L’utilizzo del marchio altrui nelle opere

Navigando su internet o visitando gallerie d’arte contemporanea, è sempre più frequente imbattersi in opere che riproducono o reinterpretano marchi noti o elementi distintivi riconducibili a brand specifici. Da oggetti di merchandising che ripropongono loghi famosi fino a vere e proprie opere d’arte che incorporano marchi altrui come elemento espressivo, questi fenomeni sollevano importanti questioni […] L'articolo L’utilizzo del marchio altrui nelle opere proviene da Fiscomania.

Mag 9, 2025 - 17:23
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L’utilizzo del marchio altrui nelle opere

Navigando su internet o visitando gallerie d’arte contemporanea, è sempre più frequente imbattersi in opere che riproducono o reinterpretano marchi noti o elementi distintivi riconducibili a brand specifici. Da oggetti di merchandising che ripropongono loghi famosi fino a vere e proprie opere d’arte che incorporano marchi altrui come elemento espressivo, questi fenomeni sollevano importanti questioni giuridiche riguardanti la proprietà intellettuale, la contraffazione e la libertà di espressione artistica.

Il presente articolo si propone di analizzare approfonditamente quando sia legittimo utilizzare marchi altrui in contesti artistici o commerciali, esaminando la normativa nazionale ed europea, la giurisprudenza rilevante e le diverse interpretazioni che i tribunali hanno fornito nel bilanciamento tra tutela dei diritti di proprietà industriale e libertà di espressione artistica.

Il quadro normativo sulla tutela dei marchi

La disciplina nazionale

La tutela dei marchi nel nostro Paese è regolata principalmente dal Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), che definisce i diritti esclusivi del titolare di un marchio registrato e le ipotesi di contraffazione.

L’art. 20 del Codice della Proprietà Industriale afferma esplicitamente:

Azioni a tutela del titolare del marchio

Nei casi contemplati, il titolare del marchio può esercitare una serie di facoltà inibitorie nei confronti dei terzi, tra cui:

  • Vietare l’apposizione del segno sui prodotti o sulle loro confezioni/imballaggi
  • Impedire l’offerta, la commercializzazione o la detenzione di prodotti con tale segno
  • Bloccare l’importazione o esportazione di prodotti contrassegnati dal segno
  • Proibire l’utilizzo del segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità
  • Vietare l’apposizione del segno su confezioni, imballaggi, etichette e altri supporti

Inoltre, il titolare può impedire l’introduzione in Italia, in ambito commerciale, di prodotti provenienti da Paesi terzi che rechino senza autorizzazione un segno identico o non distinguibile dal proprio marchio.

La normativa europea

A livello europeo, particolarmente rilevante è la Direttiva UE 2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa. Questa direttiva introduce importanti precisazioni sul rapporto tra protezione dei marchi e libertà di espressione, con particolare riferimento all’art. 27, che stabilisce:

Questa disposizione rappresenta un punto di svolta significativo nell’interpretazione della normativa sui marchi, poiché riconosce esplicitamente la necessità di contemperare la tutela della proprietà industriale con il rispetto della libertà di espressione, inclusa quella artistica.

Per approfondire: Strumenti di tutela del marchio nei mercati esteri.

Il conflitto tra tutela del marchio e libertà di espressione artistica

La questione centrale che emerge nell’analisi dell’utilizzo di marchi altrui nelle opere d’arte riguarda il potenziale conflitto tra due diritti fondamentali:

  1. Il diritto alla protezione della proprietà intellettuale, sancito sia a livello nazionale che europeo;
  2. La libertà di espressione artistica, tutelata dall’art. 21 della Costituzione italiana e dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

I criteri distintivi tra uso legittimo e contraffazione

Per determinare quando l’uso di un marchio altrui in un’opera d’arte possa considerarsi legittimo, occorre valutare una serie di elementi:

La finalità dell’utilizzo

L’uso del marchio altrui deve avere una finalità principalmente espressiva o artistica, e non meramente commerciale o volta a sfruttare indebitamente la notorietà del segno.

Il contesto di utilizzo

È determinante il contesto in cui il marchio viene inserito: se esso è parte di un messaggio più ampio e complesso, in cui la citazione del marchio rappresenta solo uno degli elementi dell’opera, l’utilizzo tende ad essere considerato lecito.

L’originalità dell’opera

Quanto più l’opera risulta originale e frutto di un processo creativo autonomo, tanto più l’uso del marchio altrui può essere giustificato come espressione artistica legittima.

L’assenza di danno alla reputazione del marchio

L’utilizzo non deve danneggiare la reputazione o l’immagine del marchio citato, né creare confusione nel pubblico circa la provenienza dell’opera o un’eventuale connessione con il titolare del marchio.

La proporzionalità dell’utilizzo

L’impiego del marchio deve essere proporzionato rispetto allo scopo espressivo perseguito, evitando utilizzi eccessivi o non necessari alla finalità artistica.

La giurisprudenza in materia

Il caso “FAKE LAB” in Italia

Un importante precedente nella giurisprudenza italiana è rappresentato dal caso “FAKE LAB“, in cui la Corte di Cassazione ha stabilito che non si configura contraffazione quando il marchio viene utilizzato con finalità ironiche e parodistiche per la creazione di prodotti nuovi e originali che, pur incorporando un marchio registrato, sono chiaramente inidonei a creare confusione con i beni tutelati.

