Condannato al (secondo) ergastolo Domenico Massari, l’uomo che sparò all’ex moglie nel 2019. Uccise il compagno di cella

Domenico Massari, il 59enne savonese ex carabiniere accusato dell’omicidio della sua ex moglie, Deborah Ballesio, e della morte di Antonio Magrini, suo compagno di cella al carcere di Opera, è stato condannato all’ergastolo oggi, 12 maggio, dalla Corte d’Assise di Milano. Si tratta, per Massari, del secondo ergastolo (dopo quello che già stava scontando per […] L'articolo Condannato al (secondo) ergastolo Domenico Massari, l’uomo che sparò all’ex moglie nel 2019. Uccise il compagno di cella proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 12, 2025 - 22:55
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Condannato al (secondo) ergastolo Domenico Massari, l’uomo che sparò all’ex moglie nel 2019. Uccise il compagno di cella

Domenico Massari, il 59enne savonese ex carabiniere accusato dell’omicidio della sua ex moglie, Deborah Ballesio, e della morte di Antonio Magrini, suo compagno di cella al carcere di Opera, è stato condannato all’ergastolo oggi, 12 maggio, dalla Corte d’Assise di Milano. Si tratta, per Massari, del secondo ergastolo (dopo quello che già stava scontando per l’uccisione della ex il 13 luglio 2019), stabilito dalla Corte dopo averne riconosciuta l’imputazione di omicidio aggravato da sevizie e crudeltà nonché da futili motivi. L’imputazione è stata formulata dalla pm Rosaria Stagnaro che aveva chiesto contro l’uomo proprio la pena dell’ergastolo.

L’omicidio Magrini – Il 19 aprile 2024 Antonio Magrini, 68 anni originario di Bari e compagno di cella di Massari al carcere milanese di Opera, venne strangolato dal femminicida con i lacci delle scarpe e con una cintura dell’accappatoio. Allo strangolamento si erano aggiunti calci alla gola e colpi di bastone. Magrini, detto “Toni Cavallero”, era in carcere per questioni di droga: apparteneva al “clan Magrini” che intratteneva rapporti con trafficanti di cocaina serbi dai quali acquistava stupefacenti che spediva al clan Parisi, in Puglia. Noti erano diventati gli episodi di faida col clan rivale dei Panaiia con l’obiettivo di controllare le piazze di spaccio a Baggio e San Siro. Magrini e Massari condividevano la cella nella sezione “stato di trattamento avanzato” del carcere milanese: una convivenza forzata, culminata con la morte del primo per motivi, dichiarò Calogero Lo Presti, coordinatore lombardo per la Fp Cgil polizia penitenziaria, inerenti una “discussione per motivi banali riguardante la condivisione degli spazi detentivi”. Inutili i soccorsi: sul posto arrivarono la polizia scientifica e il medico legale. La dinamica del delitto, così com’era stata ricostruita, veniva confermata dallo stesso Massari in sede di interrogatorio davanti al giudice Luca Milani che ne aveva firmato l’ordinanza cautelare. Massari spiegò, in quell’occasione, di aver “nutrito astio” nei confronti di Magrini, “per ragioni legate all’utilizzo della televisione e della pulizia della cella”. Dopo l’omicidio, per Massari era stato chiesto il processo con rito immediato, richiesta avanzata dalla pm Rosaria Stagnaro. Come ha ricordato la stessa pm nella requisitoria, Massari, interrogato, si era preoccupato della sua situazione in carcere, in termini di protezione, dato che aveva ucciso un altro detenuto, e aveva detto al magistrato: “Poi, non ne voglio ammazzare un altro”.

Il gip nell’ordinanza cautelare aveva indicato come Massari fosse un “soggetto totalmente pericoloso” sottolineando, a proposito dell’omicidio Magrini, “l’efferatezza” del delitto, “sproporzionata rispetto alle ragioni a sostegno del gesto”. I giudici della Corte d’Assise di Milano col verdetto hanno anche disposto, a carico dell’imputato, una provvisionale di risarcimento da 100mila euro a favore di ciascuno dei familiari della vittima, che si sono costituiti parti civili. Il 13 luglio 2019, Massari aveva ucciso l’ex moglie Deborah Ballesio con sei colpi di pistola mentre lei cantava al karaoke al ristorante del bagno ‘aQuario’ di Savona. Nella sparatoria rimasero ferite anche tre persone, tra le quali una bambina, fortunatamente in modo non grave. Dopo l’omicidio, l’uomo era fuggito per poi consegnarsi la notte del giorno successivo nel carcere di Sanremo, commentando così il femminicidio commesso: “Non sono pentito di quello che ho fatto”.

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