Tassazione dei lavoratori frontalieri
I lavoratori frontalieri sono dipendenti che quotidianamente attraversano i confini nazionali per esercitare la propria attività professionale in un paese diverso da quello di residenza. Il regime di tassazione applicabile ai lavoratori frontalieri costituisce un aspetto delicato in quanto coinvolge normative fiscali e previdenziali complesse. La sovrapposizione di giurisdizioni fiscali differenti può infatti generare fenomeni […] L'articolo Tassazione dei lavoratori frontalieri proviene da Fiscomania.

I lavoratori frontalieri sono dipendenti che quotidianamente attraversano i confini nazionali per esercitare la propria attività professionale in un paese diverso da quello di residenza.
Il regime di tassazione applicabile ai lavoratori frontalieri costituisce un aspetto delicato in quanto coinvolge normative fiscali e previdenziali complesse. La sovrapposizione di giurisdizioni fiscali differenti può infatti generare fenomeni di doppia imposizione o, al contrario, lacune normative che permettono forme di elusione fiscale. Per rispondere a queste problematiche, numerosi stati hanno sviluppato accordi bilaterali e convenzioni specifiche che mirano a definire criteri chiari per la ripartizione del potere impositivo, contemperando il principio di tassazione nel paese di produzione del reddito con quello di tassazione nel paese di residenza.
Il lavoratore frontaliere
Il concetto di lavoratore di frontiera (o frontaliere) definisce la figura del lavoratore occupato su un dato territorio di uno Stato, ma residente fiscalmente presso un diverso Paese. Luogo dove, teoricamente e praticamente, si reca quotidianamente o settimanalmente.
L’Amministrazione finanziaria, nel cercare di inquadrare nello specifico la figura del lavoratore di frontiera, ha precisato che l’attività lavorativa deve essere svolta: “in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato“. L’art. 1 par. 1 lett. f) del Reg. n. 883/2004 offre la definizione di lavoratore frontaliero:
La differenza con la definizione di lavoratore all’estero è sostanziale. Il lavoratore all’estero è, infatti, colui che presta al di fuori dei confini nazionali, in via continuativa ed esclusiva, il proprio lavoro. Si tratta di un soggetto che nell’arco di dodici mesi soggiorna nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni. Questo è quanto prevede l’articolo 51, del TUIR.
Non rientrano in tale previsione le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia che, in forza di uno specifico contratto che prevede l’esecuzione della prestazione all’estero in via continuata e come oggetto esclusivo del rapporto, previa sistemazione nel ruolo estero, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni. Per questi ultimi lavoratori si applica la tassazione prevista dall’articolo 51, comma 8-bis del DPR n. 917/86, costituita dalle c.d. “retribuzioni convenzionali“.
Le caratteristiche
Le caratteristiche quindi che i lavoratori frontalieri devono avere per qualificarsi come tali sono:
- La residenza sul territorio dello Stato;
- Il rapporto di lavoro dipendente con un datore di lavoro di uno Stato di confine o limitrofo, con l’Italia;
- La continuità e l’esclusività del rapporto di lavoro;
- La quotidianità dei suoi trasferimenti transfrontalieri verso e da, la sede di lavoro.
Si tratta esclusivamente di quei soggetti residenti in Italia che prestano un’attività di lavoro dipendente, in via esclusiva e continuativa, a favore di un datore di lavoro estero e che quotidianamente si recano, appunto, all’estero in Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia e San Marino) ovvero in Paesi limitrofi (sulla portata del termine “limitrofo” il Ministero fornisce la sola esemplificazione del Principato di Monaco).
