Il cardinale Müller: “La dottrina non si svende. Rischio onda protestante”
Il prefetto emerito dell’ex Sant’Uffizio, conservatore: serve un dottore della Chiesa. “Ora le donne aspirano al potere vaticano. Un Papa italiano? Basta infantilismi”

Città del Vaticano, 4 maggio 2025 – “Non si devono lasciare indietro la dottrina e la verità della Chiesa solo per ragioni di diplomazia. Gesù ha usato anche parole molto dure su Erode, mentre in Vaticano si è ricevuto ed elogiato il presidente Emmanuel Macron per la lotta alla fame del mondo senza rimproverargli le politiche laiciste e a favore dell’aborto”. Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, 77 anni, ci riceve nel suo appartamento poco fuori Porta Angelica. Nello studio, illuminato a giorno, un profumatore d’ambiente diffonde sentori d’incenso e vaniglia. Lungo le pareti si rincorrono centinaia di libri di teologia, il cuore della fede, alle volte anche tagliente, trova spazio su ordinate e curate scansie. Rigore e gentilezza, sostanza e forma si sommano anche nel profilo dell’ex prefetto della Dottrina della fede che per anni la stampa ha ritratto agli antipodi di Francesco.
Eminenza come sta vivendo questo periodo di sede vacante, a pochi giorni dal Conclave?
“È una fase del tutto naturale, perché i Papi sono come noi, ad un certo punto devono morire. Per questo abbiamo la successione dei Pontefici, anche se il contenuto della missione è sempre lo stesso, dato da Gesù. E non può essere cambiato dai vescovi, né da un Papa, sia o meno un grande comunicatore”.
Voi cardinali quindi entrate in Cappella Sistina per eleggere il successore di Pietro e non di Francesco?
“Sì, orizzontalmente viene scelto chi viene dopo il Papa defunto, ma dogmaticamente si elegge chi assolverà al ministero petrino”.
Quello di Bergoglio l’ha vissuto come un papato problematico?
“Dal punto di vista oggettivo non era un teologo eccezionale come il suo predecessore, Joseph Ratzinger. Francesco ha portato con sé il sentire e lo stile dell’America Latina. Ha insistito sulla povertà e le periferie del pianeta ed esistenziali, un aspetto di cui sono stato contento. Alcuni hanno visto un certo sbilanciamento sull’ortoprassi, la pastorale, a discapito dell’ortodossia che, se va coniugata con la misericordia, non può essere sottaciuta o stravolta. Giovanni Paolo II, che non era un teologo come Benedetto XVI, ha sempre denunciato il peccato, pur parlando con amore del peccatore”.
La Chiesa rischia una sorta di luterizzazione ossia di diventare protestante?
“In qualche modo questo pericolo esiste, complice l’accento sul Sinodo dei vescovi quasi fosse un Parlamento oppure in ragione delle aperture cosiddette moderne in tema di morale. Poi ci sono le donne che adesso ambiscono al potere vaticano. La Santa Sede, però, non è un centro di potere come uno Stato, è al servizio della verità”.
Che cosa ne pensa di come è stato celebrato anche da morto Francesco?
“La partecipazione è stata impressionante così come la preghiera di milioni di fedeli, ma questo non ha nulla a che vedere con una monarchia assoluta in senso secolare”.
All’ultimo saluto hanno partecipato più di 450mila persone, però.
“Tra questi c’erano tanti accorsi sull’onda dell’effetto mediatico, del personaggio. Non erano certo tutti lì per un autentico spirito di fede”.
Alla cristianità non basta un pastore?
“Serve un pastore e un dottore della Chiesa”.
Come giudica le fake news su un papabile come Pietro Parolin?
“Non ho sentito nulla. A ogni Conclave c’è sempre chi cerca di portare avanti una propria corrente o un candidato della propria nazione. Chi vuole un Papa italiano o africano. Trovo questo atteggiamento infantile”.
In Congregazione generale ha avuto modo di ascoltare qualche intervento capace di colpirla particolarmente?
“Non è successo finora, ma devo dire che sono piuttosto diffidente rispetto a chi parla con enfasi e trasporto. Noi tedeschi siamo meno emotivi e più razionali, pur avendo anche noi le nostre emozioni. L’importante è che tutti i fedeli preghino per un buon Papa, vescovo di Roma e vicario di Cristo”.