A che serve l’intelligenza artificiale in medicina?

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Mag 6, 2025 - 12:38
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A che serve l’intelligenza artificiale in medicina?

Gli usi, consapevoli o meno, dell’intelligenza artificiale hanno certamente cambiato la nostra vita: hanno ridefinito le nostre interazioni col mondo e con gli altri, hanno modificato il lavoro, la produzione di conoscenza e le abitudini quotidiane. Conoscendone meglio le potenzialità – scrivono Alberto E. Tozzi e Diana Ferro, entrambi medici presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (Unità di ricerca Medicina predittiva e preventiva) – l’intelligenza artificiale in medicina può diventare uno strumento prezioso per accrescere le competenze dei professionisti della salute e migliorare la qualità delle cure nell’interesse dei malati.

Alberto E. Tozzi, Diana Ferro, Guida facile all’intelligenza artificiale in medicina. La rivoluzione degli LLM, dei digital twin e degli agenti intelligenti. Il Pensiero Scientifico Editore, 2025 – Pp 185, € 22,00

Un uso consapevole dell’intelligenza artificiale in medicina

Non mancano i problemi, dalla attuale scarsa competenza digitale della popolazione alla mancanza della immensa quantità di dati clinici necessari per costruire algoritmi efficaci, fino al rischio che le nuove modalità di interazione possano alterare la delicata relazione medico-paziente. Per facilitare un uso consapevole all’IA e per dare ai medici la possibilità di accedere a una intelligenza aumentata, gli autori presentano questa guida facile, piuttosto schematica ma equilibrata e comprensibile, con moltissimi riferimenti bibliografici per chi volesse saperne di più, e ben scandita nei diversi argomenti.

L’ABC dell’intelligenza artificiale

Una breve descrizione dei meccanismi base dell’IA, organizzati sul modello delle reti neurali, porta a comprenderne meglio le diverse applicazioni: elaborazione di nuovi farmaci, interpretazione delle immagini diagnostiche, predizione di eventi e previsione dello sviluppo di patologie esistenti, previsione della risposta alle terapie oncologiche, interpretazione dei suoni registrati, ad esempio, nella auscultazione polmonare. La grandissima quantità di real world data su cui sono stati costruiti gli algoritmi permettono rapidi confronti con le situazioni reali per formulare più accurate diagnosi e previsioni di prognosi. Le risposte statistiche, sia a livello individuale che collettivo, si basano sulla conoscenza ed elaborazione statistica di dati che provengono da campi molto diversi combinati insieme: genomica, epigenomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica, psicologia, economia, sociologia. Per esempio, possono prevedere all’interno di comunità l’insorgenza e la diffusione di varie epidemie o, nella storia di un singolo paziente, la possibilità di future malattie. Sui modelli costruiti su questi dati l’intelligenza artificiale può intercettare un insieme di variabili per generare una predizione personalizzata dello stato di un individuo e di adattare a questo le opportune strategie terapeutiche.

Raccogliere dati nell’anamnesi

Gli autori ci guidano verso due interessanti strumenti che appartengono all’intelligenza artificiale generativa per l’elaborazione del linguaggio: i Natural Language Processing e i Large Language Models, che permettono l’analisi dei testi e delle conversazioni orali. Infatti, possono sia analizzare statisticamente le informazioni ottenute a voce dal paziente, sia costruire un interlocutore artificiale in grado di comunicare con l’umano, raccogliere dati anamnestici sulla malattia ed eventualmente pilotarne le risposte con domande adeguate. L’analisi di referti come radiografie, tomografie, risonanze magnetiche in tempo reale permette di definire una diagnosi in tempi brevissimi.

I gemelli digitali

Le repliche digitali di un oggetto (o di un malato) ne simulano il comportamento e ne riproducono i cambiamenti reali. Si tratta dei digital twins, cioè possibili copie infinite magari di uno stesso paziente, per sperimentare simultaneamente interventi diversi. Le applicazioni pratiche sono numerose e, per esempio, è possibile per un chirurgo sperimentare un intervento difficile su un gemello digitale e cercare possibili alternative.

Rischi e benefici dell’intelligenza artificiale

Davanti a questa serie quasi infinita di possibilità, gli autori sono anche attenti ad immaginare e prevedere possibili rischi. Per esempio, quelli che derivano da eccessi di entusiasmo. Quanto i modelli di IA descritti nelle pubblicazioni di ricerca possono applicarsi a casi specifici? E in che momento del percorso terapeutico? Cosa si farebbe o si dovrebbe fare senza l’intervento dell’intelligenza artificiale?

Il medico è sempre responsabile

Accanto a problemi tecnici gli autori si preoccupano anche di problemi etici. Un errore terapeutico potrebbe essere attribuito a chi ha sviluppato l’algoritmo o a chi ne ha interpretato male i risultati? In realtà è sempre il medico a essere responsabile delle sue scelte, anche quando segue le indicazioni dell’intelligenza artificiale. Queste dovrebbero essere considerate come i consigli di un collega più esperto, in una forma di collaborazione che lascia all’umano il potere decisionale, dove il medico non può lasciarsi sostituire da un algoritmo sia pure molto complesso.

Il rapporto medico-paziente

Un altro problema riguarda il delicato rapporto medico-paziente: alcune ricerche mostrano che le interazioni tra il malato e un modello generato da LLP sono più soddisfacenti ed empatiche rispetto a quelle con un professionista della salute. E ci sono ancora problemi di privacy, della regolamentazione delle tecnologie diffuse in paesi poco attrezzati, della possibilità di discriminazioni, dell’accesso ai nuovi sviluppi. Le conclusioni degli autori invitano sia ad approfondire le proprie conoscenze sia a non lasciarsi spaventare dalle innovazioni rivoluzionarie con cui la medicina deve fare i conti. L’IA dovrebbe rendere possibile l’accesso a chi ha difficoltà nella gestione della salute, sviluppando una medicina critica, umana, empatica, ovviamente basata su dati. Più o meno, una medicina come da sempre dovremmo praticare.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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