Delitto di Garlasco, il “ritorno” delle gemelle Cappa. Il “teste” che vide Stefania in bicicletta con “un’asta” ma ritrattò
Nel giorno in cui mercoledì la procura di Pavia ha accelerato – con perquisizioni ad Andrea Sempio e il suo entourage e ricerche in un canale a Tromello – l’attenzione si è spostata su due vecchie protagoniste dell’estate del 2007 subito dopo la morte violenta di Chiara Poggi, le gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine […] L'articolo Delitto di Garlasco, il “ritorno” delle gemelle Cappa. Il “teste” che vide Stefania in bicicletta con “un’asta” ma ritrattò proviene da Il Fatto Quotidiano.

Nel giorno in cui mercoledì la procura di Pavia ha accelerato – con perquisizioni ad Andrea Sempio e il suo entourage e ricerche in un canale a Tromello – l’attenzione si è spostata su due vecchie protagoniste dell’estate del 2007 subito dopo la morte violenta di Chiara Poggi, le gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine della vittima, finite del frullatore per un maldestro fotomontaggio.
Le gemelle – Stefania e Paola, food blogger che vive all’estero, entrambe non indagate e figlie di una sorella del padre di Chiara, erano finite sotto i riflettori per la foto fake. Stefania – che in video mostrato da Chi l’ha vistoabbraccia lungamente Alberto Stasi nella caserma dei carabinieri quattro giorni dopo il delitto – mise a verbale di aver passato quella mattina in casa a studiare un esame.
Il nome di Stefania, oggi avvocata, emerge di nuovo dopo che alcune testimonianze che l’avrebbero collocata (un verbale fu ritrattato all’epoca) in bici a Garlasco e con un oggetto pesante in mano non lontano dalla villetta dei Poggi, ma anche nei pressi di quel canale vicino a casa della nonna delle gemelle a Tromello, dove ieri si è cercata la presunta arma del delitto e si sono recuperati alcuni attrezzi tra cui un martello. La ragazza, secondo un altro “testimone” intervistato dalla Iene, sarebbe stata vista portare in quella casa un borsone pesante. Poco dopo si sarebbe udito un tonfo, come di qualcosa gettato nel canale. Un racconto de relato ovvero riferito da altri e chi raccontò e anche la persona presente sono morti.
Il verbale ritrattato – Marco Demontis Muschitta, dipendente dell’Asm di Vigevano incaricato di controllare le centrali dell’acqua potabile, sentito il 27 settembre 2007 dall’allora pm Rosa Muscio, nelle prime indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto dello stesso anno a Garlasco, disse aver visto una bicicletta che andava a zig-zag con in sella una ragazza con i capelli a caschetto biondi e in mano una sorta di asta di metallo, color canna da fumo, con un’estremità a forma di pigna. Dichiarazioni ritrattate subito dopo sostenendo che si era inventato tutto.
Le dichiarazioni – Quelle dichiarazioni, incrociate con le parole del testimone che ha riferito dell’episodio di Tromello e sentito nella nuova indagine in cui è indagato Andrea Sempio, hanno portato mercoledì a cercare l’arma del delitto, mai trovata, in un canale: lì sono stati rinvenuti una serie di oggetti anche di metallo tra cui un martello che è ora al vaglio di inquirenti e investigatori. Martello che, al momento, non si sa se sia a coda di rondine e con il manico di legno, come quello che era sparito a casa dei Poggi. Ma anche se lo fosse una perizia, eseguita in primo grado, aveva escluso che il martello sparito potesse essere l’arma usata dal killer di via Pascoli.
Ritornando a Muschitta quasi 18 anni fa aveva detto che la mattina dell’omicidio, mentre si trovava a Garlasco, “percorrendo via Pavia, la mia attenzione è stata attirata da una bicicletta che ho visto uscire da una via laterale a sinistra rispetto al mio senso di marcia. Non so indicare con precisione se questa via laterale fosse Via Pascoli (dove si trova la villa dei poggi, ndr.) o un’altra. Non so indicare se potesse essere quella immediatamente prima o quella immediatamente dopo o un’altra ancora”.
La ragazza in bicicletta – “Questa bicicletta mi ha colpito perché non c’era nessun altro veicolo a quanto mi ricordo, perché non procedeva regolarmente ma andava leggermente a zig zag come se il conducente avesse qualcosa di ingombrante nella mano destra. A questo punto – prosegue il verbale – ho guardato con attenzione e ho visto che a bordo di questa bicicletta, c’era una ragazza con i capelli biondi a caschetto, con gli occhiali da sole mascherina scuri come quelli che vanno di moda adesso”. “Questa ragazza aveva delle scarpe bianche con una stella blu. Non ho visto le gambe della ragazza e quindi aveva sicuramente un pantalone lungo, di cui non ricordo il colore. Non ricordo neppure se indossasse una maglietta o altro e il colore della stessa. Invece ho notato che aveva nella mano destra un piedistallo tipo da camino grigio-canna di fucile con in testa tipo una pigna. Preciso che la ragazza teneva il manubrio con tutte e due le mani ma con la destra impugnava sia il manubrio” che “questo oggetto (…) Giuro che ho visto questa ragazza che impugnava con la mano destra l’oggetto che ho descritto”.
