe dipendere in ultima analisi dal semplice andamento di domanda e offerta reciproche, quindi dal prezzo.

A meno che la presidente del Consiglio Meloni, essendo il 30% circa del capitale di Eni in mano pubblica, dica sostanzialmente all’azienda che deve comprare il gas dove dice lei.

Una situazione del genere aprirebbe scenari operativamente preoccupanti per l’autonomia dell’azienda e legalmente problematici per la tutela dei diritti degli azionisti privati, che rappresentano comunque il 70% circa del capitale.

Investitori istituzionali e piccoli azionisti avrebbero tutto il diritto di porre una serie di questioni: perché stiamo acquistando Gnl a prezzi potenzialmente superiori a quelli di mercato? Cosa ci viene dato in cambio? Che fiducia può avere il mercato in un’azienda se opera secondo principi di convenienza e clientelismo politici e non di mercato? Se il Governo inducesse Eni a comprare gas Usa a condizioni non competitive, domande come queste richiederebbero una risposta, ci spiega l’analista di ECCO.

La questione dei costi

Il gas naturale liquefatto statunitense è spesso più costoso rispetto alle forniture via tubo. Il suo prezzo è legato al mercato spot, soggetto a forti oscillazioni. Un aumento strutturale delle importazioni Usa potrebbe quindi avere un impatto sulle bollette.

Lo sottolinea anche il Partito Democratico italiano, che in un’interrogazione parlamentare chiede “quali misure il governo intenda adottare per neutralizzare in bolletta i maggiori costi previsti” e “come si concilia questo nuovo impegno con quelli già in essere con i Paesi del Nordafrica”.

A febbraio 2025, secondo i dati del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, le importazioni di Gnl via nave sono cresciute del 63% a Livorno, ma sono crollate del 77% in terminali come Panigaglia, in un contesto di mercato che rimane volatile e in cui impegnarsi in nuove forniture di lungo termine rappresenta un grosso rischio, vista la diminuzione strutturale della domanda di gas registrata negli ultimi anni.

L’Europa ha bisogno di Gnl, ma solo nel breve periodo

Secondo l’Agenzia europea per la cooperazione tra i regolatori dell’energia (Acer), per raggiungere l’obiettivo di riempire al 90% gli stoccaggi entro il 1° novembre in vista del prossimo inverno, l’Unione europea dovrà importare il 20% in più di Gnl rispetto al 2024.

A fine marzo 2025, gli stoccaggi europei erano pieni solo al 33,8%, cioè meno della media storica. In assenza di flussi dalla Russia via Ucraina, e con le deroghe in discussione sulle date limite, il gas liquefatto, inclusa la quota statunitense, potrebbe diventare essenziale. Ma “non si tratta solo di Gnl americano. Le aziende compreranno da chi offrirà il miglior prezzo, nei limiti dei contratti esistenti”, precisa Governatori.

Accordi vincolanti e flessibilità limitata

Una parte delle forniture di gas dal Nordafrica, Algeria in primis, potrebbe essere soggetta a clausoletake or pay”, che obbligano l’acquirente a pagare anche se non ritira i volumi previsti. Questi contratti sono segreti, non si conosce quindi la quota di forniture non revocabili e comunque soggette a pagamenti obbligatori.

Questo tipo di rigidità potrebbe avere un ruolo rilevante nel determinare se e in che misura sia possibile modificare parte delle rotte di fornitura dal Nordafrica agli Stati Uniti.

Esportazioni Usa: questioni interne e convenienza a rischio

Negli Stati Uniti, l’espansione delle esportazioni di Gnl dipende dalla capacità di liquefazione. Gli Usa hanno dato il via libera alle esportazioni da due nuovi terminali. Ma l’aumento delle esportazioni di Gnl americano registrato negli ultimi anni sta già provocando dei rincari del gas all’interno degli Usa.

Finora i prezzi del gas negli Usa sono stati molto inferiori di quelli in Europa o Asia. L’aumento dell’export riduce però l’offerta interna, fa aumentare le quotazioni domestiche e calare il differenziale fra prezzi interni e prezzi spuntati all’estero per lo stesso gas americano. “Non è una dinamica sostenibile all’infinito. Servono investimenti privati per il Gnl, e questi avverranno solo se il differenziale tra prezzo interno ed estero resta conveniente”, aggiunge l’esperto.

