Fotovoltaico residenziale, cosa succede in caso di blackout?
La stragrande maggioranza degli impianti fotovoltaici per autoconsumo è connesso alla rete elettrica e, in caso di blackout, si scollega da essa in automatico, un comportamento chiamato “anti-islanding” Si tratta di un meccanismo che avviene per legge. La normativa CEI 0-21 (pdf) dispone che, in mancanza di tensione di rete, l’inverter debba spegnersi, principalmente per […] The post Fotovoltaico residenziale, cosa succede in caso di blackout? first appeared on QualEnergia.it.

La stragrande maggioranza degli impianti fotovoltaici per autoconsumo è connesso alla rete elettrica e, in caso di blackout, si scollega da essa in automatico, un comportamento chiamato “anti-islanding”
Si tratta di un meccanismo che avviene per legge. La normativa CEI 0-21 (pdf) dispone che, in mancanza di tensione di rete, l’inverter debba spegnersi, principalmente per motivi di sicurezza.
Un blackout avviene infatti generalmente per due motivi: manutenzione programmata o guasto. In entrambi i casi è probabile che ci siano dei tecnici al lavoro sulle reti ed essendo gli impianti connessi ad essa l’elettricità prodotta potrebbe folgorarli.
La funzione Eps
I normali impianti fotovoltaici senza batterie e senza una funzione di backup non possono fornire elettricità in modo autonomo.
Per continuare a usare l’energia solare anche durante un blackout servono:
- batterie di accumulo (per garantire l’energia anche quando i pannelli non producono);
- un inverter ibrido con un sistema con funzione Eps (“Emergency Power Supply”), capace di scollegare la casa dalla rete e gestire un micro-sistema isolato in sicurezza.
È importante non confondere l’Eps con i gruppi di continuità, o “Ups”, (Uninterruptible power supply). Questi ultimi tengono in carica una batteria, alla quale vengono direttamente connessi apparecchi che per diversi motivi non possono interrompere la loro funzione, come i computer delle banche o le luci in una sala operatoria.
In altre parole, l’Ups non può immettere energia nella rete, ma può soltanto fornirla a singoli dispositivi.
L’Eps è invece un sistema più complesso: la batteria è connessa sia all’impianto FV sia alla rete di casa (e quindi anche con quella esterna). Viene quindi caricata dai pannelli sul tetto, e, in caso di blackout, un dispositivo la “stacca” dalla linea elettrica esterna tenendola connessa soltanto alle linee interne all’abitazione.
Solo dopo che questo è avvenuto la batteria provvede ad alimentare i consumi domestici. Questo implica comunque un momento in cui la fornitura elettrica in casa viene interrotta. “Si parla in genere di qualche minuto”, ci spiega Antonio Baiano, responsabile dell’azienda installatrice Terra Solare.
Il dispositivo per il backup può essere installato “sia sul quadro generale”, così da alimentare l’intera abitazione, “sia su linee differenziate” per dare corrente a determinati dispositivi come ad esempio il frigorifero o il congelatore.
I costi dell’Eps
Tutto questo ha un costo. Già un inverter ibrido costa di per sé di più di un inverter “normale” (cioè solo grid-tie, senza gestione batterie): a parità di potenza in media bisogna calcolare circa il 70% in più in media.
Aggiungere il sistema Eps comporta un’ulteriore rialzo. Un inverter ibrido da 5 kW senza Eps può costare circa 1.000 – 1.400 €, lo stesso modello con Eps può costare 100 – 300 € in più, a seconda del marchio.
Alcuni produttori offrono modelli con funzione Eps integrata, ma disattivata di default, che va quindi attivata con accessori aggiuntivi, che fanno salire il costo. L’installazione del sistema può comportare inoltre lavori elettrici supplementari, con nuovi costi extra per l’installazione.
Come la casa si “isola”
Una volta “isolato” dalla rete, il sistema di autoconsumo può continuare a funzionare normalmente, purché il consumo resti contenuto.
Quando si utilizza una linea di backup, le principali case produttrici di inverter consigliano di collegare un carico non superiore al 75% della capacità nominale del dispositivo. Ciò garantisce che l’energia immagazzinata nelle batterie sia utilizzata in modo ottimale e che le prestazioni dell’impianto siano mantenute nel tempo.
“Ogni casa madre fa il suo software. Alcune impongono un backup con batteria fino al massimo del 20%, vuol dire che l’accumulo non va mai al di sotto di quella soglia per usare l’energia che resta in caso di blackout”, spiega Baiano. La quota può ovviamente variare a seconda delle esigenze dell’utente e di quanto spesso si verificano blackout nella zona in cui l’impianto è installato.The post Fotovoltaico residenziale, cosa succede in caso di blackout? first appeared on QualEnergia.it.