Investire in Europa è la scelta giusta: perché dobbiamo trattenere i risparmi nel nostro continente
Ogni anno, 300 miliardi di euro dei risparmi europei volano oltre oceano, soprattutto verso gli Stati Uniti. Un fenomeno che indebolisce l’economia dell’Unione Europea e alimenta la competitività altrui. Ma esiste una via per invertire la rotta. Secondo il report Invest in Europe first! redatto da AREL Single Market Lab,

Ogni anno, 300 miliardi di euro dei risparmi europei volano oltre oceano, soprattutto verso gli Stati Uniti. Un fenomeno che indebolisce l’economia dell’Unione Europea e alimenta la competitività altrui. Ma esiste una via per invertire la rotta. Secondo il report Invest in Europe first! redatto da AREL Single Market Lab, Jacques Delors Centre, Jacques Delors Institut e IE Global Policy Center, l’Europa è ricca di risparmi.
Con circa 33 trilioni di euro accumulati dalle famiglie europee, l’Unione Europea potrebbe finanziare con mezzi propri la propria crescita, le transizioni verdi e digitale e persino la difesa comune. Eppure, ogni anno, un’enorme fetta di questo capitale viene investita fuori dai confini europei, alimentando economie concorrenti, in primis quella statunitense.
Una fragilità strutturale
Il problema principale è la frammentazione dei mercati finanziari europei. Mentre negli Stati Uniti esiste un sistema integrato ed efficiente, l’Europa resta ancorata a un modello bancocentrico e a una moltitudine di normative nazionali, che scoraggiano gli investimenti nei mercati interni. Non è un caso che appena il 14% del finanziamento alle imprese non finanziarie europee provenga da capitali di mercato, contro il 36% degli USA.
A questo si aggiunge la dominanza degli asset manager americani, che gestiscono buona parte dei capitali europei all’estero, drenando ricchezza e competenze fuori dall’UE e contribuendo a un “brain drain” finanziario.
Europa e soluzioni: investimenti domestici e industria del risparmio rafforzata
Il documento propone due direttrici principali per invertire la tendenza:
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Incentivare i risparmiatori a investire in Europa
Ispirandosi a modelli già collaudati – come i PIR italiani, i PEA francesi e gli ISA britannici – si propone la creazione di Piani Individuali di Risparmio europei (EU-PIR), che offrano vantaggi fiscali a chi investe in imprese europee, in particolare PMI, innovazione verde, digitale e difesa.
In parallelo, si suggerisce il rilancio del PEPP, il prodotto pensionistico paneuropeo, con un nuovo strumento a iscrizione automatica. Questo prodotto lungo termine, semplice e portabile tra Paesi, potrebbe diventare un potente veicolo per canalizzare capitali verso investimenti strategici. Anche i fondi pensione riceverebbero incentivi fiscali se destinano risorse a settori “reali” dell’economia, come infrastrutture, difesa, energia e transizione ecologica.
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Consolidare l’industria europea del risparmio gestito
L’Europa soffre la mancanza di grandi operatori finanziari. I primi quattro asset manager mondiali sono americani; il primo europeo, Amundi, è solo quinto. Per colmare il gap, il documento raccomanda di:
- Favorire fusioni transfrontaliere, semplificando le normative antitrust e i processi di approvazione.
- Armonizzare le regole fiscali, fallimentari e di governance societaria, per ridurre le barriere operative tra Paesi UE.
- Creare un codice unico dei mercati dei capitali, come proposto anche dal rapporto Letta, per ridurre la complessità giuridica.
Una questione anche geopolitica
Investire in Europa non è solo un’opportunità economica: è una scelta strategica. In un contesto globale instabile, dove la difesa, l’energia e le tecnologie critiche sono sempre più centrali, rafforzare l’autonomia finanziaria europea diventa un’esigenza di sicurezza. Meno dipendenza da attori esterni significa maggiore capacità di decidere il proprio destino.
Trattenere i capitali per far crescere l’Europa
Come sottolinea il rapporto, l’Europa ha tutte le carte in regola per finanziare il proprio futuro. Serve però una spinta politica decisa, a livello UE o – se necessario – tra “coalizioni dei volenterosi”.
