India-Pakistan, raid e morti. C’è il rischio di una guerra totale

Almeno 46 le vittime tra gli attacchi di Nuova Delhi e la risposta di Islamabad. Le ragioni di un eterno conflitto. Il generale Napoletano: "Anche la religione ha giocato un ruolo nella divisione dei due Paesi".

Mag 8, 2025 - 06:38
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India-Pakistan, raid e morti. C’è il rischio di una guerra totale

Boni

Il mondo già in ebollizione per il conflitto in Ucraina e l’inferno di Gaza ora è costretto a girare lo sguardo verso l’esplosione improvvisa di uno dei conflitti dimenticati. Nell’ Est del globo sono entrati in azione aerei da combattimento, artiglieria pesante, truppe a terra: l’India ha attaccato il Pakistan accusandolo del raid terroristico che il 22 aprile ha fatto 26 vittime tra i turisti a Pahalgam nella regione contesa del Kashmir. Islamabad nega con replica: "È un atto di guerra, risponderemo". Brutta storia. Sembra un episodio della "terza guerra mondiale a pezzi" di cui parlò papa Francesco. Per l’India l’operazione Sindoor è un raid preventivo contro altri attentati: "Abbiamo neutralizzato 80 guerriglieri in 9 siti tra rampe di lancio e centri di addestramento". Sul campo, dunque, è già un massacro col rischio di un’escalation tra due potenze nucleari e storicamente nemiche per il contrasto sui confini del Kashmir. Nel groviglio geopolitico di questa regione una fetta è in territorio cinese.

Nella girandola delle cifre (difficili da verificare) Islamabad lamenta 31 pachistani uccisi e 57 feriti negli attacchi dell’esercito indiano. Nuova Delhi afferma che almeno 15 civili hanno perso la vita e 29 sono rimasti feriti dai raid pachistani. Le diplomazie del mondo sono in allarme e cercano di gettare acqua sul fuoco. Ma la tensione resta alta. Intanto sono stati cancellati 550 voli commerciali: 417 in India, 135 in Pakistan, decine di aeroporti sono chiusi, centinaia di persone sono evacuate. La contabilità dopo il raid di mercoledi, nella notte italiana, è pesante. L‘aviazione indiana ha lanciato missili nel Kashmir e nel Punjab pachistano. Colpita anche una moschea con dieci morti nella famiglia di un leader estremista islamico. Sulla Linea di controllo, cioè il confine mai riconosciuto dai due Stati, si sono affrontate le truppe in scontri a fuoco, mentre il primo ministro pachistano annuncia l’abbattimento di cinque caccia indiani nel duello dei cieli.

"Anche la religione ha giocato un ruolo nella divisione tra i due Paesi", spiega il generale Remo Napoletano, per anni addetto militare nell’ambasciata italiana a Islamabad. "Quando si dissolse l’impero britannico e si crearono due Stati indipendenti la classe colta indù, fatta di ingegneri e tecnici, si spostò in India lasciando il Pakistan islamico in difficoltà in tanti settori, compreso quello idrico. Poi c’è il braccio di ferro sul Kashmir. Da anni le truppe indiane e pachistane si scontrano sui ghiacciai a 6mila metri. Ho visto soldati pachistani scendere a valle stremati, con i polmoni bruciati per la mancanza di ossigeno".

E nello scenario non è da sottovalutare la presenza della Cina. Spiega il professor Simone Dossi, docente di relazioni internazionali alla Statale di Milano: "La Cina ha storicamente rapporti di collaborazione col Pakistan. È un punto di riferimento, come dimostra la collaborazione nel Corridoio economico Cina-Pakistan che gioca un ruolo essenziale nei progetti cinesi di sviluppo delle regioni occidentali". E poi c’è il nodo Kashmir. "La Cina ha una controversia confinaria con l’India, che si sovrappone a quella tra India e Pakistan: una regione controllata dalla Cina al confine col Pakistan è rivendicata dall’India. Inoltre, Nuova Delhi ha contestato il fatto che il Corridoio economico Cina-Pakistan attraversi il Kashmir controllato dal Pakistan. Qui le politiche indiane preoccupano Pechino per i riflessi sulla controversia territoriale Cina-India. Nel 2019, Nuova Delhi ha revocato lo statuto di semi-autonomia del Jammu-Kashmir, mettendolo sotto controllo del governo: la revoca ha interessato anche il Ladakh, che nella rivendicazione indiana include l’Aksai Chin controllato dalla Cina. Ma Pechino dice no". La Cina ora, secondo Dossi, può giocare un ruolo pacificatore. "La ripresa del conflitto rischia di ostacolare il riavvicinamento con l’India. Pechino vuole stabilizzare le relazioni anche con altri interlocutori, con la Ue c’è un atteggiamento dialogante". Intanto si spara ancora.