Il tema della residenza fiscale delle società estere facenti parte di gruppi multinazionali è rilevante ed ha l'obiettivo di evitare situazioni in cui società risultano soltanto formalmente (e non anche in sostanza) residenti all'estero. A definire i criteri per identificare come residente una società è l'art. 73 del TUIR, a cui poi si deve aggiungere la disciplina antielusiva del successivo co. 5-bis, volto a considerare residenti società estere costituite fittiziamente all'estero.
L'Amministrazione finanziaria, infatti, con l'obiettivo di contrastare il fenomeno delle società esterovestite può sfruttare, nel nostro ordinamento giuridico, una presunzione legale relativa di residenza. Si tratta di una presunzione in virtù della quale si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti non residenti che soddisfano determinati requisiti. Sostanzialmente, se si ricade all'interno di una delle fattispecie, si ha l'inversione dell'onere della prova sul contribuente. Ovvero, la società in questione viene automaticamente considerata fiscalmente residente in Italia, salvo prova contraria.
Come puoi capire da subito, ricadere in una di queste fattispecie significa vedersi imputare la tassazione italiana sulla società estera, con evidenti problematiche da superare, tra cui l'onere della prova. Nella prassi quotidiana le fattispecie che andremo a vedere sono quelle in cui, spesso, ricadono imprenditori che, impropriamente, decidono di aprire un'azienda all'estero, senza essere sufficientemente preparati sull'argomento.
La residenza fiscale delle società
Il concetto di residenza fiscale, per le società, è disciplinato dall'articolo 73, co. 3 del TUIR. Questa disposizione afferma che si considerano residenti ai fini delle imposte sui redditi le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato, alternativamente:
La sede legale;
La sede di direzione effettiva;
La gestione ordinaria in via principale.
Non è mia intenzione soffermarmi in dettaglio su questi tre aspetti. Nel caso ti rimando a questo contributo di dettaglio dove ho già affrontato questo argomento: "Guida alla residenza fiscale delle società".
L'aspetto che ci interessa a questi fini è quello legato al fatto che tale norma, generale, lascia sull'Amministrazione finanziaria la prova di una eventuale residenza fiscale in Italia di enti incorporati all'estero. Naturalmente, quando tali enti presentano le caratteristiche individuate dalla disposizione in commento. Tuttavia, accanto a questa disposizione di carattere generale vi è un'ulteriore norma da tenere in considerazione, che riguarda fattispecie che il legislatore ha inteso evidenziare al fine scoraggiare eventuali abusi. Questa norma, ovvero il comma 5-bis dell'art. 73 del TUIR introduce una presunzione legale (relativa) di residenza in Italia per alcune categorie di enti societari costituiti all'estero.
La presunzione legale di residenza in Ital...