La lunga strada per le (difficili) riforme in Vaticano
Era il 2013 e l’appena nominato Papa Francesco già dava i primi segnali su importanti riforme finanziarie in arrivo per la Santa Sedeattraverso parole divenuto poi iconiche “Se non sappiamo custodire i soldi, che si vedono, come custodiamo le anime dei fedeli, che non si vedono?”. Attualita' 24 Aprile 2025 Addio a Papa Francesco, l’abbraccio infinito Oltre 50 mila persone in fila per l'ultimo saluto al pontefice mentre i grandi della Terra saranno tutti sabato a… 24 Aprile 2025 vaticano papa francesco bergoglio san pietro funerali papa francesco macchina organizzativa papa francesco Guarda ora Tra i primi provvedimenti presi dal Pontefice per riordinare le casse dello stato Vaticano in molti ricordano i tagli degli stipendi agli alti prelati. Fino al 2021, infatti, i cardinali della Curia Romana potevano contare su uno stipendio che variava dai 4mila ai 5.500 euro al mese, tagliati poi del 10% e decurtati anche di varie indennità extra per volontà dello stesso Pontefice. Considerando anche il resto dei prelati è da sottolineare che ad oggi i vescovi ricevono circa 3mila euro mensili mentre i sacerdoti non percepiscono più di 1200 euro mentre lo stipendio “ufficiale” del Papa ammonta a circa 2.500 euro che Francesco non ha mai voluto incassare dal momento che le spese di vitto, alloggio, viaggi ed altro era interamente coperto dalle finanze della Santa Sede. Il taglio degli stipendi ai cardinali Quella del taglio degli stipendi è stata una scelta successivamente affiancata da un altro provvedimento ovvero l’eliminazione degli affitti di favore ai cardinali e l’obbligo, a parte rarissime eccezioni, di firmare canoni d’affitto secondo i reali valori di mercato. Una serie di indicazioni precise particolarmente emblematiche sullo sfondo di un panorama, come quello dello stato cattolico, da tempo caratterizzato da molti privilegi ed altrettante opacità nella gestione. Tutti elementi che nel tempo avevano condotto il più piccolo stato del mondo nella black list dei paradisi fiscali, elenco dal quale è uscito anche grazie alla riforma dell’Asif rafforzato, sempre per volontà del Papa, nelle sua mansioni di organo di controllo e antiriciclaggio. Non solo, ma è sempre a Papa Francesco che si deve l’istituzione della segreteria per l’Economia e la riforma del Consiglio dell’Economia. Attualita' 14 Giugno 2024 G7 Italia, Papa Francesco: “AI strumento affascinante e tremendo” Papa Francesco: "AI sia coniugata con l'etica, può portare maggiore ingiustizia" 14 Giugno 2024 intelligenza artificiale papa francesco ai discorso papa francesco G7 AI intelligenza artificiale strumento affascinante e tremendo buona politica

Era il 2013 e l’appena nominato Papa Francesco già dava i primi segnali su importanti riforme finanziarie in arrivo per la Santa Sedeattraverso parole divenuto poi iconiche “Se non sappiamo custodire i soldi, che si vedono, come custodiamo le anime dei fedeli, che non si vedono?”.
Tra i primi provvedimenti presi dal Pontefice per riordinare le casse dello stato Vaticano in molti ricordano i tagli degli stipendi agli alti prelati. Fino al 2021, infatti, i cardinali della Curia Romana potevano contare su uno stipendio che variava dai 4mila ai 5.500 euro al mese, tagliati poi del 10% e decurtati anche di varie indennità extra per volontà dello stesso Pontefice.
Considerando anche il resto dei prelati è da sottolineare che ad oggi i vescovi ricevono circa 3mila euro mensili mentre i sacerdoti non percepiscono più di 1200 euro mentre lo stipendio “ufficiale” del Papa ammonta a circa 2.500 euro che Francesco non ha mai voluto incassare dal momento che le spese di vitto, alloggio, viaggi ed altro era interamente coperto dalle finanze della Santa Sede.
Il taglio degli stipendi ai cardinali
Quella del taglio degli stipendi è stata una scelta successivamente affiancata da un altro provvedimento ovvero l’eliminazione degli affitti di favore ai cardinali e l’obbligo, a parte rarissime eccezioni, di firmare canoni d’affitto secondo i reali valori di mercato.