Il rientro quotidiano
Particolare attenzione deve essere prestata all’utilizzo dell’avverbio “quotidianamente“. Tale locuzione deve essere intesa in senso restrittivo e dunque che è frontaliere solo colui che, effettivamente, tutti i giorni (ovviamente fatte salve le giornate di ferie e malattia), si reca oltre confine per svolgere la propria opera lavorativa. In materia previdenziale, dal Regolamento CE 1408/71/CEE (articolo 1, lettera B):
Il regime fiscale di tassazione
Il reddito da lavoro dipendente prestato in zone di frontiera, concorre a formare il reddito complessivo IRPEF del contribuente, assieme ad eventuali altri redditi, con l’applicazione di una franchigia dell’importo pari a 10.000 euro (a partire dal 2024, precedentemente era di 7.500 euro, ex art. 4 della Legge n. 83/23). Questo è quanto prevede l’art. 1 co. 175 della Legge n. 147/13.
In pratica, il lavoratore frontaliera è tassato in Italia sul reddito estero solo per l’importo del reddito che supera la soglia della franchigia (non deve essere parametrata alla durata del rapporto nell’anno). Sul reddito imponibile si applicano le ordinarie disposizioni in materia di IRPEF. Risultano deducibili i contributi previdenziali esteri a carico del lavoratore e gli assegni esteri erogati per il sostegno al nucleo familiare.
Determinazione del reddito imponibile
Più precisamente, ai fini dell’applicazione del regime di tassazione in commento si deve:
- Individuare l’insieme di tutte le somme e valori corrisposti al soggetto in relazione al reddito di lavoro svolto come frontaliero;
- Operare la riduzione, da tale importo globale annuo, della franchigia di esenzione prevista in materia in materia di IRPEF per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zona di frontiera (articolo 3 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388) che risulta quantificata ad €. 10.000;
- Applicare la tassazione IRPEF su tale differenza, secondo le regole ordinarie del DPR n. 917/86.
Questo è quanto prevede la Circolare n. 25/E del 18 agosto 2023.
Indicazione del reddito in dichiarazione
Il reddito da lavoro dipendente del lavoratore di frontiera deve essere indicato all’interno del quadro RC del modello Redditi PF. In particolare, nel rigo dedicato al reddito da lavoro è presente lo specifico campo “Quota esente frontalieri” (si tratta del rigo RC5, colonna 1), dove deve essere indicata la franchigia di 10.000 euro, che va a sottrarsi dal reddito lordo percepito dal lavoratore. Tale soglia fa riferimento al reddito complessivo annuo derivante dall’attività lavorativa nelle zone di frontiera senza alcun riferimento al numero di rapporti di lavoro intrattenuti nel periodo di imposta (vedasi la Circolare n. 2/E/2003 § 9).
Applicazione del credito per imposte estere
Al fine di superare le problematiche di doppia imposizione del reddito del lavoratore frontaliere l’art. 165 del TUIR prevede l’applicazione di un credito per imposte estere legato alla tassazione subita a titolo definitivo nello Stato della fonte. Il lavoratore frontaliere che ha percepito un reddito da lavoro dipendente di fonte estera è chiamato a presentare la dichiarazione dei redditi in questo Stato al fine di individuare le imposte versate a titolo definitivo. Sulla base delle imposte estere versate il contribuente è chiamato a presentare la dichiarazione dei redditi. In tale dichiarazione deve essere individuato il reddito imponibile (reddito lordo al netto della franchigia) e su tale reddito deve essere determinata l’imposta dovuta in Italia. A quel punto deve essere determinato il credito per imposte estere.
Sul punto occorre prendere a riferimento la Risoluzione n. 38/E/2017 la quale riprende l’orientamento tenuto dalla DRE Lombardia n. 904-45720/2008, secondo la quale se il reddito del frontaliere è tassato in entrambi gli Stati il credito per imposte estere deve essere determinato secondo le disposizioni dell’art. 165, co. 10 del TUIR. Tale disposizione prevede che se il reddito da lavoro dipendente concorre solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo italiano, l’imposta estere accreditabile deve essere ridotta in misura corrispondente. Tale posizione si riscontra anche a livello operativo negli accertamenti che effettua l’Amministrazione finanziaria.
