Matthews Scholes sul Makalu: una bella impresa e un errore che poteva costare caro

Lo scalatore australiano ha raggiunto da solo e senza ossigeno la vetta del Makalu prima che le squadre di sherpa finissero di attrezzare la via. In discesa si è addormentato al campo 4 senza togliersi gli scarponi. Inevitabili i congelamenti L'articolo Matthews Scholes sul Makalu: una bella impresa e un errore che poteva costare caro proviene da Montagna.TV.

Mag 10, 2025 - 07:09
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Matthews Scholes sul Makalu: una bella impresa e un errore che poteva costare caro

Gli Sherpa che attrezzano la via per la vetta del Makalu si fermano? Tutti fanno dietrofront. Tutti tranne uno. Lui è Matthew Scholes, australiano di 36 anni. Sta salendo senza ossigeno supplementare e in solitaria, non deve rendere conto a nessuno. Se non a se stesso. Così prosegue. Da solo, di notte e senza corde fisse.

Non è una follia, Scholes non è uno sprovveduto. Nel 2022, per esempio, ha percorso la via tracciata nel 1976 da Peter Boardman e Joe Tasker sulla tremenda parete ovest del Changbagang  e che da allora aveva respinto più di dieci spedizioni. Così, tanto per dire.
Scholes, dunque, va avanti. Si sente in forma, l’acclimatamento è stato ben condotto con ripetute rotazioni alle quote inferiori. “La neve era profonda, tranne che sulla cresta finale della vetta, e il tempo era perfetto. Non aveva senso rinunciare solo perché le linee fisse erano state sepolte”, ha dichiarato poi l’australiano.
Il mattino seguente dai campi inferiori osservano Scholes sul Couloir francese. Alle 12.40  è lui stesso a comunicare di aver raggiunto la cima, quasi 17 ore dopo aver lasciato il campo IV.

La fatica che riduce la lucidità. E la disattenzione è in agguato

E’ il momento di scendere, la fatica e la quota lasciano il segno, la lucidità diminuisce. Quando Scholes raggiunge la sua tenda al campo 4, all’imbrunire, ha scalato per 23 ore consecutive. Sfinito, si addormenta all’istante. Senza togliersi gli scarponi, però. E il gelo fa il suo sporco lavoro. Al risveglio i piedi sono intorpiditi, Scholes capisce cosa sta accadendo, ma non ha scelta. Deve scendere, il più in fretta possibile. Raggiunto il campo 2, recupera del materiale, il suo zaino pesa ormai 30 kg e i piedi sono messi sempre peggio. Finalmente, verso le 15 eccolo al campo base avanzato (6.100 m) dove, oltre ai dovuti festeggiamenti, riceve le prime cure. “Otto dita dei piedi su 10 erano di colore scuro e ricoperti di vesciche”, riferisce Saulius Damulevicius, lo scalatore lituano tra i primi ad accoglierlo.  Poi il trasporto all’ospedale Kathmandu dove i medici non riscontrano, per fortuna, congelamenti troppo gravi.

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