La Corte ha sottolineato come il messaggio parodistico evidente escludesse ogni possibilità di confusione, richiamando espressamente la Direttiva UE 2015/2436 e il principio secondo cui “l’uso di un marchio d’impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale“.

La Corte dell’Aja e il bilanciamento tra diritti fondamentali

Particolarmente significativa è anche una pronuncia della Corte dell’Aja, chiamata a dirimere un caso in cui si contrapponevano la libertà di espressione e la protezione della proprietà intellettuale. I giudici olandesi hanno affermato la prevalenza della libertà di espressione e della critica sociale rispetto ai diritti di proprietà industriale quando l’utilizzo del marchio altrui da parte dell’artista possa essere qualificato come:

  • Funzionale
  • Proporzionato
  • Non-commerciale

In tali circostanze, secondo la Corte, la questione deve essere risolta in favore della garanzia della libertà di espressione, in quanto principio fondante di una società democratica.

Il Tribunale di Bruxelles e il concetto di “motivo legittimo”

Il Tribunale di Bruxelles ha offerto un’altra prospettiva interessante, stabilendo che l’uso del marchio nei dipinti costituisceun utilizzo diverso da quello per distinguere i prodotti e i servizi” e che, pertanto, esso può essere vietato solo se:

  • Ne deriva un indebito profitto dalla notorietà del marchio
  • Causa un danneggiamento della sua reputazione
  • Viene utilizzato senza un motivo legittimo

Quanto all’ultimo punto, i giudici hanno riconosciuto che la libertà artistica, quale declinazione del diritto alla libertà di espressione, può costituire un “motivo legittimo” per l’utilizzo del marchio altrui quando l’espressione artistica sia “il risultato originale di un processo di progettazione creativa” e non danneggi il marchio o il suo titolare.

Casi pratici e distinzioni rilevanti

Arte appropriativa e Pop Art

Un ambito particolarmente interessante è quello dell’arte appropriativa e della Pop Art, dove l’utilizzo di marchi e simboli commerciali è parte integrante del linguaggio espressivo. Artisti come Andy Warhol, con le sue celebri serigrafie delle Campbell’s Soup Cans, hanno fatto della riproduzione di marchi e prodotti commerciali un elemento centrale della propria ricerca artistica, contribuendo a ridefinire i confini tra arte, cultura di massa e comunicazione commerciale.

In questi casi, l’uso del marchio si configura come un commento culturale o una riflessione sulla società dei consumi, e viene generalmente considerato legittimo in quanto espressione artistica genuina.

Parodia e satira

Particolarmente tutelato è l’utilizzo di marchi altrui a fini parodistici o satirici. La parodia, in quanto forma di critica o commento sociale, gode di speciale protezione nell’ambito della libertà di espressione. Quando un artista reinterpreta un marchio in chiave ironica o satirica, senza creare confusione nel pubblico e senza danneggiare la reputazione del segno, tale utilizzo è generalmente considerato lecito.

Merchandising e prodotti commerciali

Diverso è il caso in cui il marchio altrui venga riprodotto su prodotti destinati alla commercializzazione senza alcun intento artistico o espressivo, ma con il solo scopo di sfruttare la notorietà del segno. In queste circostanze, l’assenza di una finalità artistica genuina e la prevalente intenzione commerciale rendono l’utilizzo difficilmente giustificabile sotto il profilo della libertà di espressione.

Criteri discriminanti per la valutazione della liceità

Dall’analisi della normativa e della giurisprudenza emergono alcuni criteri fondamentali per determinare la liceità dell’utilizzo di marchi altrui in contesti artistici:

La centralità del marchio nell’opera

Se il marchio altrui costituisce il protagonista principale dell’opera e la sua presenza rende l’opera più commercialmente appetibile sul mercato in virtù della notorietà del brand, la libertà di espressione sarà difficilmente invocabile come giustificazione.

Al contrario, se il marchio è inserito in un contesto espressivo più ampio, in cui la sua citazione rappresenta solo uno degli elementi del messaggio che l’artista intende comunicare, l’utilizzo tende ad essere considerato lecito.

La finalità dell’utilizzo

L’intento dell’artista è un elemento cruciale: se l’uso del marchio è strumentale alla critica sociale, alla parodia, alla riflessione culturale o ad altre forme di espressione artistica genuina, esso sarà più facilmente giustificabile rispetto a un utilizzo meramente volto a capitalizzare sulla notorietà del segno.

Il rischio di confusione

Un aspetto determinante è la possibilità che il pubblico possa confondersi circa la provenienza dell’opera o l’esistenza di un collegamento tra l’artista e il titolare del marchio. Se tale rischio è escluso dalla natura stessa dell’opera o dalle modalità di presentazione della stessa, l’utilizzo del marchio tende ad essere considerato legittimo.

L’impatto sulla reputazione del marchio

L’utilizzo non deve danneggiare la reputazione o l’immagine del marchio citato. Utilizzare un marchio in contesti offensivi, denigratori o che ne possano compromettere il valore commerciale o reputazionale può configurare un utilizzo illecito, anche quando avviene in un contesto artistico.

Riferimenti normativi

  • D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della Proprietà Industriale)
  • Direttiva UE 2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa
  • Art. 21 della Costituzione italiana
  • Art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

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