Di contro, tuttavia, deve essere evidenziata la posizione della C.T. Prov. Forlì 23.4.2019 n. 129/2/19, secondo la quale, invece, il credito per imposte estere spetta in modo integrale. La questione, successivamente, è stata oggetto di appello sul quale si è espressa la C.G.T. dell’Emilia Romagna (n. 944/2023), dove i giudici si seconde cure si sono espressi confermando la sentenza di primo grado.
Esempio numerico di tassazione
Si ipotizzi, a titolo meramente esemplificativo, il caso di un lavoratore frontaliere che, nel periodo d’imposta “n”:
- Percepisce un reddito di lavoro dipendente prestato in Svizzera pari a €. 31.000 su cui è stata pagata un imposta di 6.400 euro;
- Risulta titolare di un reddito immobiliare imponibile nel territorio dello Stato di €. 1.000.
Nella situazione prospettata, le imposte dovute dal contribuente dovranno essere calcolate su un reddito complessivo di €. 21.000, ovvero: €. 31.000 (reddito di lavoro prestato in zone di confine); (-) €. 10.000 (franchigia prevista) (+) € 1.000 (redditi immobiliari)
Assumendo (per semplicità di calcolo) che non vi siano detrazione applicabili, l’imposta netta dovuta dal suddetto contribuente sarà pari a €. 4.830. L’imposta può essere così quantificata: (23% * 21.000 €.), applicando il primo scaglione IRPEF.
A questo punto, applicando l’impostazione di cui all’art. 165, co. 8 del TUIR, per il calcolo del credito per imposte estere occorre effettuare la seguente operazione:
(6.400 * (21.000/31.000) = 4.335 euro. In pratica, le imposte estere versate a titolo definitivo all’estero devono essere parametrare in relazione al minore reddito imponibile in Italia. In definitiva, quindi, il lavoratore si trova a versare in Italia l’importo di 495 euro (4.830 – 4.335).
Nell’esempio, per semplicità, non sono state prese in considerazione l’addizionale regionale e comunale.
Criteri di collegamento del reddito previsti dalla Convenzioni contro le doppie imposizioni
Si rammenta, infine, che, la suddetta disciplina impositiva – che prevede la riduzione del reddito di lavoro svolto come frontaliero della franchigia di esenzione prevista – deve essere tuttavia coordinata con le specifiche disposizioni contenute nelle diverse Convenzioni contro le doppie imposizioni, stipulate dall’Italia con i governi limitrofi. Tutto questo considerato che, le norme contenute nelle diverse convenzioni, in quanto speciali, prevalgono su quelle interne. In caso di contrasto, pertanto, si deve applicare la norma contenuta nel trattato internazionale.
I lavoratori frontalieri con la Svizzera
Il Consiglio dei Ministri n. 49 del 3 dicembre 2021 ha approvato un disegno di legge riguardante ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri. Il nuovo accordo sui frontalieri è Stato ratificato dall’Italia con la Legge n. 83/23 ed è entrato in vigore dal 2024.
L’accordo prevede che l’imposta sui redditi venga applicata nello Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa, sui redditi da lavoro dipendente esercitati dal lavoratore. La percentuale di prelievo applicata sarà dell’80%. Naturalmente, i lavoratori rimangono soggetti a tassazione anche nello Stato di residenza, che elimina la doppia imposizione giuridica secondo quanto previsto dalle disposizioni convenzionali in vigore.
Questo accordo fornisce una definizione di lavoratore frontaliere molto più specifica e restrittiva rispetto a quella previgente. In particolare, l’art. 2, lett. b) dell’accordo fornisce la definizione del lavoratore frontaliere che si applica a qualsiasi lavoratore risiedente in uno Stato contraente che è fiscalmente domiciliato in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente. Le aree di frontiera sono:
- Per la Svizzera: Cantoni di Grigioni, Ticino e Vallese;
- Per l’Italia: Regione Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano.
