Addio Sci tradizionale? Come il Cambiamento Climatico sta ridisegnando ALPI e APPENNINI
Il cambiamento climatico sta esercitando una pressione crescente sull’industria del turismo invernale, mettendo in discussione la sostenibilità del modello tradizionale basato quasi esclusivamente sugli sport legati alla neve. In Italia, così come in molte altre regioni montane del mondo, l’aumento delle temperature, la scarsità di neve naturale e la crescente imprevedibilità delle condizioni meteorologiche […] Addio Sci tradizionale? Come il Cambiamento Climatico sta ridisegnando ALPI e APPENNINI

Il cambiamento climatico sta esercitando una pressione crescente sull’industria del turismo invernale, mettendo in discussione la sostenibilità del modello tradizionale basato quasi esclusivamente sugli sport legati alla neve.
In Italia, così come in molte altre regioni montane del mondo, l’aumento delle temperature, la scarsità di neve naturale e la crescente imprevedibilità delle condizioni meteorologiche stanno alterando profondamente le dinamiche stagionali che per decenni hanno sostenuto l’economia di intere comunità alpine.
Negli ultimi anni, il fenomeno della carenza di neve si è acuito in maniera significativa, colpendo soprattutto le stazioni sciistiche situate a bassa e media quota. A oggi, circa il 90% delle piste da sci italiane dipende dalla neve artificiale per restare operative.
Tuttavia, anche questa soluzione, un tempo considerata un valido correttivo, sta diventando sempre meno efficace e sostenibile. Le temperature elevate impediscono spesso di attivare i cannoni sparaneve, e quando lo si può fare, i costi ambientali ed energetici sono elevatissimi.
La produzione di neve artificiale, infatti, richiede enormi quantità di acqua e di energia, contribuendo paradossalmente all’emissione di gas serra e aggravando le crisi idriche che colpiscono regolarmente molte regioni italiane, specialmente durante la stagione estiva.
A fronte di un clima in rapido mutamento, il settore turistico invernale si trova quindi nella necessità non solo di adattarsi, ma di ripensare radicalmente il proprio modello economico. Il calo progressivo dei flussi turistici nelle località sciistiche italiane, già ampiamente documentato da numerosi studi, rischia di diventare strutturale se non verranno messe in atto strategie di riconversione e diversificazione.
Una delle strade più promettenti è rappresentata dall’ampliamento dell’offerta turistica oltre la sola stagione invernale. Attività come il trekking, la mountain bike, l’arrampicata o persino sport acquatici praticabili su laghi artificiali, possono trasformare le località montane in destinazioni attrattive tutto l’anno, riducendo la dipendenza economica dalla neve.
Parallelamente, un altro fronte su cui intervenire è quello della riprogettazione degli impianti esistenti. In alcuni casi, spostare le strutture a quote più elevate potrebbe consentire una maggiore affidabilità del manto nevoso, anche se questa soluzione non è esente da impatti ambientali.
Molto più efficace e lungimirante sarebbe puntare sull’innovazione tecnologica e sulla sostenibilità. Sistemi di innevamento alimentati da fonti rinnovabili, tecniche di “snow farming” per conservare la neve naturale, utilizzo di intelligenza artificiale e GPS per gestire in modo ottimale le piste, sono tutte possibilità concrete che possono contribuire a ridurre l’impronta ecologica del turismo montano.
Anche la gestione delle risorse idriche rappresenta un nodo cruciale. Investire in bacini di raccolta non solo faciliterebbe la produzione di neve quando necessaria, ma offrirebbe una riserva utile per fronteggiare la siccità estiva e per sostenere la prevenzione degli incendi boschivi. L’adozione di soluzioni integrate, che tengano insieme le esigenze del turismo con quelle dell’ambiente, è ormai imprescindibile.
Infine, è fondamentale affiancare le strategie di adattamento a un impegno concreto nella mitigazione dei cambiamenti climatici. La riduzione delle emissioni nelle strutture ricettive e il sostegno a programmi di riforestazione o di compensazione del carbonio, devono diventare pilastri di una visione a lungo termine.
Le comunità montane, già in prima linea nell’affrontare gli effetti tangibili del riscaldamento globale, hanno oggi l’opportunità e la responsabilità di guidare il cambiamento verso un nuovo equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale.
Il futuro degli sport invernali non può più essere legato esclusivamente all’affidabilità della neve, ma dovrà basarsi sulla resilienza, sull’innovazione e su un profondo ripensamento del rapporto tra uomo, territorio e clima. Solo attraverso questo approccio integrato sarà possibile garantire un futuro alle economie alpine e alle generazioni che verranno.
Addio Sci tradizionale? Come il Cambiamento Climatico sta ridisegnando ALPI e APPENNINI