La disciplina dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria e nelle professioni intellettuali

L’Artificial Intelligence Act (AI Act), introdotto con Regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024, come noto è il primo Regolamento euro-unitario dell’intelligenza artificiale volto a garantire che i sistemi di AI utilizzati nel mercato europeo siano rispettosi dei principi e dei diritti fondamentali dell’Unione, dando al contempo impulso alla […] L'articolo La disciplina dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria e nelle professioni intellettuali proviene da Iusletter.

Mag 16, 2025 - 13:48
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La disciplina dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria e nelle professioni intellettuali

L’Artificial Intelligence Act (AI Act), introdotto con Regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024, come noto è il primo Regolamento euro-unitario dell’intelligenza artificiale volto a garantire che i sistemi di AI utilizzati nel mercato europeo siano rispettosi dei principi e dei diritti fondamentali dell’Unione, dando al contempo impulso alla crescita economica e scientifica dell’Unione Europea mediante un utilizzo sicuro ed efficace delle nuove tecnologie.

Ebbene, con il costante progresso dei sistemi di intelligenza artificiale e la diffusione del loro utilizzo tra gli utenti del mercato, sorge l’esigenza di comprenderne i limiti ed i potenziali rischi applicativi, soprattutto in alcuni specifici ambiti della vita sociale.

In tale contesto, sul piano nazionale, lo scorso 20/03/2025 è stato approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica il disegno di legge n. 1146/2025, d’iniziativa del Governo, recante “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale”, il quale passerà ora al vaglio della Camera dei deputati per la seconda lettura.

Per quanto riguarda, in particolare, l’utilizzo dei sistemi di Intelligenza Artificiale nell’ambito dell’attività giudiziaria, l’art. 15 di tale disegno di legge prevede che “nei casi di impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria è sempre riservata al magistrato ogni decisione sull’interpretazione e sull’applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione dei provvedimenti”.

Maggiore apertura emerge in relazione all’utilizzo dell’AI nelle attività amministrative collaterali e nei servizi relativi alla giustizia, per cui il disegno di legge prevede che “il Ministero della giustizia disciplina gli impieghi dei sistemi di intelligenza artificiale per l’organizzazione dei servizi relativi alla giustizia, per la semplificazione del lavoro giudiziario e per le attività amministrative accessorie” e – fino alla compiuta attuazione del regolamento (UE) 2024/1689 – ne autorizza l’impiego in via sperimentale negli uffici giudiziari ordinari.

Inoltre, l’art. 13 del Ddl, rubricato “Disposizioni in materia di professioni intellettuali”, affronta il complesso tema dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ambito delle professioni intellettuali.

Sul punto la norma stabilisce che “L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali è finalizzato al solo esercizio delle attività strumentali e di supporto all’attività professionale e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera”.

Dunque, per i professionisti, l’utilizzo dell’AI sarebbe consentito esclusivamente per attività strumentali e di supporto all’attività professionale, senza che possa venir meno la centralità della valutazione critica e della discrezionalità che contraddistingue il ruolo stesso del professionista.

Quest’ultimo, infatti, è chiamato ad un grado di approfondimento che talvolta si scontra, e che va necessariamente conciliato, con l’immediatezza propria degli algoritmi dell’intelligenza artificiale che, di fatto, allo stato è costituito da un, sia pur sofisticato, sistema di elaborazione statistica di dati disponibili.

In particolare, infatti, per quanto l’esigenza di sintesi ci permetta di esprimerci compiutamente su un tema così complesso, il panorama attuale dello sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) è caratterizzato da una duplice corrente: un filone di ricerca si dedica all’ambizioso obiettivo di replicare digitalmente le capacità intellettive umane, infondendo intelligenza in computer e macchine. Parallelamente, un approccio più concreto e applicativo indirizza l’IA verso la risoluzione di attività e operazioni specifiche.

Sembra che quest’ultima prospettiva, di stampo più ingegneristico, stia guadagnando terreno. Le principali evoluzioni dell’IA e le scoperte più interessanti che ci offrirà, almeno nel medio periodo, saranno verosimilmente legate a soluzioni pratiche, capaci di affrontare problemi reali e di ottimizzare processi esistenti, rendendoli più agevoli, veloci e performanti.

In un tale contesto, come esempio delle problematiche che la Legge intende disciplinare con specifico riguardo alla professione forense, va segnalato che proprio nei giorni precedenti l’approvazione da parte del Senato, il Tribunale delle Imprese di Firenze, con ordinanza del 14/03/2025, ha affrontato la questione dell’utilizzo dell’AI negli atti difensivi da parte dell’avvocato, sottolineando l’importanza di un utilizzo consapevole di tale strumento da parte del professionista, onde evitare che risultati non vagliati possano compromettere l’attività difensiva in favore del cliente o alterare ingiustamente, anche se inconsapevolmente, il contraddittorio tra le parti.

