No alla geolocalizzazione del lavoratore in smart working

![CDATA[Il Garante privacy, nella Newsletter n. 534 dell'8 maggio 2025, ha reso noto che il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working, in assenza di un’idonea base giuridica e di un’adeguata informativa, generando tale procedura conseguenti interferenze nella vita privata dei dipendenti, oltre a numerose violazioni del Regolamento europeo e del Codice della privacy. Lo ha affermato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 50mila euro ad un'Azienda che rilevava la posizione geografica di circa cento dipendenti durante l’attività lavorativa svolta in modalità agile. Più precisamente, dall'istruttoria è emerso che l'Azienda effettuava un monitoraggio dei propri dipendenti per verificare l'esatta corrispondenza tra la posizione geografica in cui si trovavano e l'indirizzo dichiarato nell'accordo individuale di smart working, anche in base a specifiche procedure di controllo mirato. In base a tali procedure, il personale, scelto a campione, veniva contattato telefonicamente dall’Ufficio controlli con la richiesta di attivare la geolocalizzazione del pc o dello smartphone, effettuando una timbratura con un’apposita applicazione, e di dichiarare subito dopo, tramite un’e-mail, il luogo in cui in quel preciso momento si trovava fisicamente. A tale richiesta, seguivano poi le verifiche e gli eventuali procedimenti disciplinari dell’Azienda. Secondo il Garante privacy, le diverse esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in smart working non possono essere perseguite, a distanza, con strumenti tecnologici che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del dipendente non consentito dallo Statuto dei lavoratori e dal quadro costituzionale.]]

Mag 10, 2025 - 00:26
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No alla geolocalizzazione del lavoratore in smart working
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Il Garante privacy, nella Newsletter n. 534 dell'8 maggio 2025, ha reso noto che il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti in smart working, in assenza di un’idonea base giuridica e di un’adeguata informativa, generando tale procedura conseguenti interferenze nella vita privata dei dipendenti, oltre a numerose violazioni del Regolamento europeo e del Codice della privacy.

Lo ha affermato il Garante privacy nel comminare una sanzione di 50mila euro ad un'Azienda che rilevava la posizione geografica di circa cento dipendenti durante l’attività lavorativa svolta in modalità agile.

Più precisamente, dall'istruttoria è emerso che l'Azienda effettuava un monitoraggio dei propri dipendenti per verificare l'esatta corrispondenza tra la posizione geografica in cui si trovavano e l'indirizzo dichiarato nell'accordo individuale di smart working, anche in base a specifiche procedure di controllo mirato.

In base a tali procedure, il personale, scelto a campione, veniva contattato telefonicamente dall’Ufficio controlli con la richiesta di attivare la geolocalizzazione del pc o dello smartphone, effettuando una timbratura con un’apposita applicazione, e di dichiarare subito dopo, tramite un’e-mail, il luogo in cui in quel preciso momento si trovava fisicamente. A tale richiesta, seguivano poi le verifiche e gli eventuali procedimenti disciplinari dell’Azienda.

Secondo il Garante privacy, le diverse esigenze di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in smart working non possono essere perseguite, a distanza, con strumenti tecnologici che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del dipendente non consentito dallo Statuto dei lavoratori e dal quadro costituzionale.]]