Un’Unione che investe in se stessa è più resiliente, competitiva e protagonista nello scenario globale. Se aumentano gli asset investiti in Europa, anche un investitore in fondi comuni di investimento tradizionali può beneficiare in diversi modi. Ecco le principali ricadute:
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Aumento delle opportunità di rendimento
Con più capitali che restano nel continente:
- Crescono i finanziamenti alle imprese europee, soprattutto PMI e startup.
- Si stimola l’innovazione e l’espansione di settori strategici (green, tech, difesa).
- Le aziende europee quotate diventano più solide e potenzialmente più redditizie, favorendo il rendimento dei fondi che le includono.
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Maggior liquidità e profondità dei mercati
L’afflusso di capitali nei mercati europei aumenta:
- La liquidità: è più facile comprare e vendere titoli senza grandi variazioni di prezzo.
- La trasparenza e la competizione, che tendono a ridurre i costi e a migliorare la qualità delle aziende selezionate nei portafogli dei fondi.
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Riduzione della dipendenza dai mercati esteri
Se il peso degli investimenti europei aumenta nei fondi comuni:
- Si riduce l’esposizione a rischi geopolitici legati agli Stati Uniti o ad altre aree extra-UE.
- L’asset allocation diventa più equilibrata, con una maggiore diversificazione “domestica” anche per chi ha un portafoglio globale.
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Maggior controllo sui costi e sulla governance
Un’industria europea del risparmio gestito più competitiva significa:
- Potenziale riduzione delle commissioni, grazie all’efficienza di scala.
- Più attenzione alle esigenze degli investitori europei, con strategie d’investimento più vicine alle priorità UE (sostenibilità, economia reale, transizione verde e digitale).
Come potrebbe evolvere la strategia dei gestori di fondi comuni europei
In uno scenario in cui aumenta significativamente la quota di investimenti trattenuti e mobilitati all’interno dell’Europa, un gestore europeo evolverà da un approccio globale prudente a una strategia più attiva, tematica e radicata nell’economia europea, sfruttando le riforme istituzionali e gli incentivi per creare valore sul lungo periodo. In particolare:
Maggiore focus sul mercato domestico europeo
- I gestori potrebbero riequilibrare l’allocazione geografica, riducendo il peso degli asset statunitensi e asiatici.
- Più attenzione ai mercati azionari europei (soprattutto segmenti mid-cap e small-cap), che finora erano sotto-pesati per mancanza di liquidità o visibilità.
Crescente attenzione ai settori strategici europei
La strategia si sposterà verso:
- Green economy (energie rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare).
- Digitalizzazione (AI, cybersecurity, cloud, infrastrutture digitali).
- Difesa e sicurezza: un’area in forte espansione politica e finanziaria post-2024.
I fondi potrebbero creare comparti tematici europei, anche settoriali o ESG, legati alle priorità dell’UE.
Più investimenti in aziende private e illiquide
Con incentivi mirati (es. PIR alternativi), i gestori potrebbero:
- Aumentare la quota di portafoglio in private equity, venture capital, infrastrutture.
- Creare fondi chiusi (come gli ELTIF) con un orizzonte di medio-lungo termine e maggiore esposizione a progetti strategici.
Maggiore collaborazione con istituzioni europee
I fondi comuni potrebbero sfruttare:
- Partnership con BEI, EIF o altri veicoli pubblico-privati.
- Co-investimenti in progetti selezionati dalla Commissione Europea (PNRR, RePowerEU, ReArm Europe).
Questo permetterebbe di ridurre i rischi e accedere a opportunità privilegiate.
Nuovi prodotti per investitori retail
Con l’introduzione di strumenti come l’EU-PIR, i gestori lanceranno:
- Fondi comuni compatibili con le nuove agevolazioni fiscali nazionali.
- Prodotti a basso costo, trasparenti e con orizzonte quinquennale, per attrarre risparmiatori che finora erano su conti deposito o BTP.
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Note
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.