Extraterrestre addio: "Intelligenza artificiale vienimi a pigliare"
Eugenio Finardi torna in scena (e in tour) per celebrare mezzo secolo di carriera "“Tutto“ è il mio disco definitivo, sintesi della mia arte: 11 anni per realizzarlo".

La luce nell’abbaino del “tipo” che aspettava il “contatto” sognando di potersene volarsene su una stella tutta sua è ancora accesa, ma non arriveranno gli alieni a salvarlo. Neppure nell’era di Musk. Eugenio Finardi, 72 anni, lo lasciava già intendere nella seconda parte di quella che rimane una delle sue canzoni (1978) più popolari e amate e lo ribadisce ora tra i solchi di Tutto, album definitivo del suo mezzo secolo di carriera da oggi sulle piattaforme. "Ormai s’è capito che non esistono gli extraterrestri che ci vengono a salvare, ormai la mia unica speranza è nell’intelligenza artificiale" canta infatti in Futuro, il primo degli undici frammenti d’arte e di vita che compongono il mosaico di questo ventesimo album votato a chiudere il cerchio aperto nel ’75 da Non gettate alcun oggetto dai finestrini. "D’altronde ci ho messo undici anni a realizzare un nuovo album d’inediti e, di questo passo, il prossimo dovrei pubblicarlo a 83 anni" ammette, nell’attesa di varare il 16 maggio al Teatro Astoria di Fiorano Modenese il nuovo tour Tutto ’75-‘25 e di presentare il nuovo album ai fan il giorno successivo al Disco Shop di Lecco. "Lo vedo improbabile, anche se non mi dispiacerebbe dire: scusate, quando ho detto che era l’ultimo mi sono sbagliato".
Questo disco lo deve un po’ ai Beatles.
"Sì, perché dopo aver visto il documentario di Peter Jackson Get Back ho deciso col mio storico collaboratore Giovanni Giuvazza di fare come i Fab Four e non scrivere canzoni quando capita, ma trovarci tutti i giorni dalle 10 del mattino alle 7 di sera per produrre musica. Col rigore di Paul McCartney che, quando gli si parano davanti John Lennon e Yoko Ono con gli occhi fuori dalle orbite da una notte in bianco, gli indica l’orologio dicendo: avevamo detto alle 11…".
E il titolo omnicomprensivo?
"Alla mia età si inizia a ragionare su tutto ciò che conta e che ci accade, si è già al terzo giro di giostra e si capisce di essere un piccolissimo granello di una danza immensa di cui c’è la spinta a comprendere il senso. Mi sono impegnato per tutto e a cosa è servito? Ora non vedo altra causa che la salvezza del pianeta".
Oltre che di extraterrestri si parla di mondine e qui il ricordo va a Saluteremo il signor padrone ripresa da un canto popolare nel primo album. Quante schegge di passato ha messo nel disco?
"Oggi si fanno dischi usando suoni campionati, ma io lo faccio con me stesso perché ho 19 dischi da cui attingere spunti e idee. L’inizio di Francesca sogna, ad esempio, ricorda quello di Amore diverso, dedicata alla nascita della mia prima figlia Elettra, mentre qui a cantare è la mia ultimogenita Francesca “Pixel“, la batteria di Tanto tempo fa, invece, è la stessa di Trappole, un brano dell’81. La battaglia è una risposta a Mio cucciolo d’uomo. Insomma, i riferimenti sono tanti".
Dice che i giovani costruiscono il futuro, gli adulti lo subiscono, i vecchi lo sognano.
"La frase è riferita alla questione dell’intelligenza artificiale. Finché rimarrà sotto il controllo degli esseri umani per produrre denaro sarà un problema, per questo spero diventi autonoma e tramite le nanotecnologie entri in noi. Intanto io la uso nel video di Futuro perfino per fare un balletto con l’agilità che vorrei avere e non ho più".
Bernoulli si rifà alla legge della fluidodinamica del matematico svizzero.
"Sì perché spiega il senso del volo, degli aerei come dei volatili. Un flusso d’aria, ma pure di coscienza. Pure Gli uccelli, il mio brano di Battiato preferito, aveva quel tipo di visione".