Draghi sui dazi, monito all’Ue: “Mettono in crisi l’ordine globale”
Draghi al Cotec inchioda l’Ue alla realtà: i dazi spaccano l’ordine globale, l’Europa deve svegliarsi e smettere di contare su Washington, o finirà trascinata nel declino altrui

Al vertice Cotec di Coimbra, in Portogallo, l’ex premier Mario Draghi ha lanciato un monito all’Unione Europea sul tema dei dazi e della politica commerciale. Draghi ha avvertito che con le tariffe imposte dagli Usa “siamo a un punto di rottura” nelle relazioni internazionali e che di fronte a queste sfide “stare fermi non è più un’opzione” per l’Europa.
L’avvertimento di Draghi all’Europa
L’ex presidente del Consiglio ha smontato pezzo dopo pezzo la favola di un ordine commerciale ancora stabile con frasi che pesano come verdetti.
La sua diagnosi è secca: l’impalcatura multilaterale, quella stessa che aveva sorretto la globalizzazione, è stata minata da anni di tariffe punitive e decisioni unilaterali. Non è una scivolata improvvisa, avverte Draghi, ma una deriva che
stava peggiorando anche prima dei recenti sconvolgimenti tariffari.
Il colpo di grazia è stato proprio l’inerzia dell’Europa. L’economia del continente, ha ricordato, è esposta più di quanto vorrebbe ammettere:
Essendo una grande economia, l’Ue è fortemente aperta al commercio.
Quando Washington starnutisce, Bruxelles si prende l’influenza. Se gli Stati Uniti rallentano o chiudono i rubinetti, le esportazioni europee vanno in apnea.
Le recenti azioni dell’Amministrazione statunitense avranno sicuramente ripercussioni sull’economia europea.
E anche nel caso improbabile in cui tutto dovesse normalizzarsi domani mattina, resterebbe un clima velenoso, pronto a frenare investimenti e fiducia nel manifatturiero.
Poi la stoccata a Bruxelles, fredda, inequivocabile.
Servirà un nuovo accordo con Washington (…), nulla sarà più come prima.
Draghi non fa concessioni al sentimentalismo: per lui l’Europa deve uscire dal comodo torpore dell’abitudine e imparare a camminare con le proprie gambe.
Cresce la vulnerabilità dell’ Ue: “Serve domanda interna”
L’Europa, ha detto Draghi
non può più contare sul motore statunitense per stimolare la propria economia.
Occorre piuttosto un cambio strutturale, basato su maggiori investimenti pubblici e privati, riforme per l’innovazione e una strategia di lungo termine per accrescere l’autonomia produttiva e digitale del continente.
Mattarella avverte: “L’Europa non può permettersi l’immobilismo”
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ripreso il filo lasciato da Draghi e ha continuato.
In questa fase storica risulta urgente, anzi prioritario, che l’Europa agisca, perché stare fermi non è più un’opzione.
Citati i Rapporti Draghi e Letta, il Capo dello Stato ha messo in fila le conseguenze del non fare:
- arretramento economico;
- stallo tecnologico;
- vulnerabilità strategica.
Il presidente della Repubblica ha spiegato che scongiurare tali rischi è fondamentale, evocando perfino Puccini al grido di Nessun dorma. Un monito che sicuramente può valere anche per l’Unione.
Segnali contrastanti per l’export europeo
Le prese di posizione di Draghi e Mattarella giungono in un momento cruciale per il commercio internazionale e per la stessa Ue.
Proprio in questi giorni, Stati Uniti e Cina hanno concordato una tregua sui dazi della durata di 90 giorni, con un reciproco abbassamento delle tariffe di 115 punti percentuali, nel tentativo di allentare la guerra commerciale in corso.
Questo sviluppo, insieme a una recente intesa economica tra Washington e Regno Unito, aveva inizialmente alimentato l’entusiasmo dei mercati. Ma la fiducia si è rivelata fragile: le Borse sono tornate caute quando è emerso che la distanza tra Washington e Bruxelles rimane ancora ampia sui dossier tariffari.
Gli osservatori temono che una nuova escalation di dazi possa coinvolgere anche l’Europa. Il ministro italiano Adolfo Urso ha stimato, ad esempio, un calo fino al 10% dell’export italiano verso gli Usa nel caso in cui scattassero dazi reciproci al 20% tra le due sponde dell’Atlantico.
L’Unione Europea, dal canto suo, resta formalmente schierata a difesa del libero commercio e del multilateralismo, ma è chiamata a ripensare la propria strategia commerciale su due fronti:
- cercando di rafforzare accordi e strumenti che tutelino le imprese europee;
- evitando reazioni eccessive che possano aggravare le tensioni o minare ulteriormente le regole Wto già indebolite.