Emergency, 20mila km in più in un anno e meno salvataggi: il peso del decreto Piantedosi sui soccorsi in mare

Ogni giorno nel Mediterraneo sei persone muoiono o scompaiono nel nulla. Lo dicono le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. 2476 nel solo 2024. 31mila dal 2014. Il motivo? Per le persone in viaggio verso l’Europa, attraversare il Mediterraneo è sempre più pericoloso a causa della mancanza di canali legali e del rafforzamento delle pratiche […] L'articolo Emergency, 20mila km in più in un anno e meno salvataggi: il peso del decreto Piantedosi sui soccorsi in mare proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 10, 2025 - 09:19
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Emergency, 20mila km in più in un anno e meno salvataggi: il peso del decreto Piantedosi sui soccorsi in mare

Ogni giorno nel Mediterraneo sei persone muoiono o scompaiono nel nulla. Lo dicono le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. 2476 nel solo 2024. 31mila dal 2014. Il motivo? Per le persone in viaggio verso l’Europa, attraversare il Mediterraneo è sempre più pericoloso a causa della mancanza di canali legali e del rafforzamento delle pratiche di respingimento e intercettazione affidate a paesi come la Libia o la Tunisia. Prassi che non fermano la migrazione, ma la rendono sempre più rischiosa per le persone in viaggio. Lo sanno bene le operatrici e gli operatori della Life Support di Emergency, la nave umanitaria della ong attiva nel Mediterraneo centrale. Nel 2024 ha soccorso 1.232 naufraghi. Di questi, 1003 sono uomini, 88 donne, 109 minori non accompagnati e 32 minori accompagnati. Arrivano da Siria, Bangladesh, Pakistan, Egitto, Nigeria, Eritrea, Ghana, Mali, Sudan, Marocco e Palestina. Paesi dilaniati da instabilità politica, crisi economiche, cambiamenti climatici e guerre troppo spesso dimenticate.

IL REPORT INTEGRALE DI EMERGENCY

Nel 2024 la Life Support ha percorso 39mila chilometri in 139 giorni per realizzare 24 salvataggi. Ma gli interventi in mare sarebbero potuti essere molti di più, senza gli ostacoli del decreto Piantedosi. E in particolare senza la prassi dell’assegnazione di porti lontani dalle zone di salvataggio. La nave di Emergency si è vista costretta ad attraccare tre volte a Ravenna, due ad Ancona, Livorno e Napoli e poi a Ortona, Civitavecchia, Vibo Valentia. Soltanto una volta è potuta sbarcare a Catania. “Assegnando porti lontani centinaia di miglia dal luogo del soccorso, le autorità italiane costringono le navi Sar delle Ong a molti giorni di viaggio in più” racconta Carlo Maisano, capo progetto della Life Support di Emergency. L’ong ha stimato in media 630 miglia nautiche in più a missione, equivalenti a tre giorni di navigazione aggiuntiva. In totale, ben cinquantanove giorni si sarebbero potuti dedicare a salvare altre vite anziché a spostarsi. Quella dei porti lontani è “una pratica disumana che posticipa, senza motivo, l’assistenza di cui hanno bisogno le persone soccorse, mettendo a rischio la loro salute psico-fisica e ritardando il loro accesso ai servizi essenziali, come il supporto psicologico e la richiesta di protezione internazionale – aggiunge Maisano – questo modus operandi, inoltre, tiene lontane le navi di soccorso dal Mediterraneo centrale, dove più servirebbero. Il decreto Piantedosi, quindi, insieme all’assegnazione di porti lontani e alle detenzioni amministrative delle navi, ha sottratto tempo e risorse preziose al soccorso e alla tutela della vita di chi è in mare”. Il decreto Piantedosi ha limitato anche la possibilità di effettuare salvataggi multipli in mare. “La Life Support, certificata per accogliere fino a 175 persone, ha soccorso in media 95 persone a missione – scrive la ong nel report – se fosse stato possibile raggiungere la capienza massima, avrebbe potuto soccorrere almeno 1.043 persone in più”.

Ma c’è un altro dato che ha caratterizzato il 2024. Tutte le imbarcazioni soccorse della Life Support sono partite esclusivamente dalle coste libiche. Nessuna da quelle tunisine. Un dato che secondo la ong potrebbe spiegarsi “con le prassi vessatorie adottate dalla Tunisia, le intercettazioni realizzate dalla Guardia nazionale tunisina e con il Memorandum d’intesa Ue-Tunisia per la gestione delle frontiere e la prevenzione delle partenze”. Un fenomeno che si ricolloca in un quadro più ampio. “L’Ue, l’Italia e gli altri Stati membri rispondono al fenomeno con politiche di esternalizzazione delle frontiere, appaltando la gestione dei flussi migratori a Paesi Terzi che vìolano sistematicamente i diritti umani delle persone in movimento – spiega Davide Giacomino, Advocacy officer di Emergency – Politiche che mettono di fatto in discussione il diritto a migrare e alla protezione internazionale, insistendo con un approccio emergenziale e di sicurezza dei confini, a discapito dei diritti umani e dell’obbligo di assistenza in mare previsto dal diritto internazionale”.

Per questo Emergency lancia un appello all’Italia, all’Unione Europea e alle organizzazioni internazionali facendo cinque raccomandazioni. “Porre al centro la tutela della vita in mare attivando una missione Sar europea. Riconoscere il ruolo umanitario delle ong abbandonando qualsiasi pratica di criminalizzazione, abrogando il decreto Piantedosi e assicurando l’assegnazione di porti di sbarco più vicini. Interrompere ogni azione a supporto dei respingimenti verso Libia e Tunisia, revocare il Protocollo Italia-Albania. Investire in programmi di cooperazione di lungo periodo”.

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