In proposito, la normativa in esame sembra voler tenere in grande considerazione le riflessioni che gli esperti della materia non mancano di proporre sulla natura di queste nuove tecnologie.

L’intelligenza Artificiale (AI), infatti, può fare cose che appaiono “intelligenti”, ma in realtà essa non è affatto “pensante” come una persona. Se una persona facesse quelle stesse cose, diremmo che ha usato la sua intelligenza per farle. Proprio perché l’AI fa cose che appaiono intelligenti, è facile confondersi e pensare che lo sia davvero.

È molto importante capire la differenza tra l'”intelligenza vera” e il “comportarsi in modo intelligente” per non farsi un’idea sbagliata dell’AI. I sistemi automatici non capiscono le cose, non pensano profondamente e non sono consapevoli di sé: si comportano come se fossero intelligenti, ma quello che fanno sono solo azioni operative, elaborazioni statistiche, non frutto di un vero ragionamento.

Pensare che l’AI abbia delle intenzioni proprie o una coscienza morale è un errore di ragionamento. Questo errore può portare a regole e applicazioni errate.

L’intelligenza artificiale, dunque, può coadiuvare l’attività del professionista, velocizzare la ricerca, eventualmente migliorare l’espressività del linguaggio, ma non sostituire quest’ultimo, il quale dovrà sempre verificare i risultati ottenuti mediante l’utilizzo dell’AI e assumerne la responsabilità.

Ciò comporta la necessità per il professionista di poter tracciare il proprio utilizzo dell’AI – al fine di conservare evidenza dell’interazione con essa e del vaglio professionale esercitato sulla tecnologia – nonché di informare preventivamente il cliente, in sede di conferimento dell’incarico, dell’utilizzo dell’AI nell’ambito delle prestazioni offerte: sul punto, l’art. 13, comma 2 del disegno di legge in commento prevede che “per assicurare il rapporto fiduciario tra professionista e cliente, le informazioni relative ai sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dal professionista sono comunicate al soggetto destinatario della prestazione intellettuale con linguaggio chiaro, semplice ed esaustivo”.

Dunque, il principio cardine su cui si fonda il nuovo disegno di legge in materia di intelligenza artificiale è il contemperamento da parte del professionista tra lo strumento tecnologico e la propria sensibilità critica, essendo egli chiamato ad assumere la responsabilità delle proprie decisioni professionali, essendo allo stato inconcepibile che la capacità statistica di una macchina possa sostituire l’apporto del Professionista nelle valutazioni e nelle scelte.

Queste ultime potranno senz’altro essere supportate dalle nuove opportunità offerte dagli algoritmi tecnologici; tuttavia, essi dovranno venire criticamente vagliati dal professionista nell’ambito della propria discrezionalità professionale.

Sulla base di quanto previsto dal Ddl, la preparazione dei sistemi di AI è demandata al Governo che, entro dodici mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge, dovrà “definire una disciplina organica relativa all’utilizzo di dati, algoritmi e metodi matematici per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale”.

In particolare, nell’esercizio di tale delega, il Governo dovrà “dettare il regime giuridico dell’utilizzo dei dati, algoritmi e metodi matematici per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale, nonché i diritti e gli obblighi gravanti sulla parte che intenda procedere al suddetto utilizzo” e “prevedere strumenti di tutela, di carattere risarcitorio o inibitorio”, nonché“individuare un apparato sanzionatorio per il caso di violazione delle disposizioni introdotte”.

Proprio in ragione dei possibili rischi, intrinsecamente connessi all’utilizzo dei sistemi di AI, l’art. 17 del disegno di legge in questione introduce altresì una modifica all’art. 9, comma 2 del Codice di procedura civile, nella parte in cui definisce la competenza per materia del Tribunale, prevedendo che tra le cause di competenza esclusiva di quest’ultimo siano annoverate quelle “che hanno ad oggetto il funzionamento di un sistema di intelligenza artificiale”.  

Nello specifico, il disegno di legge prevede che il Governo dovrà “attribuire alle sezioni specializzate in materia di impresa le controversie relative alla disciplina introdotta” nell’esercizio della delega di cui sopra.

In conclusione, nell’ambito dei paesi dell’Unione europea, a partire dall’approvazione AI Act, l’intelligenza artificiale ha trovato una regolamentazione di avanguardia e lungimirante, la quale tuttavia dovrà essere tenuta costantemente aggiornata, di pari passo con il progresso tecnologico, al fine di poterne sempre fronteggiare gli eventuali rischi, favorendo al contempo lo sviluppo economico e scientifico.

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