Chi ci salverà dal male? Gli Usa, l’Ue? L’ennesima disillusione – da ‘Autobiografie della Nazione’

Di seguito un estratto del primo capitolo “La normalità del male” di Autobiografie della Nazione – Sopravvalutai e furbetti nel Paese in declino che l’editore Meltemi pubblica in questi giorni. Il saggio riflette sul declino di valori come generosità e benevolenza a seguito dell’avvento a Occidente della globalizzazione finanziaria e della controrivoluzione Neoliberista; lo smarrimento […] L'articolo Chi ci salverà dal male? Gli Usa, l’Ue? L’ennesima disillusione – da ‘Autobiografie della Nazione’ proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 8, 2025 - 18:11
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Chi ci salverà dal male? Gli Usa, l’Ue? L’ennesima disillusione – da ‘Autobiografie della Nazione’

Di seguito un estratto del primo capitolo “La normalità del male” di Autobiografie della Nazione – Sopravvalutai e furbetti nel Paese in declino che l’editore Meltemi pubblica in questi giorni. Il saggio riflette sul declino di valori come generosità e benevolenza a seguito dell’avvento a Occidente della globalizzazione finanziaria e della controrivoluzione Neoliberista; lo smarrimento da parte delle classi dirigenti del principio dell’interesse generale. Che nel caso italiano ha visto la conquista della scena pubblica da parte di una pletora di inadeguati (sopravvalutati e furbetti) che ne hanno accelerato il declino civile. Messaggio a futura memoria di un quasi ottantenne che ricorda tempi meno crudeli. E meno banali.

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Scrivo queste note avendo ancora negli occhi lo sguardo sacrificale, di Aleksej Navalny, riprodotto nel poster brandito come uno stendardo da un suo sostenitore, mentre fronteggia gli scherani del Signore rintanato nel Cremlino. Icona dolorosa, a cui si assommano con effetti moltiplicativi le immagini dei massacri in corso nella striscia di Gaza.

Un concentrato del dolore mondiale che ormai configge un pensiero: stanno vincendo loro. Pensiero che rimbalza tra le facce dei mandanti: il profilo da rettile di Vladimir Putin; la maschera grottesca di Benjamin Netanyahu, questo politico immarcescibile che era già al governo di Israele nel 2002, al tempo della seconda Intifada, e autorizzava la pratica di marchiare con numeri le braccia dei prigionieri palestinesi, a mo’ di bestie da macello. Così facevano i carcerieri nazisti nei campi di sterminio ad Auschwitz e Mauthausen. Orrore le cui le responsabilità sono certamente indiscutibili. Mentre assai meno facile è individuare chi sia in grado di incarnare la speranza di sconfiggerlo. Anche se rivolgiamo lo sguardo a quell’Occidente che la retorica politica e la propaganda mediatica ci avevano assicurato incarnasse il regno del Bene. La luce che squarcia l’oscurità.

Difficile convincersi che quel cavaliere senza macchia e senza paura sempre atteso siano gli Stati Uniti, che a parte brevi stagioni suscitatrici di speranze – dal New Deal alla “Nuova Frontiera” – ritornano sistematicamente al vizio d’origine: essere nati come plutocrazia coloniale avvolta in panni democratici. Anche se ormai il giochino del soft power benevolo non funziona più, dopo i definitivi smascheramenti della seconda metà del XX secolo: l’apoteosi del cinismo declinato nella storia fallimentare degli interventi della poderosa macchina militare degli States, accompagnati da proclami generosi e dal suono della grancassa, terminati con le fughe precipitose in elicottero. Dal Vietnam all’Afghanistan. Quel secolo americano al lumicino, che ora reclama vittime sacrificali per rituali che santifichino l’illusione della propria durata millenaria.

Come la testa di Assange, reo di aver fatto conoscere un po’ di malefatte e crimini di guerra del “santo” Occidente: da Guantanamo agli intrighi Nato. Costretto a rifugiarsi nel Regno Unito per evitare l’estradizione reclamata da un altro presunto “buono”: il presidente Usa Barack Obama, ansioso di ottenere lo scalpo di chi infrangeva il mito dell’eccezionalità etica americana, per mostrarlo come missione compiuta a quell’establishment stelle-e-strisce da cui il primo presidente afroamericano ambiva ottenere la definitiva cooptazione. Ennesima indecenza, una volta caduta la maschera che mostra la smorfia di Medusa.

Allora ci salverà l’Europa? Ennesima disillusione. La costruzione che scaldò i cuori ai confinati a Ventotene si è rivelata ben diversa dagli Stati Uniti d’Europa, avanguardia della democratizzazione mondiale. In effetti nasceva il cosiddetto “cartello di Bruxelles”, in cui gli Stati-nazione europei potessero, collettivamente, recuperare una qualche sovranità nel nuovo disordine globale, per poi distribuirne i benefici tra i propri membri sulla base di regole oggetto di negoziati senza fine. Ben modesto esito, pronto al successivo ridimensionamento: dopo il trauma del 2008 (la crisi finanziaria globale innescata dal crollo di Wall Street, che ha sancito il definitivo allineamento di Bruxelles all’ordine oligarchico globalizzato), diventare l’ancella al servizio della ristrutturazione neoliberista. Commenta Barbara Spinelli: “è finita anche l’Unione Europea, così come concepita in origine: quale strumento per garantire la pace nel continente, non come fortilizio contro Mosca”.

In questo tempo cattivo anche l’Italia incattivisce. Una mutazione sociale che vede l’ascesa di ricchezze dalla dubbia origine, giunte al potere nella Seconda Repubblica marcata dal super-parvenu Silvio Berlusconi. Un ceto medio-basso famelico che ora si identifica in Giorgia Meloni.


“Autobiografie della Nazione – Sopravvalutai e furbetti nel Paese in declino” di Pierfranco Pellizzetti, Meltemi, in libreria dal 16 maggio 2025

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