
Due mesi prima del
blackout che ha colpito la
Spagna il 28 aprile 2025, la
Red Eléctrica spagnola, oggi nota come
Redeia, aveva già avvertito nel suo
rapporto annuale dei pericoli di una produzione eccessivamente sbilanciata sulle
fonti rinnovabili. Il documento sottolineava chiaramente come un sistema dominato da
eolico e
solare, senza un adeguato supporto da
fonti convenzionali come
gas,
carbone o
nucleare, avrebbe compromesso la
stabilità della rete elettrica. Il cuore del problema risiede nella mancanza di
inerzia rotante, una caratteristica fondamentale che impianti tradizionali forniscono grazie alle loro grandi masse meccaniche in movimento. Questa inerzia aiuta a mantenere la
frequenza di rete stabile a
50 Hz, evitando oscillazioni pericolose.
Oscillazioni inter-area: la fibrillazione della rete elettrica europea Poco prima del collasso, esattamente alle
12:03 e alle
12:19, si sono registrate delle
oscillazioni inter-area nell’intera rete europea, evento già documentato in passato da
ENTSO-E, l’organizzazione che riunisce i gestori delle reti elettriche del continente (fonte originale). La rete europea, estendendosi dai
Paesi baltici al
Portogallo, funziona come un unico organismo, con la
frequenza a rappresentarne il “battito cardiaco”. Quando quest’ultima oscilla, le reti possono entrare in uno stato di
fibrillazione. In quella giornata, le reti di
Spagna e
Lettonia hanno mostrato oscillazioni fuori norma, ma mentre la
Lettonia ha resistito, la
rete iberica ha subito un’amplificazione critica delle vibrazioni. Alle
12:33:16, la situazione è precipitata: l’oscillazione spagnola è diventata ingestibile, portando al
blackout.
Rinnovabili e inerzia insufficiente: il mix sbilanciato che ha favorito il collasso Il momento del disastro ha coinciso con una produzione
rinnovabile che copriva circa il
75% della domanda elettrica. In condizioni normali, centrali a
gas o
carbone avrebbero offerto la necessaria
inerzia per assorbire le oscillazioni e stabilizzare il sistema. Tuttavia, quel lunedì, la rete spagnola non disponeva di abbastanza impianti convenzionali attivi. Gli impianti
eolici e
fotovoltaici non producono inerzia perché non hanno masse rotanti direttamente connesse alla frequenza della rete. A differenza dei generatori tradizionali, le rinnovabili moderne sono collegate tramite convertitori elettronici, che non rispondono in tempo reale alle variazioni di frequenza. La
mancanza di strumenti per smorzare l’oscillazione ha impedito agli operatori di riportare rapidamente la rete ai normali 50 Hz, scatenando il
collasso.
Le domande ancora aperte: errori tecnici o pressioni politiche? Le indagini in corso dovranno chiarire se il problema sia stato dovuto all’assenza di
impianti convenzionali disponibili o a una loro
gestione inefficace durante l’emergenza. Altro nodo critico è il possibile ruolo delle
pressioni politiche: negli ultimi mesi, il governo spagnolo aveva fortemente promosso l’immagine della
Spagna come nazione leader nel raggiungimento del
100% di energia da fonti rinnovabili. Solo due settimane prima del blackout, questo traguardo era stato celebrato con grande enfasi. Non si può escludere, dunque, che tali spinte abbiano indotto una sottovalutazione dei
rischi tecnici, sacrificando la
resilienza del sistema elettrico in nome di un risultato simbolico.
Spagna, blackout del 28 Aprile: prevedibile?