I cardinali alla prova del Conclave. “Decisive le congregazioni generali”
Il canonista De Oto: “Dai vertici emergono profili e nomi”. Parolin favorito, ma salgono Tagle e Aveline

Città del Vaticano – Il dopo Bergoglio si decide adesso prima ancora che in Cappella Sistina. Sono le congregazioni generali dei cardinali, elettori e non, l’occasione giusta per inquadrare le priorità della Chiesa, tracciare un profilo del successore e misurare il peso di uno o dell’altro candidato capace di prendersi la scena. “Sono riunioni per certi versi decisive nell’economia della scelta di un nuovo Papa – osserva Antonello De Oto, docente di Diritto canonico ed ecclesiastico all’Università di Bologna –. Vi partecipano anche i porporati over 80, come tali esclusi dal Conclave. Tra questi gli italiani Angelo Bagnasco, Angelo Comastri e Gualtiero Bassetti avranno un ruolo determinante data la loro influenza”.
Nel 2013, una volta ritiratosi Benedetto XVI, all’arcivescovo di Buenos Aires, il futuro Francesco, bastarono cinque minuti per rubare i cuori dei porporati con il suo discorso alle congregazioni generali sulla Chiesa in uscita e ospedale da campo. Non entrò in Conclave da Papa – tale sorte spettò ad Angelo Scola –, ma senza saperlo aveva già messo più di un alluce nel Palazzo apostolico. Pardon, a Santa Marta.
Sepolto il Pontefice argentino, domani riprenderanno le congregazioni generali, sospese ieri e oggi per le esequie. Nell’ultimo vertice di venerdì, il quarto dalla morte di Bergoglio, nell’Aula del Sinodo erano presenti 149 porporati su un totale di 252 componenti il Collegio cardinalizio. Gli interventi sono stati 33 per lo più incentrati sul rapporto fra Chiesa e mondo. E chissà che non ci sia già stato un qualche discorso dirompente. Conti alla mano, su 133 elettori – in due hanno dato forfait per malattia –, il fronte progressista può vantare una cinquantina di presuli più o meno liberal. I conservatori si fermano a 35. Ma attenzione, i numeri possono trarre in inganno. Vuoi perché serviranno 89 voti, i 2/3 dei partecipanti in Cappella Sistina, per aversi la fumata bianca; vuoi perché il Conclave del 2013 quanto a composizione guardava più a destra. E, invece...
Difficile comunque che si possa proseguire su una linea ancora più riformista. Per intenderci, i liberal Reinhard Marx e Jozef De Kesel, più che pretendenti al soglio petrino, saranno dei kingmaker. Anche l’identità e il carisma dei candidati faranno la differenza nel solco di un’eredità bergogliana che pochi intendono stravolgere.
Luis Tagle, 67 anni, pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha le sue chance. Al pari del 69enne Matteo Zuppi, capo della Cei, e del paladino del dialogo con l’islam, il francese Jean Marc Aveline, 66 anni. Ma il favorito continua ad essere il 70enne Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Rassicura la destra che, se non riuscirà a spingere il carmelitano scalzo Anders Arborelius, 75 anni – defilato l’ancor più rigido Peter Erdő (72) –, potrebbe accontentarsi di una continuità mitigata con Bergoglio. Il dialogo fra i big della Terra apparecchiato in San Pietro ai funerali del Papa è di gran lunga merito suo. E non è poco.