Questa persona svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato e ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza. Questa definizione si applica a tutti i frontalieri (nuovi e attuali) a partire dall’entrata in vigore dell’accordo.
Per approfondire: Frontalieri con la Svizzera: con tassazione concorrente.
Telelavoro
Per i lavoratori frontalieri che svolgono la loro attività in regime di telelavoro nello Stato di residenza (es. Italia) questi hanno la possibilità di mantenere il regime dei frontalieri quando tale attività lavorativa svolta presso il proprio domicilio non superi il 25% del tempo di lavoro complessivo.
Imposta sostitutiva del 25%
L’art. 13 del D.L. n. 113/24 ha introdotto un’imposta sostitutiva del 25% per i frontalieri svizzeri (a partire dal 2024) che operano lavorativamente in uno dei Comuni, non ricompresi nel nuovo accordo. L’opzione è facoltativa e consente la detrazione delle imposte già assolte in Svizzera. Questa, deve essere esercitata in dichiarazione dei redditi ed il versamento dell’imposta deve essere effettuate entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Le imposte applicate in Svizzera sono calcolate sulla base del cambio medio annuale del periodo di imposta oggetto di dichiarazione.
I lavoratori frontalieri con l’Austria
La normativa legata ai lavoratori frontalieri italiani che lavorano in Austria sono disciplinate dalla Convenzione tra Italia ed Austria contro le doppie imposizioni. Anche in questo caso, deve essere verificato il rispetto di alcuni requisiti:
- Essere un lavoratore dipendente;
- Risiedere in Italia o in Austria, nei pressi della frontiera tra i due Stati;
- Svolge il proprio lavoro nello Stato contraente in cui non risiede, sempre nei pressi della frontiera tra i due Paesi e attraversa abitualmente la frontiera tra i due Stati per recarsi al lavoro.
La Convenzione prevede che il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero dal lavoratore deve essere tassato solo nello Stato di residenza (Italia).
I lavoratori frontalieri con la Francia
La normativa legata ai lavoratori frontalieri italiani che lavorano in Francia sono disciplinate dalla Convenzione tra Italia e Francia contro le doppie imposizioni. Anche in questo caso, deve essere verificato il rispetto di alcuni requisiti:
- Essere un lavoratore dipendente;
- Risiedere in Italia o in Francia, nei pressi della frontiera tra i due Stati;
- Svolge il proprio lavoro nello Stato contraente in cui non risiede, sempre nei pressi della frontiera tra i due Paesi e attraversa abitualmente la frontiera tra i due Stati per recarsi al lavoro.
La Convenzione prevede che il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero dal lavoratore deve essere tassato solo nello Stato di residenza (Italia).
I lavoratori frontalieri con San Marino
La disciplina fiscale dei lavoratori frontalieri residenti in Italia che lavorano nella Repubblica di San Marnino è contenuta nella Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra i due Paesi.
Per questa casistica la Convenzione prevede un meccanismo di tassazione concorrente tra l’Italia e San Marino sui redditi prodotti dal lavoratore frontaliere residente in Italia per i redditi prodotti nel territorio di San Marino, con l’effetto che l’Italia concede al lavoratore un credito per le imposte versate a San Marino.
Monitoraggio fiscale (quadro RW IVIE ed IVAFE)
I lavoratori frontalieri fiscalmente residenti in Italia non sono ordinariamente tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale connessi al possesso di investimenti ed attività finanziarie detenute nello Stato in cui svolgono l’attività lavorativa (art. 38, co. 13, lett. b) del D.L. n. 78/10). Tuttavia, tale esonero è legato al rispetto di alcuni requisiti indicati nel Provvedimento n. 151663 del 18 dicembre 2013, pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, secondo il quale:
- L’esonero riguarda soltanto il periodo di tempo in cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’estero, come frontaliere;
- L’esonero è riconosciuto per l’intero periodo d’imposta, se l’attività lavorativa è svolta all’estero in via continuativa per la maggior parte del medesimo periodo;
- In caso di cessazione dell’attività e rientro in Italia, l’esonero è legato al trasferimento in Italia delle attività detenute all’estero entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Superato il termine scatta l’obbligo di monitoraggio degli investimenti esteri per l’intero periodo di imposta, come chiarito dalla Circolare n. 38/E/2013 dell’Agenzia delle Entrate.
