No Borders Music Festival: musica tra le montagne, ma a quale prezzo ambientale?

Il No Borders Festival porta la musica tra i laghi e le vette alpine. Ma un evento così può essere sostenibile? Ecco cosa dice chi se ne occupa L'articolo No Borders Music Festival: musica tra le montagne, ma a quale prezzo ambientale? proviene da Valori.

Mag 16, 2025 - 13:42
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No Borders Music Festival: musica tra le montagne, ma a quale prezzo ambientale?

A luglio torna il No Borders Music Festival, arrivato alla sua trentesima edizione. Un evento unico, dove la musica incontra la natura: i concerti si tengono tra le montagne del Tarvisiano e i laghi di Fusine, in uno scenario alpino mozzafiato. Quest’anno sul palco saliranno artisti come Ben Harper, Mika, Jovanotti, Lucio Corsi e Goran Bregovic.

Ma c’è un dettaglio importante: per arrivare a questi luoghi non basta scendere alla fermata metro più vicina. L’Altopiano del Montasio, il Rifugio Gilberti e i Laghi di Fusine sono mete escursionistiche in alta quota, immerse nella natura. E proprio qui, da trent’anni, migliaia di persone si danno appuntamento per ascoltare musica dal vivo. La domanda è: che impatto ambientale ha tutto questo?

CITANGE lancia l’allarme: il festival danneggia fauna e ambiente

La zona dei concerti è una Zona di Speciale Conservazione (ZSC), riconosciuta ufficialmente con il codice IT3320006. Quest’anno è previsto un boom di presenze: fino a 5mila persone per concerto. Numeri che hanno messo in allerta CITANGE, il Coordinamento Italiano per la Tutela degli Ambienti Naturali dai Grandi Eventi. Nato nel 2019 durante il Jova Beach Party e costituito ufficialmente nel 2022, il CITANGE monitora i grandi eventi organizzati in luoghi fragili dal punto di vista ecologico.

«Possiamo affrontare la questione da due punti di vista: uno scientifico e l’altro giuridico», ha spiegato Bruno Petriccione, etologo di CITANGE, a Valori.it. «Dal punto di vista scientifico, qualsiasi attività umana in un ambiente delicato come la Conca di Fusine ha un impatto. E se le persone sono migliaia, l’impatto diventa pesante. Chiamare il No Borders Music Festival “ecologico” è, per la scienza, un ossimoro». Sul piano legale, aggiunge Petriccione, «la Conca di Fusine è un’area protetta. Per legge è necessario uno “studio di incidenza ambientale” per valutare l’impatto dell’evento».

Impatto ambientale senza prove: mancano dati e trasparenza

A febbraio 2025, CITANGE ha chiesto alla Regione Friuli Venezia Giulia di visionare questo studio. Ma il documento ricevuto solleva dubbi: non ha data e riporta la dicitura “variante”. Potrebbe significare che, per anni, il festival sia stato organizzato senza una vera valutazione di impatto ambientale.

Dopo la richiesta di CITANGE, la Regione ha attivato la procedura e uno degli uffici preposti ha chiesto agli organizzatori del festival di integrare lo studio presentato. Il nuovo documento, consegnato il 15 aprile, è però ancora giudicato insufficiente da CITANGE.

Il 23 aprile, il coordinamento ha quindi inviato alla Regione una serie di “osservazioni”, un documento dettagliato in cui elenca punto per punto le criticità dello studio ambientale. Secondo la normativa europea, questi studi devono essere pubblici e accessibili, così che chiunque possa leggerli e, se necessario, inviare osservazioni ufficiali.

Lo studio ambientale del festival è lacunoso e incompleto

Secondo CITANGE, lo studio presentato dagli organizzatori dell’evento prende in esame solo 6 habitat e 13 specie, mentre nella zona ce ne sono rispettivamente 17 e 28. Praticamente, ne manca più della metà. Inoltre, gli impatti sono valutati in modo generico, senza analizzare gli effetti concreti che un pubblico di 5mila persone potrebbe avere su ogni singolo habitat o specie.

