Il pericolo di una guerra dell’acqua tra India e Pakistan

In gioco c'è la possibile sospensione del Trattato delle Acque dell’Indo, capolavoro diplomatico del 1960. L’articolo Il pericolo di una guerra dell’acqua tra India e Pakistan è tratto da Forbes Italia.

Mag 16, 2025 - 13:44
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Il pericolo di una guerra dell’acqua tra India e Pakistan

Di Riccardo Morgante

A seguito delle tensioni tra India e Pakistan, ciò che preoccupa di più Islamabad è l’approvvigionamento di acqua proveniente dalle alture del Kashmir. Lo stesso che oggi – come di consueto negli screzi tra i due paesi – rischia di diventare uno strumento di guerra nelle mani di Nuova Delhi.

Divisioni culturali e religiose

A segnare una divisione tra i due Stati fu la Partition del 1947, che sancì la fine del controllo dell’Impero britannico sul subcontinente indiano e portò alla nascita di due entità indipendenti: il Pakistan e l’India. Tuttavia, la separazione non ha eliminato le tensioni e le dispute che da sempre contrappongono i due mondi. Da un lato vi è la cultura musulmana, predominante in Pakistan; dall’altro, quella induista più diffusa in India, pur con una significativa minoranza musulmana che rappresenta circa il 15% della popolazione. 

Oltre ai motivi religiosi e culturali, che hanno un peso geopolitico rilevante, un altro tema cruciale riguarda la gestione delle risorse idriche presenti nella regione contesa del Kashmir.

Il Trattato delle Acque dell’Indo

Dopo anni di conflitti armati e violenze, nel 1960 si giunse, grazie alla mediazione della Banca Mondiale e su impulso delle Nazioni Unite, alla firma di un accordo che, fino a oggi, è stato considerato un capolavoro nella storia della diplomazia internazionale: il Trattato delle Acque dell’Indo (Indus Water Treaty). Secondo i termini del trattato, al Pakistan è riconosciuto il controllo esclusivo delle acque dei tre fiumi occidentali – l’Indo, il Jhelum e il Chenab -, mentre all’India spettano i fiumi orientali come il Ravi, il Beas e il Sutlej. 

Va precisato, tuttavia, che una parte del corso dell’Indo – circa il 30% – resta comunque sotto il controllo indiano. Il fiume, infatti, nasce sull’altopiano del Tibet occidentale – regione altamente strategica per Pechino –, attraversa il territorio indiano del Ladakh e infine sfocia nel Mar Arabico, a sud di Karachi.

Un accordo necessario

La stipulazione di un trattato sulle acque nel Kashmir si rese necessaria non solo per mitigare le tensioni tra India e Pakistan, ma anche per prevenire l’uso dell’acqua come arma in un contesto già segnato da violenti conflitti. Prima del 1960, anno in cui venne firmato l’accordo, i due stati ricorsero più volte a strumenti di guerra convenzionale per definire i propri obiettivi territoriali che, ancora oggi, li dividono. 

Sebbene il trattato non abbia impedito il ripetersi di scontri armati, ha avuto il merito di promuovere periodi di tregua duratura e di istituire meccanismi pratici e burocratici per la gestione condivisa delle risorse idriche. Una gestione pensata per evitare quanto era già accaduto — e che oggi rischia di accadere ancora — nell’agenda geopolitica e militare dell’India.

La storia

Il 1 aprile del 1948, nel pieno della separazione politica tra i due neonati stati, l’India interruppe per alcune settimane il flusso idrico verso il Pakistan, sfruttando il controllo delle proprie dighe. Questo gesto provocò una grave crisi idrica nel Punjab pakistano, compromettendo l’agricoltura e minacciando di fame e sete milioni di persone. Gran parte del sistema di gestione delle acque e delle reti fluviali era stato progettato sotto l’amministrazione coloniale britannica per servire l’intero Punjab unificato. 

Tuttavia, dopo la Partition, molte di queste infrastrutture rimasero sotto il controllo dell’India, che le utilizzò — direttamente o attraverso minacce — come strumenti di pressione sul vicino. Un’anticipazione, in forma embrionale, della guerra ibrida. Fu proprio in risposta a queste tensioni che nacque il Trattato delle Acque dell’Indo, per neutralizzare il potenziale geopolitico delle acque contese. In sostanza, una depoliticizzazione dei fiumi.

Chi rischia oggi

Senza dubbio il paese più vulnerabile è il Pakistan. Circa l’80% dell’acqua utilizzata nel paese proviene dalle risorse idriche che attraversano il territorio kashmiro, fondamentali per irrigare uno dei suoi asset economici più strategici: l’agricoltura, che rappresenta uno dei quattro pilastri della sua economia. 

Privata di questa risorsa, Islamabad rischierebbe non solo una perdita significativa in termini di produzione e occupazione, ma anche di precipitare in una crisi alimentare capace di affamare e assetare milioni di persone. Il tutto è aggravato dagli effetti della crisi climatica, che — sebbene globale — si manifesta in modo particolarmente intenso sul territorio pakistano, rendendo ancora più precaria la sua sicurezza idrica.

I piani dell’India

Il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha dichiarato che “in una terra in cui scorre sangue non può scorrere acqua”. Modi ha fatto della sua agenda politico-istituzionale — spesso accusata di sfociare in una forma latente di islamofobia — il terreno fertile della propria legittimazione politica, soprattutto in una fase in cui i sondaggi segnalano un calo di consenso. In risposta agli attentati del 22 aprile, ha optato per una linea dura. 

Nonostante le mediazioni statunitensi, per la prima volta Nuova Delhi ha temporaneamente sospeso gli effetti del Trattato delle Acque dell’Indo del 1960: un gesto altamente simbolico, ma altrettanto pericoloso sul piano pratico e umanitario. 

Che cosa bisogna aspettarsi

Sebbene molti analisti della politica internazionale vedano negli ultimi eventi il naturale proseguimento dei ciclici conflitti regionali tra Pakistan e India, questa volta in gioco c’è qualcosa di più: la sospensione di un trattato che, per due paesi dotati di arsenali nucleari, rappresenta un elemento essenziale, se non esistenziale. Il destino di entrambi, e delle rispettive popolazioni civili, non è mai stato così appeso a un filo.

L’articolo Il pericolo di una guerra dell’acqua tra India e Pakistan è tratto da Forbes Italia.