«Mi sono innamorato di internet grazie a una prof. La lezione degli USA: pensare globale dal giorno uno»

Dopo un'esperienza nelle telco e nei media tradizionali Raffaele Giovine ha deciso di puntare sul web. Erano gli anni dello scoppio della bolla delle dot.com. Oggi vive tra Los Angeles e la Bay Area. «Noto tante opportunità per investire in società italiane dall'America mantenendo lì lo sviluppo grazie al costo del lavoro competitivo». La nuova puntata della rubrica "Italiani dell'altro mondo"

Apr 25, 2025 - 09:10
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«Mi sono innamorato di internet grazie a una prof. La lezione degli USA: pensare globale dal giorno uno»

«Una startup va pensata dal giorno uno come globale». Raffaele Giovine, classe 1971, oggi vive tra Los Angeles e la Bay Area, dove lavora su progetti legati al Venture Capital e al private equity. Alle spalle ha diverse exit, anche se nel corso della nostra intervista è partito dal suo primo sogno. «Fino a 16 anni volevo fare il calciatore». Negli anni Novanta, ruspanti per l’economia di internet che avrebbe poi attraversato la scrematura dello scoppio della bolla delle dot.com, ha studiato in Bocconi dove grazie all’incontro con una professoressa ha messo le mani su quell’innovazione molto da nerd.

«Ho fatto una delle prime tesi in università dedicate al web come marketer di relazione. Quella tesi ha condizionato il mio lavoro». La storia di Giovine è al centro di questa nuova puntata della nostra rubrica Italiani dell’altro mondo. Torniamo dunque negli USA dove spesso siamo stati per raccontare vite di talenti.

USA
Raffaele Giovine

Dalla tv alla rete

Agli esordi della sua carriera ha fatto un’esperienza a Barcellona in uno spin-off di McKinsey. Poi Giovine è tornato in Italia dove si è occupato di media e telecomunicazioni per grandi realtà come Rai e Telecom. «Nel 2000 sono entrato in Fininvest per lavorare alla startup che doveva portare i contenuti del gruppo sui media digitali. Ero dirigente a 28 anni».

Uno dei format più famosi di cui si è occupato è quello del Grande Fratello. Quasi trent’anni fa era inimmaginabile (oltre che costoso) ipotizzare un modo alternativo alla tv per far seguire agli spettatori quel che succedeva nella casa. «Avevamo trovato una soluzione: si chiamava un numero per ascoltare la diretta del Grande Fratello. Due milioni di chiamate nelle prime due settimane».

Nel 2001 è uscito da Fininvest per fondare ZERO9, società nata per operare come mobile content provider, offrendo servizi ai clienti finali per conto degli operatori telefonici: «Siamo arrivati a 100 milioni di transato». Nel 2009 è arrivata l’exit con Invest Industrial (che ha però chiuso la società). In quell’anno Giovine ha deciso di lanciare un venture studio a Milano in anni in cui di startup in Italia neppure si parlava. «Per me un venture studio funziona così: è un posto dove si fanno startup e poi si trova la persona che le gestisce». Tra le startup passate da questi spazi ci sono SOStariffe, Mybeautybox.it e Italist.

La strada per gli USA

Proprio Italist, piattaforma di e-commerce protagonista dell’ultima exit di Giovine che aggrega boutique italiane per il mercato globale, ha rappresentato per l’imprenditore la porta d’ingresso per testare il mercato degli Stati Uniti. «Nel 2014 sono venuto nella Bay Area. Spesso sono gli avvocati a farti strada. Mi hanno mandato a 500 Startups (oggi 500 Global, ndr). Lì hanno approfondito il modello di Italist e mi hanno detto che, se volevo, entro due giorni avrei dovuto presentarmi a Mountain View». E così ha deciso di trasferirsi Oltreoceano.

RG Headshot

Su StartupItalia Giovine ha raccontato in più occasioni come è quell’angolo di mondo – nella rubrica Lettere dalla Silicon Valley – ma con lui abbiamo voluto attualizzare questa riflessione. Alla luce soprattutto di quel che sta avvenendo con i dazi. «L’America non è un corpo unico: le coste sono diverse dalla parte centrale. Occorre capire bene questa differenza». Rispetto alla guerra delle tariffe si è detto ottimista, soprattutto perché finora i risultati di Trump non stanno entusiasmando le Borse e gli investitori. «Il presidente USA crea tensioni momentanee, ma alla fine il mercato vince sempre. È un approccio negoziale per arrivare ad accordi bilaterali e risolvere questioni come quella del debito pubblico americano, che è gigantesco».

Il ponte USA-Italia

Riguardo alla tecnologia, e in particolare all’Intelligenza artificiale, Giovine ha evidenziato una leva potenzialmente interessante per l’ecosistema italiano. «Quando lavori su una startup di AI pensi automaticamente globale». E l’opportunità sta anzitutto nel lavoro che simili aziende creano. «Ci sono tantissime occasioni per investire in società italiane dall’America mantenendo lo sviluppo in Italia grazie ai costi contenuti. Serve però un cambio di mentalità».

Per motivare questa convenienza Giovine si concentra sui costi degli sviluppatori così come in generale dei talenti americani. «Dieci anni fa gli stipendi medi erano allineati tra USA ed Europa, oggi qui valgono il doppio. Ma questa differenza non significa che sono bravi il doppio. È una opportunità chiara per avere accesso ai mercati finanziari e per esporsi a un mercato globale tenendo la parte di sviluppo in Italia».