La bicicletta nera – Una bicicletta da donna nera fu indicata subito dopo il delitto da una testimone, ma quella posseduta dalla famiglia Stasi venne solo visionata da un maresciallo, che non la sequestrò perché non corrispondeva alla descrizione. Il carabiniere è stato poi condannato per falsa testimonianza. Sarà acquisita solo dopo 7 anni nel processo d’appello ‘bis’, quando si scoprirà inoltre che la famiglia Stasi ne aveva un’altra nella casa al mare. Non furono controllate altre bici nere da donna di proprietà di persone legate alla vittima.
Sul caso della bicicletta erano entrati nel merito proprio i giudici della Cassazione che ribadirono come “la scelta anomala di non sequestrare nell’immediatezza la bicicletta nera da donna della famiglia Stasi” è “stata correttamente individuata come un evento che avuto indubbie ripercussioni negative” sulle indagini. Bici che era stata vista appoggiata al muretto della casa dei Poggi intorno alle 9 del 13 agosto 2007, orario compatibile con l’omicidio di Chiara, da una testimone.
La bicicletta sarà sequestrata, però, solo nel 2014, a sette anni dall’omicidio, quando qualcuno le aveva già sostituito i pedali, dove furono poi ritrovate tracce del Dna di Chiara Poggi. Una prova che, se acquisita subito, avrebbe potuto cambiare il tortuoso iter processuale. “Un anello mancante” nell’andamento dell’attività investigativa come tanti altri tra errori e omissioni. Ma nonostante il mancato sequestro, la Cassazione aveva spiegato che nel vagliare gli indizi che avevano portato a ritenere Stasi colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”, la Corte d’appello di Milano nel processo bis si era correttamente fatta carico della “mancanza di tale tassello”, valorizzando gli altri elementi probatori.
Gli amici di Sempio – Ci sono – anche loro non indagati – i ragazzi che frequentavano casa Poggi a Garlasco, amici storici del fratello di Chiara, Marco, e quindi pure di Andrea Sempio. Ieri anche al 36enne Mattia Capra e al 37enne Roberto Freddi, infatti, sono stati portati via per le analisi – con perquisizioni “presso terzi” ossia nei confronti di persone non iscritte nel registro degli indagati – telefoni, dispositivi informatici e documenti. “Altri amici in comune si portavano con la bicicletta presso l’abitazione dei Poggi e precisamente Andrea Sempio, Mattia Capra e Roberto Freddi. Era questa la nostra comitiva”, aveva messo a verbale nel 2008 un altro ragazzo, che poi divenne frate. Roberto e Mattia vennero ascoltati nell’ottobre di 17 anni fa: poco più che 18enni andavano, soprattutto nel fine settimana, nella villetta di via Pascoli per giocare al computer con Marco Poggi e Sempio nella stanza di Chiara. Lei la conoscevano ma non la frequentavano, perché era più grande.
Come risulta dagli atti di quel periodo, Freddi arrivava con una bici da donna della madre, mentre Mattia, che giocava con Marco nel Garlasco calcio, con una mountain bike. I due avevano spiegato agli inquirenti che erano rimasti a Garlasco la mattina dell’omicidio, anche poco prima delle 10. Circostanza che sarebbe esclusa da accertamenti sulle celle telefoniche. Pare, dunque, che la Procura voglia capire se i due possano custodire elementi utili per puntellare indizi a carico dell’amico 37enne. Alle 9.58 del 13 agosto 2007 Sempio, come si legge negli atti che nel 2017 portarono all’archiviazione, chiamò Mattia Capra. Telefonata di un secondo perché probabilmente l’amico non rispose. Poi Sempio si sarebbe spostato con la macchina, stando alla sua versione che non convince i pm, verso Vigevano per andare in una libreria. Rientrato a Garlasco “fu contattato dagli amici”. E Capra gli mandò un messaggio alle 11.10. Sui due, tra l’altro, sono già state fatte acquisizioni di materiale biologico per comparazioni nella nuova consulenza sul Dna di Sempio, utili pure per le attività dell’incidente probatorio.
L'articolo Delitto di Garlasco, il “ritorno” delle gemelle Cappa. Il “teste” che vide Stefania in bicicletta con “un’asta” ma ritrattò proviene da Il Fatto Quotidiano.