Cambiamento delle norme sugli investimenti ESG: fino a 119 miliardi per il settore della difesa
Le regole sugli investimenti sostenibili nell’Unione europea potrebbero subire un’importante revisione, con effetti di vasta portata sul settore aerospaziale e della difesa (A&D). Una ricerca di Morgan Stanley stima che l’allentamento delle restrizioni per i fondi ESG potrebbe generare flussi di investimento compresi tra i 53 e i 119 miliardi di dollari verso l’industria della...

Le regole sugli investimenti sostenibili nell’Unione europea potrebbero subire un’importante revisione, con effetti di vasta portata sul settore aerospaziale e della difesa (A&D). Una ricerca di Morgan Stanley stima che l’allentamento delle restrizioni per i fondi ESG potrebbe generare flussi di investimento compresi tra i 53 e i 119 miliardi di dollari verso l’industria della difesa europea. Si tratterebbe di un incremento compreso tra 6 e 12 volte rispetto all’attuale esposizione del settore ai fondi sostenibili.
Attualmente, i fondi ESG classificati come SFDR Articolo 8 e 9 – che rappresentano le categorie principali nel panorama degli investimenti sostenibili – detengono circa 10 miliardi di dollari in asset legati alla difesa, pari al 2% della capitalizzazione del settore. Tuttavia, un allentamento delle restrizioni potrebbe cambiare radicalmente lo scenario.
Ad oggi, gli investimenti ESG sono vincolati da rigide regole che escludono le armi controverse e limitano fortemente la possibilità di finanziare aziende operanti nel settore della difesa. Tuttavia, secondo Morgan Stanley, un allentamento delle restrizioni potrebbe concentrarsi sulle armi convenzionali e nucleari, senza toccare quelle vietate dai trattati internazionali ratificati dagli Stati membri.
I governi europei e gli operatori finanziari considerano il flusso di capitali un elemento chiave per favorire la transizione verso un’economia più sostenibile. Tuttavia, il quadro normativo SFDR, pur avendo l’obiettivo di favorire la trasparenza e l’allineamento tra investimenti e principi ESG, sta generando una serie di interrogativi su come bilanciare la sostenibilità con le esigenze di sicurezza e difesa.
Il ruolo della normativa SFDR nella finanza sostenibile
Il regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) è entrato in vigore il 10 marzo 2021 con lo scopo di fornire maggiore trasparenza sugli investimenti sostenibili e prevenire pratiche di greenwashing. La normativa suddivide i prodotti finanziari in tre categorie principali:
- Articolo 6: prodotti che integrano i rischi ESG senza avere specifici obiettivi di sostenibilità.
- Articolo 8: prodotti che promuovono caratteristiche ambientali e sociali.
- Articolo 9: prodotti con un obiettivo specificamente sostenibile.
Inoltre, il regolamento SFDR è collegato alla tassonomia Ue, che definisce criteri ambientali specifici per le attività economiche al fine di garantire la coerenza delle classificazioni ESG. Il futuro della tassonomia prevede anche un’espansione verso parametri sociali, ampliando ulteriormente il quadro normativo per gli investimenti sostenibili.
Impatto sugli investitori e sulla sicurezza europea
L’ipotesi di un maggiore coinvolgimento dei fondi ESG nel settore della difesa solleva questioni complesse. Da un lato, l’esigenza di garantire una maggiore sicurezza in un contesto geopolitico instabile. Dall’altro, la transizione sostenibile potrebbe entrare in contrasto con il finanziamento di attività legate all’industria bellica.
Secondo gli esperti, l’allentamento delle restrizioni sugli investimenti in armamenti potrebbe richiedere anni, a causa della necessità di armonizzare la normativa con gli accordi internazionali e le regolamentazioni nazionali. Tuttavia, è evidente che la questione della difesa sta diventando sempre più rilevante nel dibattito sulla finanza sostenibile.
L’Europa si trova a un bivio nella gestione degli investimenti ESG. La sfida sarà trovare un equilibrio tra sicurezza e sostenibilità, garantendo che le norme ESG rimangano coerenti con gli obiettivi di trasparenza e responsabilità ambientale, senza compromettere la capacità dell’Europa di difendersi in un mondo sempre più complesso.
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