L’ingegnera manager di Snam contro gli stereotipi di genere: “Un team di successo? E’ inclusivo”
Maria Sferruzza è responsabile di progetti chiave per la transizione energetica: “C’è ancora molto da fare per colmare il gap. Ma sempre più ragazze scelgono materie tecnico-scientifiche. Equilibrio tra vita privata e lavoro? E’ un’esigenza anche maschile”

Il suo ruolo in Snam è ‘Executive Director international Engineering, construction & solutions’, ma lei preferisce essere chiamata, semplicemente, ‘Maria’. Originaria di Palermo, Maria Sferruzza vanta una carriera ormai trentennale nel settore dell’energia: a lei il gruppo Snam ha affidato alcuni dei progetti più impegnativi nell’ambito della transizione energetica e della messa in sicurezza dell’intera filiera del gas naturale. Tra questi, spicca il completamento della Linea Adriatica, pensato per incrementare la capacità di trasporto del gas metano lungo la direttrice sud-nord e già considerato uno dei progetti infrastrutturali più importanti nella storia energetica del nostro Paese.
Una scelta insolita
“Fin dai tempi dell’università, mi sono confrontata con ambienti quasi esclusivamente maschili – ricorda Sferruzza –. Al primo anno di corso, all’università di Palermo, eravamo solo cinque donne, in una classe di 350 uomini. E, all’indomani della laurea, sono stata la seconda donna ingegnera in un campus di 5mila persone, prevalentemente tecnici. A distanza di quasi trent’anni, posso dire che la quota femminile nel settore è cresciuta progressivamente: in Snam, ad esempio, ha superato il 17% della forza lavoro complessiva. Ma c’è ancora molto da fare per colmare il gap”.
Fa ben sperare per il futuro, secondo Sferruzza, la sempre maggiore preferenza mostrata dalle ragazze per i corsi di laurea cosiddetti ‘Stem’ (materie tecnico-scientifiche), un tempo ritenuti - a torto - appannaggio esclusivamente maschile. “Subito dopo la laurea – ricorda ancora Sferruzza – mi aveva cercato anche un’altra azienda, proponendomi un ruolo più affine al gestionale/marketing. Rifiutai: il mio sogno era lavorare nel settore energetico. La mia scelta, all’epoca, fu considerata quanto meno ‘insolita’ per una ragazza”.
Work-life balance? Imprescindibile per donne e uomini
Sulla crescita professionale di una donna, nel nostro Paese, pesano ancora le scelte compiute in ambito familiare: se si decide di mettere al mondo uno o più figli, se ci si deve occupare di familiari in difficoltà; se, insomma, si deve assolvere a quei doveri di ‘cura’ cui le donne sembrano, giocoforza, predestinate. Maria Sferruzza, però, dissente parzialmente da questa visione: “Gestisco un team in cui le esigenze di ‘work-life balance’ (bilanciamento lavoro-vita privata, ndr) sono le medesime, indipendentemente dal genere. Di questi tempi, anche gli uomini si fanno carico degli adempimenti di cura dei figli: per questo motivo, l’azienda ha previsto diverse misure di welfare proprio a favore dei padri”.
I figli negli Usa
Quanto alla sua esperienza personale, Sferruzza ribadisce l’importanza di avere un partner in grado di sostenere le scelte della propria compagna: ‘uno sponsor’, lo definisce, con cui sia possibile progettare una gestione familiare senza sacrificare le ambizioni di entrambi, né penalizzare i figli. A beneficiarne, dichiara l’ingegnera con convinzione, sono proprio loro, che imparano ad assecondare le proprie passioni: "Mia figlia, 21 anni, è prossima alla laurea in Ingegneria negli Usa e lavorerà a Houston; mio figlio, 17 anni, la seguirà negli Stati Uniti dopo il diploma. La sua idea è studiare Economia, come suo padre”.
La visione di squadra
I progetti nei quali Maria Sferruzza è attualmente impegnata sono cruciali per la buona riuscita della transizione energetica del nostro Paese: parliamo di opere necessarie per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e, al contempo, proseguire il percorso in direzione della neutralità carbonica. Per realizzare obiettivi così complessi in un’epoca di ‘policrisi’ (segnata, cioè, da crisi di varia natura, da quella geopolitica fino a quella climatica e ambientale), occorre far leva non sulle capacità di un singolo, ma di un’intera squadra. Per dirla con il titolo di un romanzo di qualche anno fa, ‘Nessuno si salva da solo’. "Un team di successo – conferma Sferruzza – è quello capace di inglobare competenze e know-how il più possibile differenti; mai come oggi, un team di successo è ‘inclusivo’, non solo nei confronti del genere, ma anche delle attitudini, delle capacità di visione e analisi del rischio, dei background di provenienza. Questa ‘inclusività’ è la vera carta vincente per abilitare, finalmente, l’innovazione”.