La critica al turbocapitalismo che i servi del dollaro non perdoneranno al Papa

E’ falso che Papa Leone intenda attaccare gli Stati Uniti di Trump, è vero che non farà sconti ad un modello turbocapitalista basato sullo scarto e sul sopruso umano, e ipocritamente dedito a lisciare per il verso del pelo la sottocultura woke dei diritti civili a discapito di questi sociali. Ma non specherà parole sul […] L'articolo La critica al turbocapitalismo che i servi del dollaro non perdoneranno al Papa proviene da Economy Magazine.

Mag 9, 2025 - 22:05
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La critica al turbocapitalismo che i servi del dollaro non perdoneranno al Papa

E’ falso che Papa Leone intenda attaccare gli Stati Uniti di Trump, è vero che non farà sconti ad un modello turbocapitalista basato sullo scarto e sul sopruso umano, e ipocritamente dedito a lisciare per il verso del pelo la sottocultura woke dei diritti civili a discapito di questi sociali.

Ma non specherà parole sul tema, farà atti concreti ed espressivi: non c’è bisogno, per un Papa, di ribadire a chiacchiere che la sua via è quella indicata dal Vangelo. Ed, in materia di soldi, il Vangelo è chiarissimo, per quanto negli Stati Uniti – dove hanno avuto l’idea blasfema di stampare sulle banconote una frase che, su quei fogli, suona come una bestemmia (“In God we trust”) – i più non lo capiscano. E’ un problema loro. Il Vangelo è chiaro, in materia: “Non potete servire Dio e Mammona”, vi si legge e Mammona (lo dicono sia Wikipedia che ChatGPT e la Treccani) è l’avarizia, la brama di ricchezza.

Per capire cosa ispirerà Papa Leone – senza permettersi, come invece stanno facendo tutti, di entrare nella sua testa e nelle sue intenzioni – giova forse rileggere almeno due brevi passaggi della straordinaria “Centesimus Annus”, l’enciclica del 1991 con cui San Giovanni Paolo II volle rievocare ed aggiornare la storica “Rerum novarum” con la quale appunto nel 1891 Papa Leone XIII per la prima volta chiarì la visione cattolica sull’economia di mercato, sui suoi limiti e sui suoi difetti, pur senza ovviamente ammiccare all’ideologia marxista che dilagava e che di lì a 26 anni avrebbe condotto la Russia alla rivoluzione d’ottobre ed all’instaurazione del regime comunista.

Dunque, al paragrafo 42 nella “Centesimus”, si legge: “La caduta del totalitarismo comunista nei singoli Paesi europei non significa che si debba accettare il capitalismo incondizionato”. E ancora: “È necessario analizzare il capitalismo stesso […] Il fatto che sia crollato il comunismo non significa che il capitalismo sia l’unico modello valido”.

Più chiaro di così sarebbe stato impossibile. Ma come fa, un Papa cattolico con idee così chiare e con fede così limpida come quella di Wojtyla, a esercitare il suo magistero morale? Con la comunicazione: non certo con gli editti, o con gli ordini esecutivi che il Troglodita della Casa Bianca sparacchia a 360 gradi. E la comunicazione del Papa cattolico attrae, sì, i media di tutto il mondo ma non può facilmente superare le manipolazioni e le censure di fatto che essi esercitano sui contenuti scomodi, quando si tratta di difendere i grandi interessi dello status quo.

Quindi la radice profondamente critica della lezione del Papa polacco verso gli eccessi del turbocapitalismo – che vede soltanto nell’utile finanziario la foce naturale e indiscutibile dell’attività economica, celebra l’avidità e individua nell’arricchimento infinito una meta fisiologica – è stata sostanzialmente cancellata dalle cronache e dalle analisi. E Papa Wojtyla è passato alla storia come colui che con la sua autorità morale, sostenendo Solidarnosc, ha permesso la prima crepa nel moloch comunista sovietico e, in definitiva, reso possibile il crollo del muro. Ma l’altro Muro, quello di Wall Street (Wall, cos’altro significa?) non gli piaceva molto di più di quello berlinese. E l’aveva scritto a chiare lettere

Ora, che un Papa invochi la pace, è ovvio. Può farlo in maniera più o meno vibrata, e Papa Prevost è stato, sin nel primissimo esordio, di straordinaria efficacia e chiarezza. Ma resta una cosa ovvia. Fate la prova del contrario: vi immaginate un Papa che all’Angelus dica: “Cari fedeli, rassegnatevi: gli uomini amano farsi la guerra, non c’è niente da fare!”? Inimmaginabile.

Invece è non solo immaginabile, ma tante volte accaduto, che Papi e prelati in genere non fiatassero contro i pornografici eccessi di disuguaglianza che stanno minando dall’interno qualsiasi credibilità del capitalismo occidentale, non più bilanciati dalle socialdemocrazia votate ormai alla sola tutela del popolo Lgbt+ (cui va garantito ogni diritto proprio, ma non anche quelli altrui), né dai sindacati, ingialliti nella ricerca peraltro vana di uno strapuntino da cui condividere briciole di utili.

Anche Papa Bergoglio ha subìto una atroce censura, quella delle sue numerose invettive contro la “cultura dello scarto”, che da un lato nutre il consumismo sfrenato e scriteriato necessario al turbocapitalismo per alimentare la spirale degli eccessi e dall’altro colpisce le persone – gli anziani, i disabili, i minori – incapaci di integrarsi, senza sostanzialmente farsene il minimo scrupolo. C’è da scommettere, e già se ne scorgono i segni nelle primissime parole del Papa, che anche Prevost seguirà Francesco su questa linea. Invece Bergoglio fu invece “cavalcato” e poi ignorato – con lo strumento subdolo dell’eccesso di ipocrita adesione – nel suo appello ambientalista (quello della “Laudato si’”) che aprì la strada al “fenomeno Greta”, e fu fagocitato dalla finanza americana nella narrazione tartufesca sull’applicazione dei principi Esg nelle imprese. Narrazione spazzata via oggi da Trump e prestamente archiviata dalle società che più l’avevano sbandierata.

Stiano attenti quelli che guardano alla Chiesa come a un potere politico tra gli altri. A modo suo, spesso anche in modo deteriore, politica può farne la Curia. Ma se 160 delegazioni da tutto il mondo sono convenute a Roma per i funerali di un Papa è perché si sa che da quel magistero possono ancora emergere stimoli capaci di scompaginare le linee dei poteri veri, quelli del denaro e – oggi, purtroppo – anche quelli della tecnologia oligarchica e fuori controllo.

Avrà tanto da lavorare, Papa Leone XIV. Ma l’impressione è che abbia al suo fianco l’Alleato più forte di tutti.

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