Dazi, gli artigiani non fanno sconti: “Ordini in frenata, ma la qualità non si svende”
Francesca Poggiali (Arpass): “Conserviamo telai unici e lavoriamo anche per la Chiesa anglicana. Ci aspettiamo che il cliente ci chieda una revisione al ribasso dei prezzi. Ma noi non potremo assolutamente farli”

Firenze, 7 aprile 2025 – Tessono passamanerie con telai d’epoca, producono nappe e cordoni per l’alta moda ed il mercato ecclesiastico, e da Scandicci arrivano fino agli Stati Uniti. È il mondo di Arpass, azienda artigiana d’eccellenza guidata da Francesca Poggiali, che da oltre 35 anni crea manufatti rari e su misura, per brand internazionali e clienti di nicchia. Ma oggi, proprio il mercato americano, che assorbe parte importante della produzione, rischia di diventare più incerto a causa dei dazi del 20% imposti da Donald Trump.
La preoccupazione cresce perciò anche tra chi ha sempre puntato sulla qualità, come Arpass, che per alcuni ordini utilizza ancora macchinari dei primi del Novecento, oggi praticamente introvabili. La loro produzione è destinata, tra gli altri, ad un’azienda statunitense che realizza e vende abiti ecclesiastici per la Chiesa anglicana.
Avete già risentito dei dazi?
«In realtà i veri effetti si sentiranno a maggio, quando arriverà l'ordine (uno dei due che riceviamo durante l'anno) per questi tessuti destinati alla Chiesa anglicana».
Cosa vi aspettate?
«Ci aspettiamo che il cliente ci chieda una revisione al ribasso dei prezzi. Ma noi non potremo assolutamente farli. Le materie prime costano quasi il doppio rispetto a due anni fa ed in questi ultimi tempi abbiamo già tenuto fermi i listini per non pesare sui clienti. Ma tra rincari generali, energia e trasporti, non possiamo abbassare ulteriormente i margini». Dazi, una notte al telefono con i clienti: “In poche ore persi tanti ordini. Non resta che la cassa integrazione”
Crede che i dazi possano influire sugli ordini futuri?
«Sì, probabilmente ci sarà una frenata, ma non credo che gli americani smetteranno di acquistare italiano. La qualità dei nostri prodotti è ancora al di sopra degli standard di altri Paesi. Ci sarà forse una parte del mercato che si rivolgerà all’Asia, ma non chi cerca l’artigianato di eccellenza».
Avete mai pensato di orientarvi verso altri mercati?
«Noi già lavoriamo con tanti Paesi, ma crediamo nel mercato americano. Certo, ci sarà un calo: il problema però è di chi acquista, non di chi produce. Il potere d’acquisto si sta riducendo anche negli Stati Uniti. I dazi finiranno per ricadere sul consumatore finale».
Temete conseguenze pesanti?
«Non così pesanti, almeno è quanto ci aspettiamo e ci auguriamo. Il nostro è un settore di nicchia e la committenza, in particolare quella ecclesiastica, ha esigenze che pochi possono soddisfare. Sicuramente gli ordini saranno più piccoli, ma non spariranno. La qualità italiana terrà comunque e noi non possiamo fare sconti».