Lunedì nero sui mercati, dazi e paura recessione affondano i listini

Si sta assistendo a un vero tracollo sull'azionario. Le principali Borse europee continuano a registrare forti ribassi, mentre Trump non mostra segnali di voler fare marcia indietro sui dazi dopo la risposta della Cina. L'aumento dei timori legati a una possibile recessione sta alimentando le aspettative di possibile taglio dei tassi da parte della Fed già nel mese di maggio.A Piazza Affari, l’indice Ftse Mib segna la terza giornata consecutiva in forte calo: dopo aver perso il 3,6% il 3 aprile e il 6,5% venerdì, oggi lascia sul terreno oltre 6,5% scendendo a quota 32.300 punti, livello che non si vedeva da agosto dello scorso anno. Nessun titolo nel paniere principale di Piazza Affari mostra un segno positivo, mentre sono molte le azioni, in particolare le banche, sospese per eccesso di ribasso con perdite oltre il 10%. Panic selling anche sulle altre borse europee come il Dax tedesco (-6%), il Cac40 francese (-5,7%), l'Ibex35 spagnolo (-6%) e il Ftse100 inglese (-4,5%). Pesante rosso (oltre -4%) per i future sui principali indici di Wall Street questa mattina, dopo una sessione di venerdì che era già stata molto negativa con Nasdaq e S&P500 che avevano lasciato sul terreno quasi il 6%. La sessione asiatica ha visto il crollo del Nikkei 225 giapponese (-7,8%) e dei listini cinesi (Hong Kong in calo di oltre il 12%). "Probabilmente un minimo relativo è imminente dato il livello estremo di tensione sui mercati (Vix a 60 stamani); tuttavia, in situazioni estreme con eventi esogeni particolarmente di rilievo (caso più recente il 2020) i mercati hanno dimostrato di potere raggiungere livelli ancora più estremi di criticità prima di toccare un minimo rilevante" affermano gli analisti di Mps Capital Services.

Apr 7, 2025 - 13:23
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Lunedì nero sui mercati, dazi e paura recessione affondano i listini

Si sta assistendo a un vero tracollo sull'azionario. Le principali Borse europee continuano a registrare forti ribassi, mentre Trump non mostra segnali di voler fare marcia indietro sui dazi dopo la risposta della Cina. L'aumento dei timori legati a una possibile recessione sta alimentando le aspettative di possibile taglio dei tassi da parte della Fed già nel mese di maggio.

A Piazza Affari, l’indice Ftse Mib segna la terza giornata consecutiva in forte calo: dopo aver perso il 3,6% il 3 aprile e il 6,5% venerdì, oggi lascia sul terreno oltre 6,5% scendendo a quota 32.300 punti, livello che non si vedeva da agosto dello scorso anno. Nessun titolo nel paniere principale di Piazza Affari mostra un segno positivo, mentre sono molte le azioni, in particolare le banche, sospese per eccesso di ribasso con perdite oltre il 10%. Panic selling anche sulle altre borse europee come il Dax tedesco (-6%), il Cac40 francese (-5,7%), l'Ibex35 spagnolo (-6%) e il Ftse100 inglese (-4,5%).

Pesante rosso (oltre -4%) per i future sui principali indici di Wall Street questa mattina, dopo una sessione di venerdì che era già stata molto negativa con Nasdaq e S&P500 che avevano lasciato sul terreno quasi il 6%. La sessione asiatica ha visto il crollo del Nikkei 225 giapponese (-7,8%) e dei listini cinesi (Hong Kong in calo di oltre il 12%).

"Probabilmente un minimo relativo è imminente dato il livello estremo di tensione sui mercati (Vix a 60 stamani); tuttavia, in situazioni estreme con eventi esogeni particolarmente di rilievo (caso più recente il 2020) i mercati hanno dimostrato di potere raggiungere livelli ancora più estremi di criticità prima di toccare un minimo rilevante" affermano gli analisti di Mps Capital Services.

Quando accadono dei cali così importanti sui mercati finanziari la componente emotiva diventa una delle variabili più difficili da gestire. Per questo è utile affidarsi ai dati oggettivi per capire davvero cosa sta accadendo sull'azionario.

