Dazi "Stop al patto di stabilità"
Giorgetti: reagire è pericoloso. Tajani: negozierà la Commissione. .

Di buono, almeno, c’è che il sabato e la domenica le Borse sono chiuse. Un weekend di decompressione dopo la tempesta dei dazi che ha fatto crollare Piazza Affari come ai tempi dell’attentato alle Torri Gemelle, o come ai tempi del Covid. Ecco, il Covid. A rievocarlo ci ha pensato ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, pur invitando a non farsi prendere dal panico e ribadendo che "l’approccio del governo è pragmatico e razionale, è rischiosa una politica di controdazi".
Ma che cosa c’entra il Covid? Giorgetti, prima di prendersi in serata la scena al congresso della Lega a Firenze, in mattinata recita il mantra del "sangue freddo" davanti a una platea per niente casuale. È al forum di Cernobbio, con il gotha dell’imprenditoria italiana che dai dazi è preoccupata eccome. Mette le mani avanti e ammette che si tratta di una "provocazione", ma la proposta è chiara: "Gli aiuti per i settori e le imprese danneggiate da questa situazione comportano interventi di tipo economico-finanziario a carico del bilancio dello Stato ma se ciò è vero, questo deve essere consentito dalle regole europee". Tradotto: mettere in stand by le regole di bilancio Ue, il patto di stabilità, come già avvenuto – appunto – ai tempi della pandemia da Covid.
Il ministro sa benissimo che "il debito pubblico e i ridotti spazi di bilancio sono un vincolo di cui tener conto in qualsiasi situazione". E quindi auspica che anche a livello europeo si capisca che con questi margini di manovra è difficile fronteggiare la tempesta. D’altra parte, Giorgetti parla dopo aver incassato il giudizio positivo dell’agenzia di rating Fitch (confermato BBB e outlook positivo), che sì certifica l’alto debito come il vero problema, ma riconosce anche che "il rating dell’Italia è supportato dalla sua economia ampia, diversificata e ad alto valore aggiunto, dall’appartenenza all’eurozona e da istituzioni solide".
Provocazione o meno, Giorgetti in realtà dettaglia una proposta che sarebbe in linea con il patto di stabilità così come riformato un anno fa (per inciso: con l’astensione dei partiti di centrodestra in Europarlamento e con l’ok, invece, del governo Meloni). Il punto è l’articolo 25, che consente agli Stati membri di deviare dal percorso della spesa netta nel caso di una grave congiuntura negativa, purché la sostenibilità di bilancio non venga compromessa nel medio periodo. Per il collega Tommaso Foti, ministro degli Affari europei, è "una strada percorribile".
La palla è lanciata nel campo dell’Europa. Isabel Schnabel, componente dell’esecutivo della Bce, anche lei a Cernobbio, fa eco a Giorgetti. "La Ue non è nata per fregare gli Stati Uniti ma per far prosperare l’Europa". E la migliore risposta ai dazi di Trump è rendere la stessa Europa più forte. Anche perché la tempesta è appena all’inizio.
Fin qui Giorgetti e dintorni. Ma il ministro è pur sempre uno dei pezzi grossi della Lega e il tema, nel weekend privo del thrilling dei mercati, è squisitamente politico. E il binomio Lega-dazi vuol dire anche Matteo Salvini e la sua corsa ad accreditarsi come interlocutore privilegiato di Trump. Se Giorgetti fa il "pragmatico e razionale", Salvini non demorde e invoca un bilaterale Usa-Italia. La risposta arriva ancora una volta dall’altro vicepremier, Antonio Tajani, che a Roma ospita un consiglio nazionale di Forza Italia a forti tinte Ppe. "Trattare con gli Usa in materia commerciale – scandisce, invitando le imprese italiane a non delocalizzare – è competenza esclusiva della Commissione Ue, non nostra. Quando si parla si dovrebbero conoscere regole e diritto". Con queste premesse, la task force di domani del governo contro i dazi non parte proprio col sangue freddo.