Una serie di indicazioni precise particolarmente emblematiche sullo sfondo di un panorama, come quello dello stato cattolico, da tempo caratterizzato da molti privilegi ed altrettante opacità nella gestione. Tutti elementi che nel tempo avevano condotto il più piccolo stato del mondo nella black list dei paradisi fiscali, elenco dal quale è uscito anche grazie alla riforma dell’Asif rafforzato, sempre per volontà del Papa, nelle sua mansioni di organo di controllo e antiriciclaggio. Non solo, ma è sempre a Papa Francesco che si deve l’istituzione della segreteria per l’Economia e la riforma del Consiglio dell’Economia.
Una strategia, quella del pontefice morto il 21 aprile, che si è sempre basata, sul fronte finanziario, su due pilastri principali: trasparenza e rigore. In particolare per quanto riguarda la banca vaticana, il famigerato IOR, che salito agli onori delle cronache ai tempi di Paul Marcinkus, è sempre stato circondato da un’atmosfera di mistero. Un retaggio che Francesco ha voluto spazzare via anche ordinando un aumento dei controlli e una maggior trasparenza non solo nei bilanci dell’istituto ma, più in generale, in tutte le operazioni finanziarie, non ultime quelle immobiliari. Ed il caso dell’inchiesta sul cardinale Angelo Becciu ne è la prova più evidente. Il cardinale, a suo tempo sostituto della Segreteria di Stato e poi prefetto della Congregazione delle cause dei santi, fu al centro di un grave scandalo finanziario riguardante alcuni investimenti immobiliari a Londra. La condanna a 5 anni e sei mesi che ne seguì (oltre all’interdizione dai pubblici uffici) fu anche il primo caso giudicato da un tribunale vaticano ordinario (a seguito di una riforma voluta dal Pontefice) e non da una corte presieduta da un cardinale come avveniva in precedenza.
Gli ostacoli sul cammino
Tra le varie riforme volute da Papa Francesco, inoltre, anche un più complesso ridimensionamento dei poteri della Segreteria di Stato e una revisione dell’organizzazione dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Per quanto riguarda la Segreteria di Stato, Francesco aveva preferito collocare parte del suo patrimonio sotto l’ombrello, più controllato, dell’Apsa favorendo, quindi, anche una maggiore trasparenza attraverso la pubblicazione dei suoi conti.
Tante riforme volute ma non tutte applicate e, soprattutto, spesso osteggiate. Un esempio è quello del miliardo e trecento milioni di euro non dichiarati e scoperti dal cardinale George Pell, prefetto dell’Economia che, a causa di alcune accuse (da cui fu assolto) dovette però partire per l’Australia abbandonando i suoi tentativi di fare chiarezza. Non andò meglio a Libero Milone, revisore generale, costretto alle dimissioni per alcune accuse di spionaggio rivelatesi anch’esse infondate. Nella lista delle “cose da fare” e che, vista la morte del Pontefice, dovranno essere realizzate (semmai lo saranno) da suo successore, c’è anche la creazione del Comitato per gli investimenti che ancora non ha visto la luce.
Il nodo pensioni
Un patrimonio, quello del Vaticano, che, a differenza di quanto avveniva nel passato, ha dovuto fare i conti (letteralmente) con un drastico calo delle donazioni a sua volta indice del parallelo calo sia delle vocazioni che della fede tra i credenti spaventati anche dalle dimensioni dei precedenti scandali (Vatileaks 1 e Vatileaks 2) che, secondo molti, portarono alla rinuncia del predecessore di Francesco, Papa Benedetto XVI.
Una serie di riforme ampie e che inquadravano tutti, o quasi, i settori economici e previdenziali del Vaticano. Infatti la volontà del papa si era espressa anche sul fronte delle pensioni o per meglio dire della sostenibilità degli assegni ai prelati chiedendo “provvedimenti strutturali urgenti, non più rinviabili” sia al Collegio cardinalizio che ai responsabili delle Istituzioni curiali. Il Santo Padre aveva lamentato “limitate risorse disponibili dell’intera organizzazione” e “un’appropriata copertura previdenziale per i dipendenti presenti e futuri”.
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