Ferrari, Leclerc schiavo di un sogno: l’uomo giusto nel posto sbagliato
Il matrimonio tra Leclerc è la Ferrari è fallimentare, di certo non per colpa del monegasco- La generazione di piloti nati a fine dello scorso millennio è divenuta ormai quella “dei veterani” in Formula Uno. Al netto del solo Verstappen, sono ancora tutti in cerca della consacrazione. Una gruppo di ragazzi che sta rischiando di […]

Il matrimonio tra Leclerc è la Ferrari è fallimentare, di certo non per colpa del monegasco- La generazione di piloti nati a fine dello scorso millennio è divenuta ormai quella “dei veterani” in Formula Uno. Al netto del solo Verstappen, sono ancora tutti in cerca della consacrazione. Una gruppo di ragazzi che sta rischiando di non entrare nella storia della massima categoria, in quanto le nuove leve fanno la voce grossa.
La generazione di mezzo a rischio
Piastri è chiaramente pronto per il titolo mondiale e Antonelli sta mostrando segnali del suo talento su cui Wolff vuole costruire i futuri successi della Mercedes. In F1, più che in altri sport, il successo è il risultato dell’abilità umana sommato all’eccellenza tecnica del mezzo a disposizione. La classe regina annovera diversi campioni che avevano tutte le carte in regola per poter scolpire il loro nome nella storia della categoria.
Da Stirling Moss a Jean Alesi, passando per Clay Regazzoni, Gilles Villeneuve e molti altri ancora. Storie di piloti che, per diverse ragioni, non hanno capitalizzato il loro talento. Una sorte che sembra toccare anche a Charles Leclerc, che al settimo anno in Ferrari sta amaramente constatando che dovrà differire le ambizioni di vittoria a tempo indeterminato. A questo punto va fatto un chiaro ragionamento.
Al netto del valore di Oscar Piastri e della McLaren McL39, la possibile conquista del titolo iridato da parte del pilota originario di Melbourne, avrebbe davvero un sapore beffardo per Charles ma pure per George Russell, che hanno sulle spalle molti più anni di esperienza dell’australiano e il medesimo palmarès nelle categorie cadette. La si sa… in questi casi il destino conta parecchio.
Sappiamo bene che la vita è fatta di poste scorrevoli e Oscar, sapientemente supportato dal suo manager, amico e connazionale Mark Webber, ex pilota della Red Bull, ha operato le scelte corrette quando si è trovato davanti un bivio. Immaginatelo ora in Alpine: staremmo parlando comunque di un grande manico ma dal percorso professionale decisamente inferiore e forse compromesso per come vanno le cose in F1.
Schiavo di un sogno
In F1 non esistono bandiere, poche storie. I piloti antepongono il loro interesse a quello della scuderia e ne abbiamo avuto riprova due giorni fa con Leclerc e Hamilton che hanno mandato in tilt il muretto della Rossa per un misero settimo posto. Certo, la Ferrari esercita ancora un discreto fascino perché vincere un titolo con il Cavallino Rampante conferisce al pilota eterna gloria.
Tuttavia, mettiamoci nei panni di un pilota che campione ancora non è e che sa di possedere tutte le carte in regola per vincere gare e mondiali. Quanto altro tempo il monegasco può dedicare alla Rossa prima di anteporre esclusivamente la propria sete di vittoria? Lo scritto non intende alimentare alcuna speculazione priva di fondamento ma fornire un punto di vista diverso.
Vincere un titolo mondiale con la tuta rossa, per chi è cresciuto con la passione per il Cavallino Rampante, sarebbe una sceneggiatura perfetta. Tuttavia, non riuscendoci, potrebbe trasformarsi in un sogno che non riesce mai a diventare realtà. E in questo caso i risvolti psicologici non sono facili da gestire, sopratutto perché non è detto, in automatico, che cambiare team significa vincere.
Leclerc, prima o poi tutto finisce
Piloti come Russell e Leclerc non possono concedersi più il lusso di aspettare la competitività del mezzo, e se necessario devono cercarsi qualcosa di meglio. Lo stesso George, al settimo anno in F1, ha dovuto penare tre anni in Williams per poi arrivare in Mercedes, quando l’era d’oro del team tedesco era appena conclusa. Sempre più spesso i team si legano ai propri piloti attraverso contratti pluriennali dalla scadenza ignota.
Per di più sono stracolmi di clausole di rescissione bilaterali a tutela degli interessi delle controparti. Nelle dichiarazioni post gara a Miami, Charles è stato perfetto nel contenere l’adrenalina e la frustrazione di chi ormai è spettatore del medesimo film, ogni anno, senza tregua, nonostante il fatto che dal 2019, prima stagione in rosso, siano cambiate tante cose nella Gestione Sportiva dello storico team italiano.
Forse la corda si sta spezzando e, come è ampiamente risaputo, l’amore è bello finché dura. Chi ama Leclerc continuerà a farlo anche con una tuta di diverso colore. Perché chi vuole davvero bene al monegasco non può essere felice di vederlo penare, ogni santa domenica, lottando per un obiettivo che non è mai il suo.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: McLaren – F1Tv