“Il punto non sono i 70 mila euro che ho avuto come risarcimento da Fabri Fibra, non so manco come li ho spesi. Il punto è che non siamo ancora in un Paese civile”: parla Valerio Scanu
Valerio Scanu ha commentato la condanna a Fabri Fibra ed alla sua casa discografica, la Universal Music Italia, che, dopo 12 anni di dispute legali, gli dovranno pagare 70 mila euro di risarcimento, per diffamazione. Il verdetto è stato pronunciato in via definitiva dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione e, Scanu, ospite al […] L'articolo “Il punto non sono i 70 mila euro che ho avuto come risarcimento da Fabri Fibra, non so manco come li ho spesi. Il punto è che non siamo ancora in un Paese civile”: parla Valerio Scanu proviene da Il Fatto Quotidiano.

Valerio Scanu ha commentato la condanna a Fabri Fibra ed alla sua casa discografica, la Universal Music Italia, che, dopo 12 anni di dispute legali, gli dovranno pagare 70 mila euro di risarcimento, per diffamazione. Il verdetto è stato pronunciato in via definitiva dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione e, Scanu, ospite al programma Rai “La volta buona”, ha detto la propria sulla sentenza. “Tutte le varie parti risarcitorie si sono concluse in appello anni fa, la Cassazione è l’ultimo a cui si sono appellati per vedere se ci fossero stati errori durante il processo” ha dichiarato il cantante, intervistato da Caterina Balivo.
Nel brano “A Me Di Te”, di Fabri Fibra, presente nel disco “Guerra E Pace” del 2013, il rapper marchigiano si era scagliato (anche) contro Valerio Scanu. Fibra non l’aveva citato direttamente. Tuttavia, nel testo dell’artista oggi giudice del reality Netflix “Nuova Scena”, era presente un riferimento alla canzone “Per tutte le volte che”. Pezzo che, nel 2010, aveva fatto vincere Sanremo allo stesso Scanu. “Là si è trattato di un ragazzo di 22 anni che a un certo punto viene attaccato sui social. Non sapevo che fosse stata fatta questa canzone, perché non seguo l’artista e me ne dicevano di ogni, ma con cose indicibili. E io dicevo: ‘ma perché mi dicono queste cose?’ E così, sono andato a fondo ed ho scoperto che era stato scritto questo testo nel quale venivo citato in uno scenario osceno e da lì è partita una causa, prima penale e poi civile”, ha proseguito Scanu.
Nella parte penale la controparte – Fibra e la Universal –, a differenza di quella civile, non ha fatto appello. “Quando inizi a toccare la tasca cominciano a fare gli altri ricorsi: oggi se non fai così alla gente non gliene frega niente – ha detto Scanu -. La libertà d’espressione va benissimo in tutte le sue forme purché non vada a ledere la dignità altrui e io oggi mi rendo conto che non siamo ancora in un Paese civile, perché continuano ad arrivare insulti e io continuerò a querelarvi”, ha aggiunto il cantante. E ancora: “Il punto non sono i 70 mila euro. Io sono in una situazione privilegiata, guadagno bene, non ho bisogno di mangiare con questi soldi, non ricordo manco se li ho spesi e come. Non l’ho deciso manco io che fossero 70 mila, io ne avrei chiesti anche di più”, ha concluso Scanu spiegando, infine, di non essersi mai incontrato con Fibra.
Il rapper, ad ora, non ha ancora commentato la vicenda. Anche se, nel 2016, sul proprio profilo Facebook, aveva spiegato le (solite) incongruenze che si erano venute a creare nel decifrare il significato di un testo rap. “’A Me Di Te’ è nato come un pezzo divertente, scritto in freestyle, è roba che non andrebbe presa sul serio, i nomi nel testo sono deformati, proprio per far ridere e per creare una situazione ironica. Non è la prima volta che mi ritrovo a ‘giustificare’ le mie rime, i miei fan ormai ci sono abituati e si fanno anche due risate a riguardo, perché sanno che questo è rap”, aveva scritto Fibra. “Scrivere di certi argomenti nelle canzoni apre dei dibattiti e può far infuriare la polemica, ne sono completamente consapevole. In un passaggio del testo infatti dico ‘è solo un gioco, ma in pochi lo capiscono’. Ho sempre criticato i personaggi di un certo tipo che arrivano sotto i riflettori grazie a mille strategie e scorciatoie televisive, nei miei dischi sono libero di poterlo fare, lo faccio nel mio stile e non credo di offendere o danneggiare veramente nessuno. Pensavo di potermi esprimere come meglio credevo perché sono un artista, ma logicamente se un testo del genere viene letto in un’aula di tribunale davanti a un giudice, il risultato cambia e di molto. In Italia il rap lascia ancora interdetti (…)”, aveva aggiunto Fibra.
“In conclusione, ci tengo a sottolineare che il mio rispetto va alla comunità LGBT italiana e a tutti coloro che si battono attivamente per i propri diritti contro l’ipocrisia e i finti moralismi, oggi più che mai. ‘A Me Di Te’ non c’entra niente con le cose serie. Rap è, e rap rimane”, aveva chiosato l’artista. Nel 2015, Fibra, nella stessa causa, era stato condannato in sede penale, con rito abbreviato, ad una multa di 600 euro ma, soprattutto, al pagamento di una provvisionale di 20.000 euro in favore di Scanu. Parallelamente era partita la causa civile per il risarcimento dei danni non patrimoniali sottolineando, nelle motivazioni, “l’eccezionale gravità del discredito” arrecato a Scanu e la “rilevante risonanza” data alle offese dalla notorietà di Fabri Fibra e dal successo dell’album “Guerra E Pace”, che aveva ottenuto il disco di platino (oltre 50.000 copie vendute più il digitale), amplificando la diffusione dei contenuti diffamatori anche attraverso i social media.
La difesa di Fabri Fibra e Universal aveva presentato ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte ha ora respinto il ricorso, rendendo la condanna al pagamento dei 70.000 euro (meno la provvisionale) definitiva. Fin dall’uscita del brano “A Me Di Te”, Scanu si era rivolto ai suoi legali, commentando: “La musica è libertà, ma insultare squallidamente una persona non è musica e non è arte. Ognuno è libero di manifestare liberamente il proprio pensiero, non di offendere e diffamare una persona”. La sentenza pronunciata nei confronti di Fabri Fibra è del tutto singolare poiché si tratta del primo rapper italiano ad esser stato condannato per una sua canzone.
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