Guerra dei dazi USA-Cina: perché il vero vincitore dell’accordo è Pechino
Nel fine settimana, Stati Uniti e Cina hanno annunciato una tregua commerciale temporanea, concordando la riduzione reciproca dei dazi dal 125% al 10% per un periodo di 90 giorni. Una mossa che ha sorpreso molti osservatori, soprattutto considerando che pochi giorni prima il presidente Donald Trump aveva definito “ragionevole” un dazio dell’80% sulle importazioni dalla […] L'articolo Guerra dei dazi USA-Cina: perché il vero vincitore dell’accordo è Pechino proviene da Word2Invest.

Nel fine settimana, Stati Uniti e Cina hanno annunciato una tregua commerciale temporanea, concordando la riduzione reciproca dei dazi dal 125% al 10% per un periodo di 90 giorni. Una mossa che ha sorpreso molti osservatori, soprattutto considerando che pochi giorni prima il presidente Donald Trump aveva definito “ragionevole” un dazio dell’80% sulle importazioni dalla Cina. Tuttavia, il nuovo accordo mantiene ancora attivi i dazi al 20% sul fentanyl, portando l’aliquota effettiva sulla Cina al 30%.
Nonostante il sollievo iniziale dei mercati finanziari, per molti analisti il compromesso rappresenta una chiara vittoria per Pechino, sia sul piano economico che su quello geopolitico.
Il “Trump Put” e la realtà economica del compromesso
L’accordo ha scatenato euforia nei mercati, richiamando alla mente il concetto di “Trump Put” – l’idea secondo cui il presidente USA sarebbe disposto ad allentare le tensioni per evitare un crollo dei mercati azionari. Tuttavia, secondo esperti come Edward Yardeni e Dario Perkins (TS Lombard), l’ottimismo politico attorno a un presunto “Trump 2.0” è del tutto scollegato dalla realtà economica. Di fatto, l’accordo segna una ritirata strategica degli Stati Uniti, senza contropartite tangibili da parte di Pechino.
Ecco perché:
- Nessun nuovo impiego negli USA: la retorica protezionistica non ha portato a una rilocalizzazione della produzione o alla creazione di posti di lavoro.
- Il costo dei dazi ricadrà sui consumatori americani: il 30% residuo rappresenta comunque un costo aggiuntivo che si tradurrà in minori consumi e pressioni sulla produttività.
- L’incertezza resta: la finestra di 90 giorni aumenta il rischio di acquisti anticipati e volatilità, alimentando una possibile fiammata inflazionistica.
Gli effetti immediati: boom delle esportazioni cinesi e aumento dei costi logistici
La sospensione temporanea dei dazi ha innescato una corsa alle spedizioni dalla Cina verso gli Stati Uniti. Migliaia di container precaricati nei porti cinesi sono già in viaggio, approfittando della momentanea riduzione tariffaria. Il risultato? Un’impennata nella domanda di trasporto marittimo e un probabile aumento delle tariffe dei container.
Le conseguenze saranno pesanti per il sistema logistico e distributivo americano, già sotto pressione. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent, incalzato dai giornalisti, ha evitato risposte chiare, ma gli analisti prevedono che a pagare il conto saranno famiglie e imprese statunitensi. La fase di euforia di Wall Street potrebbe essere solo momentanea: i veri effetti si vedranno nei dati del terzo trimestre 2025.
Perché la Cina può definirsi vincitrice
La narrativa in Cina è completamente diversa. Funzionari, media statali e influencer cinesi presentano l’accordo come un trionfo diplomatico del presidente Xi Jinping. L’impressione è che Pechino abbia ottenuto una riduzione drastica delle tariffe statunitensi senza dover offrire concessioni sostanziali.
Dal punto di vista dell’opinione pubblica cinese, l’amministrazione Trump appare indebolita, mentre il governo cinese rafforza il proprio prestigio internazionale. La posizione pubblica di sfida – mantenuta anche nei momenti più critici – si è rivelata vincente. E ora Pechino può mostrarsi al mondo come partner commerciale responsabile, mentre gli USA appaiono imprevedibili e politicamente divisi.
L’effetto leva è finito: Trump ha perso potere negoziale
Uno degli aspetti più critici per Washington è la perdita di credibilità e leva negoziale. La riduzione unilaterale dei dazi, senza ottenere nulla in cambio, rischia di indebolire ulteriormente la posizione americana in qualsiasi negoziato futuro. Inoltre, il breve respiro di 90 giorni non basta a fornire stabilità alle catene di approvvigionamento, alle aziende o ai consumatori.
Anche dal punto di vista politico interno, Trump dovrà ora gestire le conseguenze economiche di una guerra tariffaria che ha generato più caos che risultati, soprattutto in un anno che precede le elezioni presidenziali.
Conclusione: tregua fragile, Cina rafforzata
In sintesi, l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina sembra più una tregua tattica che una soluzione strutturale. Se da un lato fornisce un temporaneo sollievo ai mercati, dall’altro mette in luce la debolezza della strategia americana e rafforza la narrazione vincente della Cina. Pechino ha ottenuto molto, senza fare concessioni sostanziali. Trump, invece, ha perso leva e dovrà affrontare presto le ricadute economiche interne.
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