A livello globale, l’indice S&P 500 rappresenta un buon indicatore dello stato attuale del mercato azionario. Da inizio anno, il principale indice americano ha perso circa il 14%, una percentuale che sale al 17% se si considera il picco massimo registrato lo scorso 19 febbraio a 6.147 punti. Dal punto di vista tecnico, si parla di "correzione" quando si scende del 10% dai massimi, mentre un calo superiore al 20% indica l’ingresso in un vero e proprio mercato ribassista (bear market). Al momento, questa soglia non è stata superata, anche se ci si sta avvicinando.

Infatti, se lo S&P 500 aprisse oggi in linea con le indicazioni dei future (-4% circa) ci troveremmo in territorio di bear market, con un declino superiore al 20% dai massimi del 19 febbraio.

Siamo dunque vicino a un livello di allerta ma, la situazione attuale non è ancora motivo di forte preoccupazione. L’ultima fase di mercato ribassista si è conclusa nell’autunno del 2022, lasciando spazio a un periodo di forte crescita che ha visto l’S&P 500 risalire da 3.500 a oltre 6.000 punti.

Secondo JPMorgan, che tiene traccia dei dati di Wall Street dal 1980, l’S&P 500 subisce mediamente cali del 14% ogni anno, ma in 34 anni su 45 è comunque riuscito a chiudere con un bilancio positivo. L’andamento attuale, quindi, rientra nei parametri storici e non rappresenta un’anomalia.

Guardando ai ribassi più marcati degli ultimi 45 anni, solo nel 2008 l’indice è crollato fino al 49%, mentre in altri tre casi ha perso il 34%. Questo livello rappresenta una soglia significativa per gli investitori: spesso, quando il mercato tocca questi minimi, scattano acquisti “contrarian”, ovvero da parte di chi prevede un rimbalzo sulla base delle dinamiche passate. In pratica, se quest'anno il calo dovesse superare ampiamente il 14% medio annuo, si aprirebbe uno scenario più delicato, con maggiore attenzione rivolta ai possibili livelli minimi da raggiungere prima di una possibile ripresa.

"Con un mercato così stressato potrebbe essere sufficiente anche un piccolo miglioramento del newsflow per ottenere una stabilizzazione; il meeting dei ministri dell'Unione Europea sulla risposta da dare agli Usa potrebbe costituire un trigger in questo senso" puntualizzano gli esperti di Mps Capital Services.

L’escalation della guerra commerciale globale, innescata dall’annuncio di dazi generalizzati da parte di Trump, ha aumentato i timori di un rallentamento della crescita economica globale e in particolare degli Stati Uniti.

Proprio per questo motivo, gli analisti di Goldman Sachs hanno rivisto al rialzo le probabilità di una recessione negli Usa quest'anno, portandole al 45% rispetto al 35% stimato solo una settimana fa.

Secondo gli esperti della banca d’investimento, diversi fattori hanno contribuito a questa revisione: un rapido peggioramento delle condizioni finanziarie, il rischio di boicottaggi da parte dei consumatori internazionali e l’aumento dell’incertezza politica, che secondo loro frenerà gli investimenti aziendali più di quanto inizialmente previsto.

Goldman Sachs ha inoltre precisato che questa previsione tiene conto dell’ipotesi che gran parte dei nuovi dazi proposti dall’ex presidente Trump (previsti per il 9 aprile) non vengano effettivamente applicati. Qualora invece i dazi entrassero in vigore, la banca rivedrebbe ulteriormente le proprie stime, prevedendo una recessione già entro l'ultimo trimestre del 2025.

Attualmente, per il quarto trimestre del prossimo anno, le previsioni di crescita del Pil sono state abbassate allo 0,5%, in calo rispetto alle stime precedenti. Questo peggioramento dello scenario economico potrebbe spingere la Fed ad intervenire prima del previsto. Goldman Sachs si aspetta infatti tre riduzioni consecutive da 25 punti base ciascuna a partire da giugno, portando i tassi tra il 3,5% e il 3,75%. Tuttavia, se si dovesse effettivamente entrare in una fase recessiva, la Fed potrebbe essere costretta a tagliare i tassi complessivamente di circa 200 punti base nel corso del 2025.