Punti d’ombra nella strategia Ue contro le fonti fossili russe

“Fatta la legge, trovato l’inganno”, si potrebbe dire, perché sul rinnovato tentativo europeo di chiudere le importazioni di fonti fossili e uranio dalla Russia pesano alcuni escamotage tecnici e di mercato cui si dovrà prestare attenzione. Senza dimenticare che la Commissione Ue continua a battere molto la strada della diversificazione degli approvvigionamenti di gas e […] The post Punti d’ombra nella strategia Ue contro le fonti fossili russe first appeared on QualEnergia.it.

Mag 7, 2025 - 16:41
 0
Punti d’ombra nella strategia Ue contro le fonti fossili russe

“Fatta la legge, trovato l’inganno”, si potrebbe dire, perché sul rinnovato tentativo europeo di chiudere le importazioni di fonti fossili e uranio dalla Russia pesano alcuni escamotage tecnici e di mercato cui si dovrà prestare attenzione.

Senza dimenticare che la Commissione Ue continua a battere molto la strada della diversificazione degli approvvigionamenti di gas e petrolio, meno quella del taglio alla domanda puntando sulle fonti rinnovabili.

La notizia, prima di tutto, è che il 6 maggio l’Esecutivo comunitario ha annunciato la sua roadmap per l’indipendenza energetica da Mosca (disponobile in basso), facendo fronte ad alcuni fattori allarmanti, come la risalita dell’import gas nel 2024.

Solo l’anno scorso, ha spiegato il commissario Ue all’Energia, Dan Jørgensen, gli Stati membri hanno pagato alla Russia 23 miliardi di euro per le importazioni di energia (si veda anche Gas in Europa: corsa a infrastrutture inutili mentre cresce l’import dalla Russia).

Sono state cosi annunciate nuove proposte legislative per giugno che prevederanno:

  • ulteriori regole di trasparenza, monitoraggio e tracciabilità dei flussi;
  • definizione obbligatoria di piani nazionali per l’eliminazione graduale del gas, del combustibile nucleare e del petrolio russo, da presentare entro fine 2025;
  • divieto di import gas legato a nuovi contratti o ai contratti spot esistenti che entreranno in vigore a partire dalla fine di quest’anno.

Inoltre, entro il 2027 sarà vietato ogni tipo di import gas derivante dagli attuali contratti a lungo termine.

Simili le prescrizioni previste gradualmente per il nucleare, che vertono su uranio, uranio arricchito e altri materiali di filiera, con nuovi obblighi di trasparenza e diversificazione delle forniture.

Import fossile: cosa è stato fatto e cosa no dal 2022

La tabella di marcia dà seguito al piano REPowerEU 2022 emanato in risposta alla guerra in Ucraina. Da allora, ricorda Bruxelles, le misure adottate hanno ridotto i volumi di gas russo importato da 150 miliardi di metri cubi nel 2021 a 52 miliardi di metri cubi nel 2024, con un taglio dal 45% al 19% dell’import. Tutte le importazioni di carbone russo sono state invece vietate dalle sanzioni, mentre le importazioni di petrolio si sono ridotte dal 27% di inizio 2022 al 3% attuale.

Molto più vago il riferimento della Commissione Ue al settore nucleare: “Gli Stati membri che utilizzano ancora reattori Vver progettati dalla Russia hanno compiuto progressi nella sostituzione del combustibile nucleare russo con combustibile di altri produttori”.

L’altra faccia della luna ci viene mostrata dal progetto “Russia Fossil Tracker” del Centre for research on energy and clean air (Crea), che conteggia e aggiorna i pagamenti alla Russia per i combustibili fossili dal 24 febbraio 2022 a oggi.

In questo lasso di tempo l’Ue ha corrisposto a Mosca 208,9 miliardi di euro; cifra che sale a 870 miliardi di euro se si considerano tutti i Paesi importatori nel mondo.

