I salari reali italiani sono i più bassi del G20, ma cosa vuol dire?

Gli stipendi italiani sono i peggiori di tutti i Paesi del G20, con un declino senza sosta di di 8,7 punti: cosa significa per i lavoratori della Penisola l'allarme dell'Oil

Mar 28, 2025 - 17:16
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I salari reali italiani sono i più bassi del G20, ma cosa vuol dire?

L’Italia si conferma il fanalino di coda del G20 sul fronte salariale. Secondo il Rapporto mondiale sui salari dell’Organizzazione mondiale del Lavoro, pubblicato il 24 marzo 2025, i salari reali nel nostro Paese sono inferiori di 8,7 punti rispetto al 2008. Una performance negativa che ci distingue nel panorama internazionale, segnando un arretramento senza pari tra le economie avanzate ed emergenti.

Il declino senza sosta degli stipendi italiani

L’analisi dell’Oil evidenzia come l’Italia sia l’unico Paese del G20 in cui i salari reali siano ancora sotto i livelli pre-crisi finanziaria del 2008. Infatti, anche se nel 2024 si è registrata una crescita salariale, questa non è stata sufficiente a recuperare le perdite accumulate negli anni di alta inflazione e crisi economiche successive.

Per questo motivo, come ha spiegato l’economista Giulia de Lazzari dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, questo può essere considerato oggi il “risultato peggiore tra i Paesi del G20”, confermandosi un trend che penalizza lavoratori e famiglie.

Perché è un problema se i salari reali diminuiscono

Tuttavia, per comprendere la portata di questi dati, è essenziale chiarire cosa si intende per salari reali. A differenza dei salari nominali, che rappresentano l’importo effettivo percepito dai lavoratori, i salari reali tengono conto dell’inflazione e misurano il potere d’acquisto effettivo dello stipendio. Quindi, se il costo della vita aumenta più rapidamente rispetto agli stipendi, il salario reale diminuisce, riducendo la capacità di acquistare beni e servizi.

Anche se il tasso di occupazione, a gennaio 2025, secondo l’Istat risulta al 62,8% (in crescita di +0,4 punti), questo miglioramento apparente non può essere considerato quindi il segnale di un mercato del lavoro stabile e forte, poiché di fatto manca un incremento salariare adeguato.

Questo indica infatti che molti nuovi occupati accedono a lavori con retribuzioni basse o precarie, che non consentono né un reale miglioramento del potere d’acquisto né un miglioramento delle condizionai contrattuali.

Quindi, mentre in altri Paesi le retribuzioni non hanno tenuto il passo con la crescita economica e l’inflazione, in Italia i salari sono rimasti al palo, rappresentando un problema sia per la sostenibilità del tenore di vita delle famiglie che per la competitività del sistema produttivo.

Quali sono le conseguenze per l’economia italiana

Il calo dei salari reali incide direttamente sui consumi e sulla domanda interna, con ripercussioni negative sulla crescita economica. Inoltre, una remunerazione stagnante spinge sempre più giovani e lavoratori qualificati a cercare opportunità all’estero, impoverendo ulteriormente il tessuto produttivo italiano.

Di fronte a questo scenario, servirebbero interventi strutturali per invertire la rotta. Tra le possibili soluzioni, spiccano:

  • l’adozione di un salario minimo adeguato;
  • politiche attive per la crescita della produttività;
  • incentivi per la contrattazione collettiva.

Solo un cambio di passo deciso potrà riportare i salari italiani su un percorso di crescita, evitando che il Paese rimanga intrappolato in un circolo vizioso di bassa retribuzione e scarsa competitività.

Il rapporto dell’Organizzazione internazionale del Lavoro lancia in questo caso un monito chiaro: l’Italia non può più permettersi di ignorare il problema o adagiarsi sull’apparente aumento dei salari.

La sfida per il futuro non è solo quella di recuperare il terreno perduto, ma di costruire un modello di crescita sostenibile e inclusivo, che rimetta al centro il valore del lavoro e la dignità dei lavoratori.