1985-2025: quarant’anni fa la scoperta del buco dell’ozono
Dalla scoperta, che lasciò di stucco il mondo intero, passarono solo due anni per arrivare al Protocollo di Montreal, uno dei trattati ambientali internazionali di maggior successo mai attuati L'articolo 1985-2025: quarant’anni fa la scoperta del buco dell’ozono sembra essere il primo su Galileo.

Era il 16 maggio del 1985 quando una scoperta sconvolse il mondo e cambiò il corso della storia. Esattamente 40 anni fa, infatti, venivamo a conoscenza del buco nell’ozono, grazie a una ricerca rivoluzionaria presentata sulle pagine della rivista Nature. In occasione del 40esimo anniversario della pubblicazione di una delle più importanti scoperte ambientali del XX secolo, ripercorriamo la storia della scoperta del buco nell’ozono.
Gli autori
Il buco nell’ozono è stato descritto per la prima volta dagli scienziati del British Antarctic Survey (Bas) Joe Farman, Brian Gardiner e Jon Shanklin, presso la Halley Research Station, situata sulla remota piattaforma di ghiaccio Brunt in Antartide. Dalle osservazioni svolte, come ricorda la Uk Research and Innovation, il team ha così identificato un drastico e allarmante assottigliamento dello strato di ozono sopra l’Antartide. Senza lo strato di ozono, ricordiamo, la vita sulla Terra non esisterebbe. “Quando abbiamo notato per la prima volta il cambiamento nei numeri, ricordo di aver pensato che potesse essere qualcosa di peculiare per l’Antartide”, ha raccontato Shanklin. In particolare, il compito principale dello scienziato era quello di controllare e correggere tutti i dati dello spettrofotometro Dobson, uno strumento che misura la quantità di luce UV che raggiunge la Terra, per fornire un quadro accurato della quantità di ozono presente nell’atmosfera. “C’era un enorme arretrato, poiché fino ad allora gli scienziati si erano limitati a scarabocchiare i dati su fogli di carta”, ha raccontato l’esperto. “Abbiamo controllato e ricontrollato i dati, elaborando le osservazioni. Ma alla fine ci siamo resi conto che stavamo osservando qualcosa di significativo e potenzialmente allarmante”.
Il buco nell’ozono
In quel periodo, il British Antarctic Survey stava progettando di organizzare una giornata presso la sede centrale di Cambridge per mostrare a scienziati, politici e al grande pubblico le ultime scoperte scientifiche sull’Antartide. “All’epoca si temeva che i gas di scarico del Concorde (l’aereo supersonico) o i clorofluorocarburi (Cfc) delle bombolette spray potessero danneggiare lo strato di ozono”, racconta Shanklin, ricordandosi che al tempo pensava che ciò fosse impossibile. “Decisi di presentare i dati di quell’anno e confrontarli con i valori che il mio capo aveva calcolato dieci anni prima. Mi aspettavo che fossero gli stessi, quindi che il Concorde avrebbe potuto continuare a volare e le persone avrebbero potuto continuare a usare le bombolette spray. L’unico problema era che non erano gli stessi”. Secondo i suoi risultati, infatti, dalla fine degli anni ‘70 si era registrato un calo sistematico della quantità di ozono primaverile. Nel 1984, lo strato di ozono sopra l’Antartide era spesso solo circa due terzi rispetto ai decenni precedenti.
Il Protocollo di Montreal
Dopo la pubblicazione della scoperta del buco nell’ozono su Nature, nel maggio 1985, un team di scienziati indipendente confermò presto i risultati, mostrando che il buco nell’ozono si estendeva su una vasta regione di 20 milioni di chilometri quadrati e concordando che i Cfc, spesso utilizzati nelle bombolette spray e nei dispositivi di raffreddamento come i frigoriferi, erano i responsabili. La scoperta portò in due anni al Protocollo di Montreal, un accordo che congelò la produzione e l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono ai livelli del 1986 e gettò le basi per la loro completa eliminazione. Oggi, il protocollo è uno dei trattati ambientali internazionali di maggior successo mai attuati e continua ad essere aggiornato man mano che emergono nuove prove sull’impatto dei Cfc, e dei loro sostituti (idrofluorocarburi, Hfc), sullo strato di ozono. Sebbene Il buco dell’ozono si sta lentamente rimarginando, non si riprenderà completamente prima del 2070. “È scioccante pensare che l’industria in tutto il mondo sia dovuta cambiare a causa di quella che sembrava una piccola scoperta in una zona remota dell’Antartide, di cui la maggior parte delle persone non aveva mai sentito parlare”, ha concluso Shanklin.
Via: Wired.it
Credits immagine (il buco dell’ozono nel 2015): NASA’s Earth Observatory via Wikimedia Commons
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L'articolo 1985-2025: quarant’anni fa la scoperta del buco dell’ozono sembra essere il primo su Galileo.