Le osservazioni di CITANGE sono molto tecniche: Bruno Petriccione, ad esempio, ha lavorato per anni nel Corpo Forestale dello Stato e sa bene che per ogni area protetta esistono schede ufficiali dove sono indicate anche le minacce specifiche per fauna e flora. In quelle schede, tra le minacce riconosciute ci sono “le attività ricreative” e “l’uso della bicicletta” — entrambe parte integrante del festival.

CITANGE segnala anche che lo studio sull’inquinamento acustico considera solo i centri abitati distanti chilometri dal luogo dei concerti, ma non valuta l’impatto del suono su piante e animali selvatici. Non si parla, ad esempio, di come i rumori, le vibrazioni e le onde elettromagnetiche possano disturbare orsi, lupi e altre specie che vivono sulle Alpi.

Studio carente, impatto ambientale sottovalutato: la critica degli esperti

Nel suo documento, CITANGE sottolinea che lo “studio di incidenza ambientale” non include analisi fatte direttamente sul campo. Nonostante questo, il documento ammette che un certo impatto – seppur indiretto e temporaneo – esiste. Eppure conclude che «l’intervento non incide negativamente» sull’integrità della zona. «Ma se c’è anche solo un impatto potenzialmente negativo», chiarisce Petriccione, «per legge l’evento non si può fare».

In sostanza, secondo gli attivisti, le linee guida europee non sono state rispettate. Ora la Regione ha l’obbligo di analizzare le osservazioni e valutare il materiale presentati da CITANGE. E poi dovrà decidere: può chiedere ulteriori integrazioni, oppure stabilire che l’impatto è significativo e, quindi, bloccare la trentesima edizione del No Borders Music Festival.

Festival green o solo greenwashing? La verità sull’eco-sostenibilità dei concerti

La risposta è: sì, ma solo a certe condizioni. «Organizzare un concerto che rispetti davvero l’ambiente è possibile, ma serve molta attenzione. E dipende anche da cosa intendiamo per “natura”», spiega Marta Lovato, dell’associazione A Sud, a Valori.it. «Ci sono luoghi – come le aree protette, importanti per la fauna e la flora – dove eventi del genere andrebbero proprio evitati, perché il rischio di disturbo è troppo alto. Diverso è il discorso se parliamo, ad esempio, di un parco urbano: lì gli ecosistemi sono più abituati alla presenza umana». Il problema, secondo Lovato, è che spesso si fa confusione: «C’è l’idea che, se un evento si svolge nel verde, allora sia automaticamente sostenibile. Ma non è così. Scegliere uno spazio naturale non basta a rendere un festival ecologico».

Per capire come si può rendere un evento davvero compatibile con l’ambiente, abbiamo chiesto ad A Sud quali sono le novità istituzionali più importanti. La più recente? I CAM (Criteri Ambientali Minimi), introdotti nel 2022. «I CAM oggi sono obbligatori per gli eventi pubblici organizzati tramite appalti, come previsto dal Codice dei Contratti. E anche se non obbligatori, sono fortemente fortemente raccomandati per tutti gli eventi che ricevono fondi pubblici o il patrocinio di enti», racconta Lovato, che è anche responsabile sostenibilità del Santarcangelo Festival. Peccato che, finora, siano pochi i festival che li applicano davvero per intero.

Chi ci sta provando davvero: esempi di festival (più) sostenibili

Qualcosa però si muove: la Regione Emilia-Romagna, ad esempio, ha inserito i CAM in un nuovo bando per finanziare i festival di cinema su base triennale. «Ai candidati viene chiesto di presentare un piano di sostenibilità che rispetti almeno il 40% delle linee guida ambientali regionali», spiega Lovato. «Chi non lo fa, resta fuori dai finanziamenti».

Ci sono anche esperienze virtuose come Trova Festival, una mappa online aggiornata che segnala gli eventi culturali ecocompatibili in tutta Italia. E nuovi progetti stanno nascendo anche grazie ai fondi del PNRR. Uno di questi è promosso da Legambiente e fa parte del bando TOCC (Transizione degli Organismi Culturali e Creativi). «Questo bando ha finanziato l’acquisto di strumenti per rendere più sostenibili e digitali gli eventi culturali, ma anche progetti di formazione per chi organizza festival. La scadenza è fissata per giugno 2026, quindi è ancora presto per dire se funzionerà: la partita è ancora aperta», conclude Lovato.

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