Il 24% degli italiani adulti si percepisce in difficoltà economica | L’analisi di Nando Pagnoncelli
Nel dibattito mediatico e politico spesso si fa riferimento alle diseguaglianze crescenti in Italia. Basti pensare che, secondo i dati Istat, 2,2 milioni di famiglie (8,4% delle famiglie residenti) e 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale dei residenti) vivono in povertà assoluta. Se consideriamo l’indice di Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione della […] L'articolo Il 24% degli italiani adulti si percepisce in difficoltà economica | L’analisi di Nando Pagnoncelli proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Nel dibattito mediatico e politico spesso si fa riferimento alle diseguaglianze crescenti in Italia.
Basti pensare che, secondo i dati Istat, 2,2 milioni di famiglie (8,4% delle famiglie residenti) e 5,7 milioni di individui (9,7% sul totale dei residenti) vivono in povertà assoluta.
Se consideriamo l’indice di Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, l’Italia si colloca al terzo posto tra i 27 Paesi Ue.
Secondo le rilevazioni continuative di Ipsos, le persone che si percepiscono in forte difficoltà economica rappresentano il 24% della popolazione adulta; costoro si considerano poco o per nulla considerati dalle istituzioni e dalla politica e reagiscono di conseguenza, manifestando una distanza crescente ed auto-escludendosi dalla partecipazione.
Qualche dato: due su tre dichiarano di non avere fiducia nelle istituzioni (contro il 35% di coloro che hanno una buona condizione economica).
La sfiducia investe anche l’Unione Europea (67%) oltre al governo (71%), a cui solo una stretta minoranza riconosce meriti sulle singole aree di intervento.
Riguardo alla politica, il distacco appare molto netto: se consideriamo l’auto-collocazione, il 24% dei ceti in difficoltà si considera di sinistra o centrosinistra, il 5% di centro, il 23% di destra o centrodestra e ben il 48% non si riconosce nell’asse destra-sinistra.
Con l’eccezione del Presidente Mattarella, apprezzato dal 51% (contro il 64% sull’insieme degli elettori), tutti gli altri leader fanno registrare un gradimento davvero modesto: solo tre superano il 20% (Conte 27%, Schlein 24% e Tajani 23%), mentre tutti gli altri ottengono tra il 9% e il 17% di apprezzamento.
Alla luce di questi dati, non stupisce che il tasso di astensione alle politiche e alle europee abbia toccato i valori più elevati tra le persone di condizione economica bassa: 49,4% alle politiche contro il 39,3% complessivo (considerando anche le schede bianche e nulle) e 75,7% alle europee contro il 53,1% generale.
Le intenzioni di voto attuali confermano la volontà prevalente di disertare le urne o manifestano indecisione (53,7%, un dato superiore rispetto alle ultime politiche) e, tra coloro che viceversa indicano una preferenza, prevale il M5s (22,9%), seguito da Fdi e PD appaiati al 18,6%, dalla Lega con l’11,4%, quindi Forza Italia con il 7,6% e Alleanza Verdi Sinistra con il 6,9%.
Conquistare questo elettorato appare un’impresa improba non solo per la presa di distanza dalla politica dei ceti in difficoltà economica, ma soprattutto per la scelta dei principali partiti di adottare strategie politiche che privilegiano più il mantenimento dell’elettorato attuale rispetto all’acquisizione di nuovi elettori, in particolare quelli provenienti dall’astensione.
Tutto ciò alimenta un circolo vizioso, dato che la percezione di essere marginali acuisce l’auto-esclusione dalla vita politica e sociale dei più poveri.
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