Trump vuole usare i dazi come forma di ricatto politico: si comporta ancora da imprenditore senza scrupoli

Alla fine del secolo scorso, quando la globalizzazione prendeva il sopravvento e con lei la delocalizzazione e la cartolarizzazione del debito, nessuno avrebbe mai previsto il crollo della Lehman Brothers: nessuno possiede la sfera di cristallo, non esiste in economia e finanza, e la riprova è che anche la crisi del .com è arrivata inaspettata. […] L'articolo Trump vuole usare i dazi come forma di ricatto politico: si comporta ancora da imprenditore senza scrupoli proviene da Il Fatto Quotidiano.

Apr 6, 2025 - 10:01
 0
Trump vuole usare i dazi come forma di ricatto politico: si comporta ancora da imprenditore senza scrupoli

Alla fine del secolo scorso, quando la globalizzazione prendeva il sopravvento e con lei la delocalizzazione e la cartolarizzazione del debito, nessuno avrebbe mai previsto il crollo della Lehman Brothers: nessuno possiede la sfera di cristallo, non esiste in economia e finanza, e la riprova è che anche la crisi del .com è arrivata inaspettata.

Accettata questa realtà, la crisi attuale non è sistemica né di mercato, ma politica. Donald Trump ha inferto il primo colpo di una guerra dei dazi che rischia di disintegrare trent’anni di accordi commerciali. Ed è giusto domandarsi se l’amministrazione Trump sia inconsapevole delle sue conseguenze o se dietro questa ‘follia commerciale’ ci sia un piano di lungo periodo. La speranza è che quest’ultimo davvero esista, anche se lacunoso e inefficiente.

Assumendo che sia così, bisogna capirne il motivo. Trump vuole veramente azzerare la globalizzazione e così facendo rilanciare il settore produttivo americano in pieno protezionismo? L’idea è davvero riportare in pareggio i deficit commerciali? Ad esempio, le importazioni Made in Vietnam sono di gran lunga maggiori delle esportazioni del Made in Usa e quindi gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale con il Vietnam: per ridurlo e persino abolirlo, ecco che Trump impone tariffe all’importazione dal Vietnam usando una formula discutibile, ma pur sempre una formula legata alle dimensioni del deficit. Risultato: le magliette e i pantaloncini che gli americani acquistano per 30 dollari con il Made in Vietnam scritto sopra dovrebbero salire di prezzo in proporzione all’aumento delle tariffe. Ma gli americani saranno davvero disposti ad acquistare magliette a 60 dollari solo perché c’è la scritta Made in Usa?

Naturalmente Trump non vuole far aumentare i prezzi interni, sarebbe pazzo a volerlo fare considerando quanto poco popolare questa mossa sarebbe tra chi lo ha eletto. Idealmente vorrebbe che il Vietnam acquistasse più prodotti Made in Usa. Un sogno irrealizzabile. Il Vietnam è troppo ‘povero’ per acquistare i prodotti americani. Questo tipo di ragionamento potrebbe funzionare per alcuni prodotti con partner commerciali che godono di redditi simili, come l’Europa. Ma non il Vietnam. E allora? Qual è la strategia di Trump?

La risposta è semplice. Le tariffe sono una leva commerciale, o meglio una minaccia, una forma di ricatto politico che Trump definisce ‘strumento di negoziazione’. Chi vuole rimuoverle o abbassarle dovrà cedere qualcos’altro, dovrà negoziare con il boss Donald Trump. Per l’ennesima volta osserviamo il presidente degli Stati Uniti, una figura simbolica e politica, comportarsi come un imprenditore senza scrupoli, un immobiliarista di Manhattan. Lo stile di Trump non è cambiato, continua a rischiare molto, anche troppo. In inglese la frase che descrive meglio questo tipo di comportamento è sailing too close to the wind, e la barca a vela di Trump è naufragata spesso, ogni volta per gli stessi motivi.

Per capirlo basta ricordare il fallimento del Taj Mahal, inaugurato nel 1990 come il casinò più grande e costoso del mondo (con un costo di oltre un miliardo di dollari), fallito appena un anno dopo l’apertura. Ecco le ragioni principali del tracollo: debiti enormi e interessi insostenibili; costi di gestione fuori controllo; concorrenza e saturazione del mercato (Atlantic City negli anni ’90 era piena di casinò e il Taj Mahal non riuscì a attirare abbastanza giocatori “premium”, i bassi margini delle slot machine e il gioco d’azzardo low-cost non coprivano i costi del mega-resort); scelte finanziarie azzardate.

Quest’ultimo punto ci interessa molto: Trump aveva ipotecato tutto per costruire il Taj Mahal, lasciandosi senza liquidità. Quando i ricavi arrivarono e non bastarono, non poté ripagare i creditori. Trump evitò il disastro personale grazie a un accordo con le banche: cedette metà della proprietà e ridusse il debito, ma perse il controllo operativo. Non fallì perché usò il Chapter 11 (fallimento controllato), la legislazione americana che gli permise di proteggere altri beni. Licenziò però i dipendenti e rinegoziò i debiti, salvando parte della sua ricchezza.

Gli Stati Uniti non sono un casinò e il commercio mondiale non è Atlantic City, ma per Trump lo sono. La guerra dei dazi parte da una posizione di forza: gli Stati Uniti sono l’economia più grande al mondo e il mercato più importante; perderne anche una piccola fetta per nazioni come il Vietnam sarebbe un disastro. Ma come ad Atlantic City esiste la concorrenza, ed è agguerrita. Abbiamo visto come la Russia sia riuscita ad evitare gran parte dell’impatto delle sanzioni vendendo la sua energia su mercati nuovi, ad esempio l’India. Anche se la saturazione del marcato dei prodotti di consumo, quelli che provengono dal Vietnam, è alta, c’è sempre la possibilità di vendere su nuove piazze.

Il vento che soffia sulle vele di Trump è quello del mercato libero del commercio internazionale, un mercato al momento attonito, sotto choc a seguito dell’imposizione delle tabelle dei dazi americane, ma pur sempre un mercato ben più grande di quello americano. Il rischio è che questo mercato si ricompatti e trovi il modo di continuare a funzionare senza gli Stati Uniti. Se questo accadesse, la vela di Trump si romperebbe, e dato che non esiste una legislazione di salvataggio per le nazioni gli Stati Uniti rischierebbero il naufragio. Se tutto ciò non avviene, allora forse Trump potrebbe riuscire a portare a casa una grande vittoria commerciale.

L'articolo Trump vuole usare i dazi come forma di ricatto politico: si comporta ancora da imprenditore senza scrupoli proviene da Il Fatto Quotidiano.