La Fisica vista da una filosofa della scienza
Ma davvero la Fisica ha l’ultima parola su quello che accade? A mettere in discussione questo atteggiamento deterministico delle interpretazioni scientifiche è, nel suo ultimo libro, la filosofa della scienza Nancy Cartwright, oggi docente all’University of California a San Diego. Nelle sue varie argomentazioni, l’autrice descrive come le caratteristiche fisiche del mondo siano considerate causa […] L'articolo La Fisica vista da una filosofa della scienza sembra essere il primo su Galileo.

Ma davvero la Fisica ha l’ultima parola su quello che accade? A mettere in discussione questo atteggiamento deterministico delle interpretazioni scientifiche è, nel suo ultimo libro, la filosofa della scienza Nancy Cartwright, oggi docente all’University of California a San Diego. Nelle sue varie argomentazioni, l’autrice descrive come le caratteristiche fisiche del mondo siano considerate causa di ogni evento; ma non è facile capire se l’autrice esprima le sue convinzioni personali o se riferisca un banale luogo comune secondo cui tutti gli eventi “obbediscono” alle leggi della fisica.
Come la Fisica vede il mondo

Sembra qui necessario chiarire che nessun evento, di nessun tipo, conosce leggi a cui obbedire (né può scegliere di farlo). I fatti accadono, in condizioni che sperimentalmente possono essere molto controllate, e gli scienziati possono solo descriverne il loro svolgersi, cercando relazioni al loro interno e con le condizioni esterne. Le leggi non sono imposte ai fatti, ma nascono come elaborazione della conoscenza umana che li osserva e li interpreta cercando regolarità nel loro svolgersi, sulla base di generalizzazioni di eventi e di correlazioni tra variabili: è poi la cultura che ne costruisce modelli più o meno soggetti a successive specificazioni riorganizzando organicamente le conoscenze acquisite. Ci sono descrizioni più generali e descrizioni più specifiche, intrecci complessi tra realtà, ricostruzioni sperimentali e teorie esplicative, ma ogni disciplina ha le sue modalità di descrizione e interpretazione. Cartwright preferisce descrivere il mondo come un variegato mosaico, in cui “molto di ciò che accade, accade per caso, senza alcuna legge”; ma riporta che anche importanti scienziati, come Cavendish e altri, “sanno vedere il mondo popolato da una immensa varietà di cose con caratteristiche ampiamente diverse tra loro”. Questo non impedisce loro di vedere regolarità in alcuni fenomeni, di ri-presentarli sperimentalmente in sistemi più facilmente controllabili, di descriverne gli andamenti e di correlarli ad altri in un sistema di spiegazioni. Cavendish stesso, infatti, aveva potuto costruire apparecchi adatti a osservare meglio la forza di attrazione gravitazionale e a misurarla sperimentalmente.
Fisica, Chimica e discipline di confine
Tuttavia secondo l’opinione corrente, prosegue Cartwright, la Fisica imporrebbe le sue leggi su tutte le discipline scientifiche: ma la Chimica ha una sua autonomia o può essere o meno ridotta alla Fisica? In realtà questo non sembra un interrogativo di attualità: ogni disciplina ha il suo campo di indagine, in continua evoluzione e in continua sovrapposizione con il portato concettuale di altre discipline: domandarsi a chi appartiene la struttura dell’atomo non ha molto senso e oggi discipline di confine utilizzano dati che originano da più campi di esperienza per le proprie interpretazioni.
I limiti della tecnologia
Per articolare le sue argomentazioni, la filosofa racconta come, avendo osservato per un paio d’anni lo svolgersi della – costosa – costruzione della sonda Gravity Probe B diretta dalla Stanford University, aveva potuto rendersi conto delle difficoltà di realizzazione nonostante la straordinaria precisione delle apparecchiature. La sua “scoperta” è che i fenomeni, nella loro realtà empirica, non si svolgono in modo perfettamente rigoroso e che la precisione tecnologica ha comunque dei limiti. Si pongono quindi due problemi: se è vero che il mondo “è tutta fisica” allora non c’è nulla che non possa essere perfettamente modellizzato; ma se non si riesce a modellizzare tutto, forse ci sono delle cause aggiuntive che non rientrano nell’ambito della Fisica. Dunque quali sono i limiti delle interpretazioni fisicaliste? Cosa opporre al determinismo rigoroso? Veramente la Fisica riesce a spiegare tutto ciò che succede nel mondo? L’economia, l’econometria sono anch’esse sottoposte alle leggi della Fisica? E che dire della Biologia? E i comportamenti umani? Le malattie psichiche, i disagi, i malesseri così diffusi soprattutto tra i giovani, da cosa sono causati?
Strumenti e linguaggi adatti
La specializzazione in campi disciplinari, certamente capaci di comunicare e di influenzarsi reciprocamente, è caratterizzata da modi di guardare i fatti che nel tempo si sono strutturati e adeguati al contesto di ricerca. Ogni disciplina ha i suoi strumenti concettuali e tecnologici adatti a risolvere i problemi che la disciplina stessa pone, ha un suo linguaggio e i suoi codici interpretativi condivisi all’interno della comunità scientifica, talvolta un po’ antiquati ma aperti ai nuovi risultati. Le nuove e più approfondite sperimentazioni espandono i campi di ricerca in ambiti coerenti con le precedenti acquisizioni. Probabilmente la Fisica non può occuparsi dei problemi di libero arbitrio o di disagi psicologici perché non ha gli strumenti concettuali adatti: può invece occuparsi della struttura dell’atomo o dell’universo perché dispone di tecnologie e linguaggi costruiti apposta per farlo. Attraverso la matematica e la statistica può forse contribuire a risolvere problemi di econometria, di sociologia, o di tecnologie avanzate e, di questi tempi, anche di intelligenza artificiale.
Un meccano cognitivo
Il modello conoscitivo proposto dalla filosofa sostiene che la previsione (fisica) di cause ed effetti può avere successo soltanto in “piccoli mondi” adeguatamente strutturati, mentre la maggior parte delle situazioni in cui viviamo non sembra essere così strutturata. Molte delle cause che riscontriamo negli eventi non possono essere descritte con il linguaggio preciso della fisica che non ha quindi presa su di loro. Si descrivono invece con frasi del tipo “le cose sono più o meno così, andranno più o meno così”, riferite al mondo variegato che, con le sue molteplici suggestioni, offre altre possibili spiegazioni. Non tutto è determinato a priori e lo svolgersi dei fenomeni avviene in un contesto naturale variabile, multiforme, spesso imprevedibile, capace di suscitare quella meraviglia che il determinismo cerca di negare. Per visualizzare questa concezione c’è infatti, all’inizio del testo, un disegno di Harris che rappresenta un insieme di pezzi sconnessi (cioè non collegati tra loro): un immaginario Meccano cognitivo che dovrebbe dare al lettore l’idea del mondo secondo Cartwright. Ed è questo miscuglio di pezzi assemblati in modi diversi che produce la realtà meravigliosa in cui viviamo, un Meccano “che proietta un mondo ricco di diversità in cui altro è ancora possibile”.
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