Autotutela tributaria: il Fisco può negarla anche dopo un’assoluzione
lentepubblica.it L’Amministrazione finanziaria non è legittimata ad esercitare il potere di autotutela tributaria per annullare un atto impositivo illegittimo anche in caso di una sentenza di assoluzione a favore. In parole povere qualora una sentenza passata in giudicato abbia confermato la legittimità di tale provvedimento esso vale a priori.E ciò vale anche nel caso in cui […] The post Autotutela tributaria: il Fisco può negarla anche dopo un’assoluzione appeared first on lentepubblica.it.

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L’Amministrazione finanziaria non è legittimata ad esercitare il potere di autotutela tributaria per annullare un atto impositivo illegittimo anche in caso di una sentenza di assoluzione a favore.
In parole povere qualora una sentenza passata in giudicato abbia confermato la legittimità di tale provvedimento esso vale a priori.E ciò vale anche nel caso in cui il contribuente invochi gli effetti di un’assoluzione penale per insussistenza del fatto. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 7979/2025.
La controversia
Il caso trae origine da una serie di accertamenti fiscali relativi a operazioni con fatture ritenute false. Il contribuente, destinatario di questi provvedimenti, ha presentato ricorso, ma i giudizi tributari si sono conclusi con decisioni a lui sfavorevoli, divenute definitive a causa della mancata impugnazione nei successivi gradi di giudizio.
Parallelamente, in sede penale, il procedimento avviato per le medesime contestazioni si è concluso con una sentenza di assoluzione, poiché il fatto non sussisteva. Forte di tale esito, il contribuente ha richiesto all’Agenzia delle Entrate l’annullamento d’ufficio degli atti impositivi, ma l’istanza è stata respinta.
Di conseguenza, egli ha impugnato il diniego: in primo grado la CTR ha respinto il ricorso, che però è stato accolto dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), che ha ritenuto illegittimo il rifiuto dell’Amministrazione alla luce della sopravvenuta sentenza penale di assoluzione. Tuttavia, l’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’autotutela non può essere imposta per un atto ormai definitivo, salvo che vi sia un interesse pubblico generale alla sua rimozione. L’AdE ha fondato il suo ricorso sulla natura dell’annullamento d’ufficio, che rappresenta un provvedimento discrezionale, cui la P.A. ricorre quando deve tutelare un interesse pubblico. Nel caso di specie, dunque, il ricorrente avrebbe dovuto provare l’esistenza di un interesse generale all’annullamento del provvedimento illegittimo.
L’autotutela tributaria è un potere discrezionale
La Suprema Corte ha accolto le argomentazioni dell’Amministrazione, cassando la decisione della CTR e respingendo il ricorso del contribuente. Richiamandosi alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 30051 del 21 novembre 2024, gli Ermellini hanno ribadito che il potere di autotutela fiscale è espressione della stessa potestà impositiva dello Stato, finalizzata a garantire la corretta esazione dei tributi.
Pertanto, il criterio guida è la tutela dell’equilibrio tra la legittima pretesa tributaria e la necessità di correggere eventuali errori, ma sempre in un’ottica di salvaguardia dell’interesse collettivo.
In particolare, se un provvedimento fiscale ha determinato la riscossione di somme non dovute, il principio di equità tributaria potrebbe giustificare l’intervento in autotutela. Tuttavia, quando vi è una sentenza favorevole al Fisco, il bilanciamento degli interessi può portare a escludere la possibilità di annullamento d’ufficio, anche in presenza di una successiva assoluzione penale del contribuente.
La sentenza definitiva come limite all’autotutela
Uno degli elementi chiave su cui si è soffermata la Cassazione è il valore del giudicato tributario. Una volta che l’accertamento fiscale è stato confermato con sentenza definitiva, l’autotutela non può essere invocata per rimettere in discussione l’esito del contenzioso. Questo principio trova conferma nel co. 2 dell’art. 10-quater della l. n. 212/2000, introdotto dal D.Lgs. n. 219/2023, che sancisce espressamente l’assenza di un obbligo di annullamento in autotutela quando esiste una sentenza passata in giudicato a favore dell’Amministrazione.
La Corte ha infine evidenziato che l’autotutela non è uno strumento giurisdizionale, bensì amministrativo. La sua applicazione richiede non solo la presenza di un vizio del provvedimento, ma anche la dimostrazione che la sua eliminazione risponda a un interesse pubblico generale. Se, come nel caso in esame, una decisione giurisdizionale ha già convalidato la pretesa tributaria, non vi è spazio per un ripensamento amministrativo.
L’esigenza di stabilità e certezza giuridica impone dunque un limite invalicabile: una volta consolidata una sentenza favorevole al Fisco, non si può tornare indietro, neppure per effetto di un successivo verdetto penale assolutorio.
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