L’aumento dei prezzi interni del gas Usa potrebbe anche porre dei problemi politici per Trump, se continuasse a causa di una maggiore quota di Gnl destinato alle esportazioni verso l’Europa.

Arma negoziale

Il contesto attuale offre all’Europa condizioni abbastanza ideali per usare a proprio favore l’arma negoziale preferita da Trump, cioè i dazi. (vedere anche I dazi di Trump, una scossa globale al settore energetico).

Oggi gli Usa non possono più esportare il proprio gas in Cina, perché Pechino ha ufficialmente tagliato fuori la potenza nordamericana da questo mercato.

Gli States, da parte loro, hanno pochi sbocchi alternativi per il proprio Gnl. Inoltre, il prezzo del gas Usa è ancora sostanzialmente a sconto rispetto ai prezzi europei.

“In questo contesto, in cui i prezzi del gas americano sono ancora relativamente bassi, l’Europa potrebbe usare il negoziato con Trump per chiedere un accordo sui dazi. Se gli Usa rifiutano di azzerare le tariffe sul nostro export, allora sarebbe razionale per l’Ue imporre dazi sul loro gas”, spiega Governatori.

Non avendo molti altri acquirenti per quel Gnl, finché mantengono margini di profitto accettabili, gli Usa potrebbero assorbire i rincari sui mercati esteri, senza cioè traslare al cliente finale il valore dei dazi, dice Governatori, estendendo agli Usa una recente analisi di Bruegel sui flussi di energia da Russia a Europa.

“Il modo in cui l’Europa gestirà il futuro negoziato con Trump e il fatto che le trattative includano la questione di  potenziali dazi, questo sì, che potrebbe avere un effetto nell’incentivare o meno l’arrivo di gas statunitense in Europa e a un prezzo equo”, aggiunge Governatori.

Rimane il fatto che la maggior parte delle analisi prevede un calo strutturale della domanda di gas in Europa, cosa che rende sconsigliabile per il continente impegnarsi in forniture addizionali di lungo termine.

La variabile russa

Infine, resta sullo sfondo la questione russa.

“Con l’interruzione dei flussi via Ucraina, è verosimile che Eni e altre aziende importatrici stiano finalmente cercando di chiudere i contratti a lungo termine con la Russia, facendo valere clausole di forza maggiore nell’ambito degli arbitrati internazionali. Ma non è escluso che, in uno scenario di prossima fine del conflitto Russia-Ucraina o di cambio di regime in Russia, si possa riaprire un dialogo commerciale anche sul gas russo”, afferma Governatori.

Secondo l’analista, è irrazionale escludere in qualunque scenario il ritorno di forniture dalla Russia. “L’energia può essere usata come leva negoziale, anche in un futuro tavolo di pace”.

Sicurezza e diversificazione cercasi

In conclusione, l’intesa Trump-Meloni sul Gnl si inserisce in un contesto europeo instabile, dove la domanda di gas è destinata a calare nel medio-lungo periodo, anche se potrebbe registrare ancora dei rialzi temporanei nel breve termine.

Qualunque sarà lo scenario, è sconsigliabile che l’Italia pianifichi la propria sicurezza e diversificazione energetica su basi politiche estremamente volatili e imprevedibili come quelle adottate dagli Usa di Trump.

“In ogni caso, con l’abbondanza di infrastrutture esistenti e in costruzione, che pagheremo in un modo o nell’altro, l’Europa ha capacità per importare tutto il Gnl che vuole. Ma al costo salatissimo di esporsi ancora a crisi geopolitiche, volatilità del prezzo, e di ritardare i vantaggi della transizione alle rinnovabili”, commenta Governatori.

Un costo e un rischio che, almeno per ora, né Meloni né Trump hanno potuto o voluto chiarire.The post Gas Usa all’Italia: un’intesa vaga più insidiosa che utile first appeared on QualEnergia.it.