L’inflazione percepita si avvicina al 10% Un italiano su due ha ridotto i consumi
L’indagine di Noto sondaggi. Rispetto al tasso reale di aumento dei prezzi, che ad aprile è del 2% su base annua, l’incremento avvertito dai consumatori è del 9,9 per cento. Energia e alimentari i comparti con gli indici più elevati L’inflazione percepita dagli italiani è del 9,9%, un dato che supera di quasi otto punti […] L'articolo L’inflazione percepita si avvicina al 10% Un italiano su due ha ridotto i consumi proviene da Iusletter.

L’indagine di Noto sondaggi. Rispetto al tasso reale di aumento dei prezzi, che ad aprile è del 2% su base annua, l’incremento avvertito dai consumatori è del 9,9 per cento. Energia e alimentari i comparti con gli indici più elevati
L’inflazione percepita dagli italiani è del 9,9%, un dato che supera di quasi otto punti percentuali il tasso di inflazione reale, arrivato ad aprile al 2% su base annua (indice Nic, fonte Istat). Un italiano su due ha ridotto i propri consumi negli ultimi sei mesi per far fronte all’aumento dei prezzi. Inoltre, il 61% ritiene che il proprio stipendio o pensione non siano adeguati a far fronte al costo della vita e due persone su tre pensano che, a causa dei dazi e della guerra commerciale che potrebbe derivarne, i prezzi nei prossimi mesi cresceranno ancora. Sono i risultati di un’indagine condotta da Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore del Lunedì, fra il 22 e il 28 aprile scorsi.
Il divario con l’inflazione reale
L’inflazione percepita supera sempre quella reale, ma il divario tra i due valori oggi è di 7,9 punti percentuali. Nel sondaggio analogo pubblicato dal Sole 24 Ore del Lunedì a ottobre 2023, questa forbice era di quasi sei punti, ma il tasso di inflazione reale era molto più elevato, al 5,3 per cento. «Il gap tra l’inflazione percepita e quella reale – spiega Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano – si avverte di più in tempi di alta inflazione, soprattutto quando ci sono delle fiammate inflattive». Il punto è che ormai siamo al terzo anno compiuto di aumento dei prezzi e a dettare la percezione è l’impatto dei rincari sul più lungo periodo: l’inflazione cumulata – misurata da Istat con l’indice generale dei prezzi al consumo – ha raggiunto il 17% rispetto al 2019.
«È interessante capire – aggiunge Del Conte – perché registriamo proprio ora questo incremento dell’inflazione percepita. Quando si parla di percezione non c’è mai una spiegazione scientifica precisa, tuttavia è evidente che una sensazione di incertezza generale come quella attuale porta a sentire di più la spinta inflazionistica. Peraltro, la preoccupazione che possa riaccendersi una nuova fiammata inflattiva è tutt’altro che immotivata».
I beni per i quali gli italiani avvertono gli incrementi più pesanti sono quelli legati alla casa: acqua, elettricità e combustibili. Per questa voce, il tasso di inflazione percepita sale al 16,4%, mentre quella reale si ferma al 5 per cento. L’energia è anche il capitolo che – esclusi i generi alimentari – incide maggiormente sulle spese mensili degli intervistati, insieme ai carburanti e ai beni e servizi per la salute. Per questo motivo il Dl Bollette (19/2025), convertito in legge ad aprile, ha messo in campo risorse per tre miliardi, oltre metà dei quali destinati al bonus una tantum di 200 euro per le famiglie con Isee fino a 25mila euro.
L’incremento reale dei prezzi per i beni alimentari è del 3,2%, ma quello percepito è del 13,1 per cento. Il divario fra i due valori è ampio anche per altre categorie di prodotti, come l’abbigliamento e le calzature (0,8% contro 9,7%), oppure nei servizi ricettivi (12,3% contro 3,8%) o nei beni e servizi per la persona (+10,4% contro 2,6%). Inoltre l’aumento avvertito dalle donne è persino più elevato rispetto a quello percepito dagli uomini, praticamente per tutte le categorie di prodotti e servizi.
Il taglio delle spese
I comportamenti dei consumatori sono determinati soprattutto dall’inflazione percepita: l’effetto più immediato, per chi ritiene di avere un potere di acquisto inferiore, è quello di tagliare i consumi. Infatti, il 46% degli intervistati dichiara di aver rinunciato a fare degli acquisti o di aver ridotto i consumi negli ultimi sei mesi, esclusi i generi alimentari, e il 50% ha ridotto anche gli acquisti nel carrello della spesa. Il taglio, non considerando gli alimentari, riguarda principalmente la ristorazione, il tempo libero, l’abbigliamento. Sul fronte della spesa alimentare, invece, il 36% degli intervistati ha rinunciato a consumare o ridurrà il consumo di pesce e frutti di mare; il 34% di vino; il 29% di marmellate o miele.
I salari
Il potere d’acquisto delle famiglie è legato a doppio filo con il tema dei salari, come ha ricordato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a ridosso del 1° maggio. Nell’ultima rilevazione Istat sulle retribuzioni contrattuali, relativa al primo trimestre 2025, «in termini reali si osserva un ulteriore recupero rispetto alla perdita di potere d’acquisto che si è verificata nel biennio 2022-2023, che tuttavia rimane ancora ampia»: le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’otto per cento rispetto a quelle di gennaio 2021.
Gli intervistati da Noto Sondaggi, per il 61% ritengono che il proprio salario o la propria pensione siano inadeguati a far fronte al costo della vita. «Dinanzi a salari bassi che non possono essere ulteriormente compressi – spiega ancora Del Conte – l’inflazione schiaccia il potere d’acquisto, e questa riduzione innesca il taglio dei consumi». Una fragilità che all’interno di un globale quadro di crisi ci rende più esposti di altri Paesi all’aumento dei prezzi, «perché se le nostre buste paga medie fossero come quelle dei tedeschi, intorno a 3mila euro – conclude il docente della Bocconi – questo impatto lo sentiremmo meno».
Il 70% degli intervistati ritiene che le recenti misure e gli aiuti approvati dal Governo non saranno efficaci nel contrastare l’aumento dei prezzi.
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