L’esonero è esteso, con solo riferimento al conto corrente costituito all’estero per l’accredito degli stipendi, al coniuge e ai familiari di primo grado del titolare del conto stesso cointestatari o beneficiari di deleghe o procure. Non deve essere sottovalutato il fatto che questo tipo di esonero ha ad oggetto le sole attività detenute nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa, e non si estende alle eventuali attività detenute in altri Stati dalla stessa persona.
Le problematiche di IVIE ed IVAFE
Il lavoratore frontaliere, nonostante l’esonero ai fini del monitoraggio fiscale (alle condizioni indicate) rimane comunque soggetto all’applicazione dell’IVIE e dell’IVAFE anche con riferimento agli investimenti detenuti nello Stato estero dove svolge la propria attività lavorativa. Questo significa, operativamente, che il frontaliere è, comunque, tenuto alla compilazione del quadro RW del modello Redditi PF, tuttavia ai soli fini della liquidazione delle imposte patrimoniali (e non anche ai fini del monitoraggio). Questo aspetto, che può sembrare secondario assume valenza importante quando si parla di regime sanzionatorio (assai importante per le violazioni legate al monitoraggio fiscale).
Il caso classico di versamento dell’IVAFE riguarda i conti correnti detenuti all’estero dal frontaliere, magari utilizzati per l’accredito dello stipendio. Sul conto corrente, l’IVAFE, non è dovuta qualora vi sia una giacenza media annua del conto che non supera la soglia di 5.000 euro.
Consulenza fiscale internazionale
La disciplina dei lavoratori che operano in zone di frontiera presenta delle peculiarità proprie che non si riscontrano in altre casistiche. Per questo motivo occorre prestare al dovuta attenzione sia al momento della conclusione del rapporto di lavoro estero, sia al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, dove la particolarità principale è legata all’applicazione del credito per imposte estere da rapportare alla quota imponibile di reddito estero (al netto della franchigia) ed agli obblighi legati al pagamento di IVIE ed IVAFE da parte dei frontalieri, con gli obblighi legati alla compilazione del quadro RW.
Se hai letto questo articolo e ti stai apprestando ad effettuare un lavoro all’estero, il consiglio che posso darti è quello di non sottovalutare gli aspetti fiscali. Potresti essere considerato frontaliere ed ottenere le relative agevolazione. Oppure, nel caso in cui tu non possa essere considerato tale è comunque possibile capire se vi sono altre agevolazioni a cui puoi fare riferimento.
Puoi capire tutto questo soltanto affidandoti ad un esperto. Per questo motivo se hai un dubbio o vuoi farmi analizzare la tua situazione personale, contattami! Segui il link seguente e mettiti in contatto con me una consulenza sulla tua fiscalità internazionale.
Domande frequenti
Un lavoratore frontaliere è una persona che vive in un Paese ma si reca quotidianamente o frequentemente in un altro Paese per lavorare. Ad esempio, potrebbe vivere in Francia e lavorare in Italia.
Cambiare il tuo status di residenza potrebbe avere un impatto significativo sulla tua situazione fiscale. È fondamentale consultare un esperto fiscale per comprendere le implicazioni.
In genere, i contributi previdenziali sono dovuti nel Paese in cui si svolge il lavoro, ma ci sono eccezioni e accordi che possono alterare questa regola generale.
Conserva tutti i documenti relativi al tuo reddito, detrazioni, crediti d’imposta e qualsiasi altra informazione pertinente che potrebbe essere necessaria per la dichiarazione dei redditi in entrambi i Paesi.
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