Balzo delle Academy, imprese leader nella formazione
Rapporto Assoknowledge. Dalle 25 Academy del 2010 si è passati alle 232 nel 2024. Oltre ai corsi obbligatori si fanno largo temi strategici come la gestione del cambiamento e la cultura aziendale Si chiamano Corporate Academy, e sono oggi strumenti indispensabili per trattenere i talenti, aggiornare le competenze e affrontare le trasformazioni tecnologiche, attraverso una […] L'articolo Balzo delle Academy, imprese leader nella formazione proviene da Iusletter.

Rapporto Assoknowledge. Dalle 25 Academy del 2010 si è passati alle 232 nel 2024. Oltre ai corsi obbligatori si fanno largo temi strategici come la gestione del cambiamento e la cultura aziendale
Si chiamano Corporate Academy, e sono oggi strumenti indispensabili per trattenere i talenti, aggiornare le competenze e affrontare le trasformazioni tecnologiche, attraverso una formazione su misura per allineare la crescita delle skills agli obiettivi strategici dell’impresa.
In Italia il fenomeno è in piena espansione: dalle 25 Academy censite nel 2010 si è passati alle 232 nel 2024 (di cui 79 solo in Emilia Romagna). Il 94,4% di queste strutture è oggi in fase avanzata o matura, e il 78% si concentra sulla formazione manageriale ed esecutiva. Oltre ai corsi obbligatori, si fanno largo temi strategici come il forecasting, la gestione del cambiamento e la costruzione di una cultura aziendale.
Metà delle Corporate Academy dispone di un’infrastruttura fisica dedicata e l’80% ha visto crescere i finanziamenti nel 2024 rispetto all’anno precedente. Tuttavia, rimangono delle criticità: solo una minoranza possiede laboratori di ricerca propri e solo nel 20% dei casi le Academy partecipano attivamente al reclutamento del personale. Le attività formative restano rivolte soprattutto al personale interno – in primis operai, middle manager e neoassunti – ma cresce l’apertura verso l’esterno, con iniziative rivolte a studenti, fornitori e stakeholder.
La fotografia scattata dal Rapporto Assoknowledge 2025, presentato ieri al Mimit, dalla presidentessa Laura Deitinger, affiancata dal presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Carlo Berardelli, mostra come le Academy siano viste dalle imprese come strumenti chiave, con finalità identitarie e attrattive verso nuovi talenti, oltre alla conservazione delle competenze distintive. La pensano così colossi del calibro di Enel, Manpower, Lamborghini, Gridspertise, Six Seconds, tutte realtà in prima fila su formazione e innovazione. E anche il ministro delle Imprese e del Made in italy, Adolfo Urso, in un messaggio, ha apprezzato il contributo centrale delle aziende sulla formazione di qualità.
Del resto, nel cuore delle transizioni digitale e green, le sfide che l’Italia ha di fronte sono epocali, come hanno ricordato, con sfumature diverse, Alessandro Rinaldi (centro studi Tagliacarne), Ludovica Busnach (Anitec-Assinform), Guido Stratta (Accademia della Gentilezza) e Giuseppe Cappiello (università di Bologna).
Intanto, c’è un allarme mismatch, che da un recente focus di Confindustria è emerso che interessa quasi due aziende su tre. La difficoltà a trovare le competenze necessarie colpisce l’81% delle Pmi (siamo oltre la media Ue, 74 per cento). A pagare il prezzo più alto sono proprio i settori strategici per la crescita sostenibile: oltre il 50% delle imprese segnala difficoltà nel reperire competenze chiave legate alla sostenibilità ambientale e alla digitalizzazione. L’impatto economico è gigantesco: nel solo 2023 il mismatch ha causato una perdita di valore aggiunto pari a 43,9 miliardi di euro, una cifra corrispondente al 2,5% del nostro Pil. E si pensi che nei prossimi cinque anni si stima un fabbisogno di competenze green e digitali destinato a toccare 4,6 milioni di lavoratori.
A questo scenario si aggiunga l’esplosione della domanda di competenze digitali. Tra il 2023 e il 2024, in Italia si sono registrati circa 184mila annunci per figure Ict, non solo in aziende tech, ma anche in settori “tradizionali” come costruzioni, energia e manifattura. Sviluppatori web, ingegneri software, specialisti IT, Data Scientist e profili in ambito cybersecurity sono oggi tra i più ricercati. In forte ascesa anche le competenze legate all’intelligenza artificiale: le richieste di profili con skill Ia sono aumentate del 73%. Anche qui l’offerta formativa è insufficiente: solo l’1,5% dei laureati italiani proviene da corsi Ict, contro una media Ue del 4,5%. Gli Its Academy, pur in crescita, non coprono ancora la domanda.
La strada, quindi, è obbligata: «Serve una strategia nazionale integrata, politiche pubbliche adeguate e l’apertura alla formazione di filiera, soprattutto per supportare le Pmi», ha sintetizzato Deitinger.
«Le Academy aziendali in Italia stanno crescendo per numero e apertura: da strumenti interni alle imprese si stanno trasformando in comunità educanti – ha aggiunto Riccardo Di Stefano, delegato per l’Education e l’Open Innovation di Confindustria -. Sono la prova concreta che le imprese agiscono per colmare il mismatch, un’emergenza che oggi penalizza il nostro sistema produttivo. In questo contesto dobbiamo attivare due acceleratori fondamentali: una collaborazione strutturata tra Academy aziendali e Its, per valorizzare il potenziale delle Pmi, e l’apertura delle Academy ai docenti, così che possano conoscere da vicino il mondo produttivo e trasmetterlo ai giovani. Solo così possiamo costruire un ecosistema formativo più efficace, all’altezza delle sfide tecnologiche e sociali di oggi».
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