“C’è ancora molto lavoro da fare per rispettare la scadenza del 2027, ma questo è un passo nella giusta direzione. L’essenziale è che queste proposte siano tradotte in diritto vincolante dell’Ue entro giugno 2025”, secondo Isaac Levi, analista del Crea. Su Linkedin aggiunge: “La roadmap manca di politiche essenziali necessarie per ridurre i proventi delle esportazioni di combustibili fossili della Russia, come la fine della scappatoia con la raffinazione” in Stati terzi “che ha permesso all’Europa di offrire alla Russia 3,5 miliardi di euro di entrate l’anno scorso”.

Il “Fossil Tracker”, infatti, tiene conto sia deIl’escamotage di raffinare altrove l’olio russo e rivenderlo all’Europa sia di una logistica basata su “navi ombra”, cioè gasiere e petroliere difficilmente tracciabili.

Un aspetto, quest’ultimo, su cui è intervenuto il 6 maggio lo stesso commissario Jørgensen: “Per contrastare l’ingresso illegale di petrolio sul mercato tramite la flotta ombra russa intensifichiamo l’attenzione. Collaboreremo con l’Alto Rappresentante per l’invio di missioni di sicurezza e di difesa comune dell’Ue, che svolgeranno azioni di sorveglianza, monitoreranno le attività marittime per identificare imbarcazioni o comportamenti sospetti e scoraggiare le azioni marittime illegali”.

La posizione di Slovacchia e Ungheria

Le questioni da risolvere non sono solo sui mari e nei territori che dividono l’Unione europea dalla Russia.

La roadmap presentata, infatti, “prepara i funzionari dell’Ue a uno scontro con Paesi meno desiderosi di perdere le forniture russe più economiche, come l’Ungheria e la Slovacchia. La Commissione può proporre leggi, ma deve condurre negoziati approfonditi” al suo interno. “Tuttavia, la raffica di queste proposte segnala l’impegno di Bruxelles nel voler lasciare il carburante di Mosca, anche se l’interesse per forti sanzioni diminuisce, le importazioni di gas russo aumentano e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, solleva lo spettro di una ripresa dei legami commerciali con la Russia”.

Questa l’analisi fatta tramite Linkedin da Dennis Hesseling, responsabile della divisione mercati gas, carbone ed energia presso la Iea.

Proprio la posizione di questi due Paesi, nell’ambito della discussione sulle future proposte legislative annunciate dalla Commissione, potrebbe portare a escludere un vero e proprio embargo sul fossile russo, arrivando comunque a dazi altissimi.

Bisogna considerare, ad esempio, che il 28 aprile a Bratislava è stato firmato un accordo per un surplus di gas russo alla Slovacchia tramite l’Ungheria pari a 900 milioni di metri cubi, arrivando a 4,4 miliardi di mc complessivi di import annuale.

Pensare che questi mercati possano improvvisamente cambiare la rotta è difficile, ma una mediazione andrà cercata.

E le rinnovabili?

Nel documento illustrato il 6 maggio è presente qualche riferimento al ruolo che devono avere le rinnovabili e l’efficienza per incidere sull’indipendenza energetica dell’Unione, ma c’è chi chiede di fare di più.

“Per eliminare la dipendenza dalle forniture energetiche russe è necessario continuare a lavorare prioritariamente sulla riduzione della domanda stessa di queste forniture, attraverso efficienza energetica e rinnovabili, come già indicato nel REPowerEU, e attraverso l’elettrificazione dei processi industriali”, secondo Davide Panzeri, Responsabile Politiche Italia-Europa del think tank Ecco.

Secondo il think tank, “nonostante le intenzioni della Commissione di coniugare l’abbandono delle importazioni energetiche russe con obiettivi di competitività, legarsi ad altre dipendenze è rischioso rispetto alle prospettive di autonomia strategica ed energetica che l’Unione dovrebbe perseguire”.

Simili le considerazioni della coalizione Clean Heat Europe: “La Commissione sembra aperta a sostituire il gas russo con più combustibili fossili, come il gas naturale liquefatto, importato da altri mercati. Questo sarebbe un terribile errore e ci legherebbe a infrastrutture costose come i terminali Gnl, che sono destinati a rimanere asset non recuperabili nel percorso verso le emissioni zero” (si veda anche Investimenti Gnl in Italia: strategia ad alto rischio per un mercato in declino).

The post Punti d’ombra nella strategia Ue contro le fonti fossili russe first appeared on QualEnergia.it.