I retroscena del Conclave: italiani divisi e scontenti. Parolin al palo, Filoni non decolla. Fronte Usa con africani e asiatici
Il dietro le quinte di un’elezione sprint, chiusa il secondo giorno al quarto scrutinio. Segretario di Stato costretto al passo indietro: non sarebbe arrivato ai 40 voti

Città del Vaticano, 10 maggio 2025 – In Vaticano c’è soddisfazione tra le ali più moderate se non proprio conservatrici: “Il nuovo Papa andrà a vivere al Palazzo apostolico”, “conosce benissimo il latino”, rimbalza già di chat in chat. Leone XIV ha molti hobby, “ama guidare la macchina, lo sport”, “è un tennista”, sembra sia anche un tifoso della Roma e quando era negli States del baseball. Insomma, in tanti sperano ora di archiviare in fretta un’era di pauperismo (apparente) e quell’ingombrante ed impegnativa etichetta di Chiesa povera per i poveri che Francesco aveva imposto. Un’indicazione emersa già nelle fasi preparatorie al Conclave: continuità sì, ma fino a un certo punto. Per questo anche, era emerso il segretario di Stato Pietro Parolin, come uno dei candidati più forti.
Invece, adesso c’è delusione tra gli italiani, e anche rabbia. La sensazione di aver sprecato un’occasione, quella di far tornare il papato nelle mani di un italiano. Occasione che, sulla carta, non tornerà in tempi brevi: il neo eletto, Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV, è relativamente giovane, 69 anni. Le divisioni sono costate care all’interno di un fronte che potenzialmente poteva contare su 17 voti ma che li ha subito dispersi tra rivalità e vecchie e nuove ruggini come il caso Becciu. Nelle fasi preparatorie al Conclave nomi italiani, oltre a quello di Parolin, erano emersi. Troppi. Alcuni si erano concentrati su figure più “bergogliane” come il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, forte pure di un gradimento trasversale per la sua attività internazionale al fianco della Comunità di Sant’Egidio. Altri su Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, francescano gradito anche all’universo di Comunione e Liberazione. Nomi che però non sono mai veramente decollati e che hanno fatto scattare una specie di piano B, profilato da vecchie guardie e da influencer forti sul conclave, come il cardinale Camillo Ruini. Questo piano in extremis aveva individuato nel diplomatico italiano, Fernando Filoni, un uomo ancora più rassicurante per la sua conoscenza della Curia, dell’istituzione, per la padronanza delle norme e il coraggio dimostrato come quando fu l’ultimo diplomatico a lasciare Baghdad sotto le bombe.
Nelle stesse ore però, gli americani stavano trovando una inaspettata compattezza attorno alla figura ponte di Prevost, che poi, una volta entrato in Conclave ha incontrato il gradimento anche degli asiatici (in funzione anti-Cina) e degli africani, in funzione di argine alle aperture al fronte gay e allo sfaldamento della famiglia tradizionale uomo-donna. Le prime votazioni hanno subito bruciato Parolin che non sarebbe arrivato ai 40 voti promessi. Un prelato della sua intelligenza ha immediatamente compreso la situazione avanzando il gesto nobile del passo indietro. Dopo i due scrutini della mattinata di giovedì, al momento del pranzo c’è stato il confronto decisivo. E drammatico. Da lì tutto si è consumato in fretta. I voti sono traboccati su Prevost eletto al quarto scrutinio. A quel punto, proprio a Parolin, il primo dei cardinali per ordine, a nome di tutto il collegio è toccato il compito di pronunciare la formula di accettazione in latino: “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?”. In sostanza, “Accetti?”. Pochi secondi per guardarsi negli occhi tra vincitore e sconfitto. Pochi secondi per realizzare che il sogno del Papa italiano è ancora una volta, dopo 47 anni, infranto.